- L’indagine si fonda sulla attività dei servizi segreti e nella richiesta di arresto per il dem Cozzolino non ci sono prove concrete di scambi di denaro. Il giudice rischia la ricusazione su richiesta di un altro degli indagati.
- Al giudice istruttore belga Michael Claise sono state sufficienti le dichiarazioni di Francesco Giorgi, indagato, che ha detto di non conoscere «gli importi esatti ma sono inferiori a quelli del Quatar, stiamo parlando di qualche decina di migliaia di euro».
- Nessun elemento ulteriore, nessuna cifra e nessun riscontro. Nemmeno dagli atti degli 007, di cui gran parte non sono ancora noti perchè non allegati all’atto della richiesta di arresto europea.
Nessuna prova concreta, molti condizionali e tanti sospetti poco circostanziati. Al netto delle responsabilità che potranno risultare al momento del processo a carico dell’europarlamentare Pd, Andrea Cozzolino, il mandato di arresto europeo a suo carico mostra un impianto d’indagine ancora fumoso. L’accusa è quella di aver «organizzato interventi politici» a fronte di una «retribuzione, a beneficio dello stato del Qatar e del Marocco». Per arrivare a questa conclusione, al giudice istruttore belga Michael Claise sono state sufficienti le dichiarazioni di Francesco Giorgi, già in carcere per ipotesi di reato connesse, e le informazioni raccolte dal Vsse, ovvero il servizio segreto belga.
Giorgi, infatti, ha raccontato che «i deputati corrotti sono Tarabella e indirettamente Cozzolino», il quale «aveva contatti con Atmoun», l’ambasciatore marocchino in Polonia e presunto corruttore per conto del suo paese, «grazie a Panzeri». In cambio Cozzolino, diventato presidente della delegazione per le relazioni con il Maghreb, avrebbe ricevuto «cravatte e abiti». Giorgi ha aggiunto di non conoscere «gli importi esatti ma sono inferiori a quelli del Qatar, stiamo parlando di qualche decina di migliaia di euro». Nessun elemento ulteriore, nessuna cifra e nessun riscontro.
Il ruolo degli 007
Gli altri elementi utilizzati per sostenere l’arresto, invece, sono stati raccolti «in particolare tramite il Vsse», ovvero il servizio segreto belga. «Durante un soggiorno a Bruxelles, il signor Atmoun si sarebbe recato nell’appartamento di Cozzolino» e «avrebbe chiesto di parlare con urgenza al ministro degli Affari esteri marocchino». Inoltre, «Panzeri, Giorgi e Cozzolino avrebbero ricevuto direttamente fondi da parte di Atmoun».
Il Vsse dà anche conto di un viaggio di Cozzolino in Polonia, dove ha incontrato Atmoun e «non solo avrebbe ricevuto una menzione onorifica ma anche una cravatta e avrebbe discusso (o avrebbe voluto discutere) della linea da seguire all’interno della commissione parlamentare mista Ue-Marocco». Tuttavia la procura belga non porta nessun riscontro di effettivi passaggi di denaro.
Dall’atto però è evidente che determinante nel convincere il giudice istruttore, che nell’ordinamento belga può disporre autonomamente una misura cautelare (in Italia, invece, è il gip a valutare la richiesta del pm), è stato il lavoro di intelligence dei servizi segreti. I servizi segreti e non la polizia giudiziaria, infatti, hanno svolto le indagini e poi hanno segnalato le informazioni alla procura, che le sta utilizzando. Secondo i media belgi, gli 007 avrebbero svolto l’indagine e poi l’avrebbero parzialmente declassificata per metterla a disposizione di Claise.
Proprio questo fa sorgere più di un interrogativo e rende opaca l’indagine belga. In Italia, infatti, nulla di quanto svolto dai servizi segreti sarebbe mai utilizzabile in un processo o ricompreso in un fascicolo penale. L’attività di intelligence, del resto, non ha le stesse finalità di accertamento della verità delle indagini giudiziarie e non offre le stesse garanzie di terzietà e di trasparenza. E così anche nel caso del mandato di arresto di Cozzolino, dove nello stesso atto risulta la presenza di documenti ancora segreti e non disponibili alla difesa: accanto a ogni punto, infatti, ci sono dei riferimenti numerici a degli «allegati» che però non sono consultabili.
«Abbiamo chiesto di prenderne visione e ci è stato negato a causa di una recente riforma europea che lega le mani ai giudici italiani e mette a rischio il diritto di difesa e il giusto processo», ha detto il legale di Cozzolino, Federico Conte, che per questo sollevare anche una questione pregiudiziale davanti alla Corte europea di giustizia e una questione di legittimità costituzionale da sottoporre al vaglio della corte d’appello di Napoli.
La riforma del 2021, infatti, ha eliminato il meccanismo di garanzia secondo il quale il giudice nazionale poteva valutare la gravità degli indizi per cui il collega straniero chiedeva l’arresto, in favore di una procedura più rapida. Con il risultato che i giudici di Napoli non hanno potuto fare nulla, nemmeno davanti a un mandato privo di indicazioni specifiche. «Noi riteniamo che l’arresto abbia finalità esplorative: non esistono esigenze cautelari per pericolo di fuga, reiterazione del reato o inquinamento probatorio, ma solo la volontà di portarlo in carcere per interrogarlo», ha detto Conte.
Intanto, proprio sul giudice Claise pende una richiesta di ricusazione presentata da un altro degli arrestati, l’eurodeputato Marc Tarabella. Secondo i suoi legali, nel mandato d’arresto si legge che le prese di posizione di Tarabella «erano inizialmente contro il Qatar, e poi sono state ribaltate quando è stato rilevato il movimento sospetto di fondi». Un assunto che, secondo la difesa dell’eurodeputato, «lascia chiaramente intendere l’opinione del giudice sulla colpevolezza».
Come nel caso di Cozzolino, anche il legale di Tabarella lamenta che «il fascicolo non rivela alcun movimento di fondi sospetti» e «nessuna analisi finanziaria sia stata effettuata». Ora spetterà alla corte d’appello valutare se il Claise debba abbandonare l’indagine.
In carcere rimangono tutti gli indagati, compresa l’ex vicepresidente del parlamento europeo, Eva Kaili, dal 9 dicembre scorso nella prigione di Haren.
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