Il sottosegretario alla giustizia era indagato per rivelazione di segreto d’ufficio per aver dato al collega Donzelli un documento segreto del Dap sull’anarchico che era in sciopero della fame. La procura aveva chiesto l’archiviazione ma il gip non l’ha accolta
Il filone giudiziario che ruota intorno al caso dell’anarchico Alfredo Cospito si arricchisce di un nuovo intricato capitolo. Al centro c’è Andrea Delmastro, sottosegretario alla Giustizia con delega al Dap: la procura di Roma ha chiesto l’archiviazione delle accuse nei suoi confronti, il gip non ha accolto la richiesta e ha fissato a luglio l’udienza, in cui cui ascolterà le parti prima di decidere sul rinvio a giudizio.
L’ipotesi di reato a carico di Delmastro è di rivelazione di segreto d’ufficio è gli è stata contestata lo scorso febbraio, quando ha ammesso di aver consegnato al collega di partito Giovanni Donzelli alcuni documenti riservati del Dap contenenti informazioni delicate su Cospito, che condivideva l’ora d’aria e parlava con alcuni mafiosi. Donzelli, poi, ne aveva utilizzato il contenuto per attaccare i deputati del Pd, che erano andati in carcere a trovare il detenuto in sciopero della fame.
«La richiesta di archiviazione riconosce l'esistenza oggettiva della violazione del segreto amministrativo ed era fondata sull'assenza dell'elemento soggettivo del reato, determinata da errore su legge extrapenale», si legge nella nota della procura. Subito dopo la quale, tuttavia, è arrivata la notizia che il gip della Capitale chiamato a decidere tecnicamente non ha accolto la richiesta di archiviazione e ha fissato a luglio l’udienza per decidere. In quella sede il gip entrerà nel merito e ascolterà le parti. La nota della procura, che pure ha chiesto l’archiviazione, mostra in controluce una sostanziale contestazione anche alla posizione del ministro della Giustizia, Carlo Nordio.
Al momento dello scontro a fine gennaio, il guardasigilli era intervenuto per difendere il suo sottosegretario di fronte al parlamento e la linea del ministero era stata quella di sostenere che l’atto del Dap divulgato non fosse coperto da segreto amministrativo. «La natura del documento non disvela contenuti sottoposti al segreto investigativo o rientranti nella disciplina degli atti classificati», si leggeva nel comunicato ufficiale e secondo Nordio «spetta al ministero definire la qualifica degli atti». La procura, però, si è incaricata di sconfessare questa interpretazione, già all’epoca considerata un’impropria ingerenza da parte dell’Anm, con il presidente Giuseppe Santalucia che aveva ribattuto: «il ministro sbaglia, ciò che è segreto lo stabilisce la legge, non le scelte discrezionali dei singoli».
Il segreto
Tuttavia, la considerazione della segretezza dell’atto non è bastato alla procura per procedere con la richiesta di rinvio a giudizio. L’elemento oggettivo del reato – ovvero la divulgazione di documenti coperti da segreto amministrativo – è accertato, ma secondo i pm è mancato l’elemento soggettivo e quindi la consapevolezza di Delmastro di violare una legge extrapenale. Tradotto: secondo i pm Delmastro, pur essendo avvocato e sottosegretario alla Giustizia con delega proprio al Dap (e nonostante sui documenti fosse scritto “limitata divulgazione”), non aveva capito che atti erano segreti. Una patente di inadeguatezza, insomma. Eppure il reato di rivelazione di segreto d’ufficio è un reato proprio, ovvero può essere commesso solo da un pubblico ufficiale. Un soggetto qualificato quindi, che teoricamente dovrebbe conoscere bene le norme del settore in cui opera. Le motivazioni della richiesta di archiviazione evidentemente non hanno convinto il gip, che ha invece fissato un’udienza per decidere.
Le reazioni
Se dal ministero della Giustizia tutto tace per non influenzare un procedimento penale in corso, il diretto interessato guarda il bicchiere mezzo pieno e, nonostante il gip non l’abbia accolta, ha festeggiato la richiesta di archiviazione della procura: «Mi rasserena», ha detto, ribadendo però di ritenere «i documenti non secretati» nonostante i pm abbiano scritto il contrario.
Certo è che la coda della vicenda si preannuncia politicamente dolorosa per la maggioranza. Il Pd, infatti, ha trovato sponda nelle notizie di procura per contestare ancora una volta la copertura che il ministro ha dato al suo sottosegretario: «Avevamo ragione noi quando dicevamo che le informazioni date da Delmastro all’onorevole Donzelli erano coperte da segreto ed erano riservate e torto il ministro Nordio», ha detto la responsabile Giustizia, Debora Serracchiani, concludendo che «Delmastro non conosce la legge, oppure non è consapevole dell’uso che può farne».
Rimane sospeso il futuro giudiziario: il gip deciderà sul rinvio a giudizio e, se ciò avvenisse, la contromossa ministeriale potrebbe essere quella di sollevare un conflitto di attribuzioni davanti alla Corte costituzionale.
Nordio, che della vicenda si è assunto responsabilità politica non prendendo provvedimenti nei confronti di Delmastro, aveva adombrato l’ipotesi in aula alla Camera: «Se la qualifica della segretezza o meno dell’atto non dovesse più dipendere dall’autorità che forma il documento, cioè il ministero, ma dovesse essere devoluta all’interpretazione della magistratura, potrebbe crearsi una problematica che dovrebbe essere risolta in un’altra sede». Parole che oggi risuonano anticipatorie.
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