Provvedimento della procura di Firenze nei confronti dell’ex senatore. Non ha comunicato le variazioni del suo patrimonio: più di 42 milioni
Nelle ore in cui alcuni maggiorenti della destra di governo montano una gazzarra chiedendo lo scioglimento per mafia del comune di Bari, da Firenze arriva la notizia del sequestro di dieci milioni di euro all’ex senatore Marcello Dell’Utri in una vicenda che incrocia i rapporti con la mafia e i soldi di Silvio Berlusconi.
Una singolare coincidenza temporale che evoca la parabola evangelica della pagliuzza e della trave. Una trave che lascia in silenzio, il solito che perdura da decenni, gli stessi che con strepiti e urla vogliono azzerare il comune pugliese.
Proprio ieri da Palermo è giunta anche una notizia positiva per Dell’Utri con il tribunale che, in merito a un altro procedimento aperto dalla locale procura nel 2020, ha respinto la misura di sorveglianza speciale e la confisca dei beni. Ma torniamo in Toscana. Perché il tribunale di Firenze ha disposto, in via preventiva, il sequestro finalizzato alla confisca di milioni di euro al già manager di Publitalia e fondatore di Forza Italia?
La condanna per mafia
L’ex senatore è stato condannato, nel 2014, in via definitiva dalla corte di Cassazione, per concorso esterno in associazione mafiosa. Da allora, per dieci anni, aveva l’obbligo di comunicare le eventuali variazioni di patrimonio eccedenti i diecimila euro.
Lo prevede la legge Rognoni-La Torre, quest’ultimo segretario siciliano del Partito comunista italiano ucciso per ordine dei vertici di Cosa nostra, Totò Riina e Bernardo Provenzano, per il suo impegno antimafia.
Torniamo all’ex senatore che, invece, è stato condannato per complicità con la mafia siciliana ed è sempre stato difeso dalle destre e dai colleghi di Forza Italia. Secondo il tribunale di Firenze, che ha accolto la richiesta della procura toscana, Dell’Utri non avrebbe comunicato le variazioni patrimoniali per una cifra di 42 milioni di euro.
Ma la contestazione è relativa a 10 milioni 840mila e 451 euro perché è stato preso in considerazione il periodo a partire dal gennaio 2017 e le precedenti contestazioni sono prescritte.
Da dove arrivano questi soldi che hanno prodotto la variazione patrimoniale? In gran parte dall’amico di sempre, Silvio Berlusconi, come emerge dagli atti depositati nel procedimento penale a carico di Dell’Utri come mandante esterno delle stragi sul continente, quelle che hanno insanguinato l’Italia nel 1993. Procedimento nel quale era indagato, fino alla morte, anche l’ex premier.
L’indagine per concorso in strage, altre ne sono state aperte in passato e sempre archiviate, assegna la competenza sulle mancate comunicazioni del patrimonio proprio al distretto giudiziario fiorentino.
Il vitalizio da Silvio
La maggior parte degli introiti, ora oggetto di contestazione, sono arrivati nella disponibilità di Dell’Utri e della consorte, Miranda Ratti, mai indagata per fatti di mafia, da Berlusconi. Proprio Domani aveva ricostruito i negoziati portati avanti dai manager di Fininvest, dagli avvocati e dal tesoriere di Forza Italia, Alfredo Messina.
L’accordo economico, che ha previsto un vitalizio mensile da 30mila euro al mese, era stato raggiunto nei primi mesi del 2021. Si era trattato di una «trattativa», così è stata definita dagli investigatori dell’antimafia nelle informative depositate nell’inchiesta di Firenze sulle stragi del 1993 condotta dai magistrati Luca Tescaroli e Luca Turco.
Prima dell’accordo per il vitalizio, Berlusconi aveva elargito milioni di euro alla famiglia dell’ex senatore, condannato per collusione con la mafia. Una montagna di denaro che a partire dal 2011 arriva al 2021. Una parte dei fondi sono finiti alla moglie di Dell’Utri dal quale l’ex senatore ha divorziato nel 2020, ma secondo gli inquirenti è un addio finto finalizzato a evitare gli approfondimenti dell’autorità giudiziaria.
In totale a Dell’Utri e familiari sono finiti negli anni, versati da Berlusconi, 32 milioni di euro. Ma la procura prende in considerazione unicamente le cifre movimentate a partire dal 2017.
Il 2018, ad esempio, è l’anno della condanna in primo grado nel processo trattativa stato-mafia, Dell’Utri è poi stato assolto in Cassazione. Quell’anno la moglie incassa da Berlusconi tre bonifici per un totale di 1,9 milioni, causale è sempre la solita: «Prestito infruttifero». Oltre 200mila servono per pagare uno degli avvocati di Dell’Utri.
L’anno successivo, il 2019, l’antiriciclaggio segnala un altro movimento sospetto: un bonifico da mezzo milione destinato alla consorte di Dell’Utri, proveniente dal solito Berlusconi, così accade fino al 2021 quando c’è l’accordo per il vitalizio mensile. Alla pensione d’oro offerta all’ex senatore vanno aggiunti altri benefit, come la ristrutturazione della casa della figlia. Quei soldi sono il prezzo per il silenzio nei processi nei quali Dell’Utri è stato implicato? Per la procura e gli investigatori quello è stato il patto, per la difesa è il contrario.
«Il sequestro riguarda somme di denaro ricevute da Dell’Utri e dalla signora Ratti attraverso bonifici effettuati, in maniera del tutto lecita e trasparente, da Berlusconi per ragioni di affetto verso l’amico. Da ultimo, proprio l’altro ieri, il tribunale di Palermo ha rigettato la richiesta di confisca di prevenzione avanzata nei confronti di Dell’Utri e dei suoi familiari con argomenti del tutto in controtendenza rispetto a quelli avanzati dalla procura di Firenze», dice l’avvocato Francesco Centonze che difende l’ex senatore.
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