L’obiettivo sarebbe stato quello di «ostacolare o sviare l’attività di indagine e poi il processo». Attraverso la negazione dell’evidenza, attraverso affermazioni false, attraverso una vera e propria cortina di silenzi che per oltre un decennio ha fatto ombra sulla verità.

Andranno a processo per depistaggio i tre carabinieri accusati di aver alterato la ricostruzione dei fatti nel processo Cucchi-ter.

Maurizio Bertolino, Prospero Fortunato e Giuseppe Perri sono stati rinviati a giudizio questa mattina dal giudice per l’udienza preliminare del tribunale di Roma. Si apre così un altro capitolo della vicenda giudiziaria riguardante Stefano Cucchi, il geometra romano pestato a sangue nel 2009 dopo un fermo per droga e per il quale la Cassazione nell’aprile del 2022 ha condannato definitivamente per omicidio preterintenzionale due militari.

Nel procedimento che vede dunque imputati Bertolino, allora maresciallo ordinario in servizio presso la stazione di Tor Sapienza; Fortunato, all’epoca dei fatti capitano e comandante della sezione infortunistica e polizia giudiziaria presso il nucleo Radio Mobile di Roma; e Perri, all’epoca maresciallo; il ministero della Difesa è responsabile civile.

Tra le dodici parti civili, invece, l’associazione Cittadinanzattiva, Riccardo Casamassima – il testimone che contribuì a portare a galla la verità sul pestaggio – insieme alla moglie Maria Rosati, e i tre agenti della Polizia penitenziaria, assolti nel primo processo per non aver commesso il fatto.

Questo filone sui depistaggi relativo al caso Cucchi ha inoltre già portato alla condanna in primo grado di otto carabinieri, tra cui il generale Alessandro Casarsa (5 anni), allora comandante del Gruppo Roma ma in seguito promosso fino a guidare il reggimento Corazzieri al Quirinale. Il verdetto, sempre di aprile 2022, nonché frutto di una complessa indagine della Procura di Roma, è riuscito a rompere il muro di omertà dell’Arma sulla vicenda. Una vicenda fatta di militari che pestarono il giovane a morte e anche di ufficiali d’alto grado che lavorarono per insabbiare la verità.

Tra «affermazioni del falso - si legge per l’appunto nel decreto di fissazione dell’udienza preliminare - e negazioni del vero».

Il rinvio a giudizio

Dall’aula 8 della palazzina A di piazzale Clodio arriva così la decisione del Gup Francesca Ciranna. I tre carabinieri, come detto, andranno a processo. Per il pm Giovanni Musarò avrebbero «ostacolato» e ”sviato» l’attività integrativa di indagine con dichiarazioni false, anche durante il processo. L’accusa è, come già evidenziato, di depistaggio per tutti e tre i carabinieri.

Per il solo Fortunato si aggiunge un ulteriore capo di imputazione, la falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici. «Nella qualità di Capitano dell’Arma dei carabinieri e Comandante della stazione infortunistica e Polizia Giudiziaria presso il nucleo radiomobile di Roma - scrive sempre il pubblico ministero - attestava il falso nel memoriale di servizio».

La sorella Ilaria

Dopo la decisione del Gup, un messaggio arriva anche dalla sorella di Stefano, Ilaria Cucchi, oggi senatrice, che a questo giornale dice: «Apprendo con piacere che il lavoro del pm Musarò e della Procura di Roma, anche nell’interesse del Ministero, ha portato ad un altro importante passo avanti nell’accertamento della verità».

Stefano Maccioni, legale di Cittadinanzattiva, accanto alla famiglia Cucchi sin dall’inizio della vicenda giudiziaria e presente all’udienza di oggi, dichiara a Domani: «Continua la battaglia relativa alla vicenda Cucchi. Quanto avvenuto a Stefano è già stato accertato nel Cucchi-bis, ma ora si tratta di continuare a battersi per far emergere l’altra parte di verità, quella sui presunti depistaggi che sarebbero stati posti in essere da alcuni appartenenti all’Arma. Questo è dunque un giorno importante».

Infine l’avvocato Daniele Fabrizi, per le parti civili Casamassica e Rosati, riporta le parole del pm nel corso dell’udienza preliminare: «Le parti civili Casamassica e Rosati sono stati testi fondamentali nel Cucchi bis e ter, nonché i primi a rompere il muro del silenzio e a far compiere un passo decisivo verso la verità. Contro i miei assistiti, sempre in base alle parole del pubblico ministero, sono state poste in essere pertanto condotte volte a minarne l’attendibilità. Un fatto grave».

Prima udienza fissata al 25 settembre davanti al giudice monocratico Carmela Foresta.

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