La maggioranza si è divisa: hanno votato contro 117 deputati di Lega, Forza Italia, Coraggio Italia e Fratelli d’Italia. Per il centrosinistra e i Cinque stelle «si è scritta una pagina di civiltà»
È stata approvata alla Camera con 253 voti a favore e 117 contro la legge sul fine vita. Ora il testo passerà al Senato, dove però la spaccatura della maggioranza di governo potrebbe rendere più complicata l’approvazione.
A Montecitorio, infatti, hanno votato a favore i partiti del centrosinistra e il Movimento 5 Stelle con Italia viva, mentre contro i partiti di centrodestra al governo e Fratelli d’Italia. Ci sono state però alcune defezioni: alcuni parlamentari forzisti hanno votato a favore, come Elio Vito, e alcuni di Iv hanno votato contro.
I due relatori della legge, il grillino Nicola Provenza e il dem Alfredo Bazoli si sono detti soddisfatti del risultato politico. «Ora è necessario avviare rapidamente l'esame del testo in Senato» ha dichiarato la vicepresidente del Senato e responsabile Giustizia e diritti del Pd, Anna Rossomando.
Anche i comitati promotori del referendum sull’eutanasia dichiarato inammissibile dalla Corte costituzionale come l’associazione Luca Coscioni hanno plaudito al lavoro della Camera.
Il deputato Riccardo Magi, presidente di +Europa e tra i promotori del referendum ha definito l’approvazione «un fatto storico», ma «è doveroso ricordare che senza la mobilitazione del referendum eutanasia non sarebbe mai stato possibile».
Prima dell’iniziativa referendaria dell’estate, infatti, i tentativi di approvare una legge sul fine vita erano tutti finiti a vuoto, nonostante la sentenza Cappato che impegnava le camere a legiferare.
Cosa prevede
La legge, frutto di un lungo braccio di ferro in Commissione giustizia, prevede che non sia punibile il fine vita, se praticato autonomamente dal paziente ma assistito in struttura medica. La differenza rispetto all’eutanasia è che esiste solo un aiuto al paziente, mentre l’eutanasia viene praticata dai medici.
Il testo, infatti, recepisce la sentenza Cappato del 2019, che fissava in via giurisprudenziale i requisiti per cui un paziente può accedere alla procedura e prevedeva la non punibilità di chi lo aiutava.
Rispetto al primo disegno di legge, quello approvato introduce l'obiezione di coscienza per medici e personale sanitario e alcune regole più stringenti in merito alle condizioni del malato per poter accedere al suicidio assistito. Si sperava che queste modifiche avrebbero permesso un voto favorevole anche del centrodestra ma così non è stato.
Secondo l’articolato, può chiedere il suicidio assistito il paziente maggiorenne, in grado di intendere di volere, che sia stato già coinvolto in un percorso di cure palliative e le abbia rifiutate.
Deve essere affetto da una «patologia irreversibile e da prognosi infausta», che cagioni «sofferenze fisiche e psicologiche» assolutamente intollerabili.
Inoltre deve essere tenuto in vita da trattamenti sanitari di sostegno vitale, la cui interruzione provocherebbe il decesso del paziente. Proprio questa previsione, che rende più stringente l’applicazione della norma, è stata criticata in particolare dai radicali.
La richiesta di aiuto al suicidio deve essere indirizzata al comitato di valutazione clinica dal medico di medicina generale o dal medico che ha in cura il paziente. Poi il comitato valuta la domanda.
Ogni ospedale pubblico, dove è prevista l’obiezione di coscienza, deve assicurare che ci sia la possibilità di esercitare questo diritto. Il medico che aiuta il paziente e il personale sanitario non commettono alcun reato, perché è espressamente riconosciuta l’esclusione di punibilità.
È stata prevista anche una sanatoria retroattiva per i condannati prima dell’entrata in vigore della legge.
Non è l’eutanasia
La legge, tuttavia, non riempie il vuoto esistente in tema di eutanasia né prende in considerazione la questione oggetto del referendum dichiarato inammissibile.
Nel caso del quesito referendario, infatti, l’oggetto era l’omicidio del consenziente e dunque la libertà di un cittadino di accedere all’eutanasia e non all’aiuto al suicidio.
Inoltre, secondo i promotori del referendum, anche l’attuale legge non garantisce piena libertà di scelta: Magi l’ha definita «imperfetta perché le condizioni d'accesso per i pazienti sono ancora troppo restrittive. Darà luogo a nuovi ricorsi e a nuovi interventi della Corte costituzionale».
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