Quando il giornalista del Fatto Quotidiano, nel novembre scorso, denunciò alla procura di Milano di aver ricevuto i documenti segreti, l’indagine venne assegnata allo stesso magistrato da cui la fuga di notizie sarebbe partita
- Quando il giornalista del Fatto fa denuncia a Milano, il fascicolo dell’indagine per la fuga di notizie viene assegnata allo stesso Storari da parte di Greco e dell’aggiunta Pedio. Storari inizia a indagare e dispone anche una consulenza per stabilire la provenienza delle carte.
- Quando viene a conoscenza dell’indagine sulla segretaria di Davigo, che avrebbe anonimamente mandato le carte anche al Fatto, capisce che sono le stesse che lui ha consegnato al togato Csm e si chiama fuori dall’indagine.
- Storari riferisce a Greco per la prima volta di aver consegnato le carte a Davigo e si chiama fuori dall’indagine. In sostanza, rinuncia al fascicolo quando si rende conto che quelle carte sarebbero le stesse che ha fatto uscire lui dalla procura.
Le proporzioni del cortocircuito nella procura di Milano stanno sempre più emergendo. Il pm Paolo Storari, colui che nell’aprile 2020 aveva portato al togato del Consiglio superiore della magistratura, Piercamillo Davigo, i verbali segreti dell’ex legale Eni Piero Amara, nell’autunno dello stesso anno si vede assegnare l’inchiesta su quella fuga di notizie.
I passaggi sono intricati e vanno ricostruiti passo per passo.
Nel dicembre 2019, l’ex legale di Eni, Piero Amara, riempie centinaia di pagine di verbali davanti ai pm milanesi Storari e Laura Pedio, in cui racconta dell’esistenza della loggia segreta “Ungheria”.
In contrasto con quella che riteneva un’inerzia della procura guidata da Francesco Greco, che non apre immediatamente un fascicolo per verificare le dichiarazioni, nell’aprile 2020 Storari consegna al togato del Consiglio superiore della magistratura, Piercamillo Davigo, i verbali di Amara. Lo definirà poi un atto di “autotutela”.
Nei mesi successivi, Davigo parla di questi verbali e del loro contenuto ad almeno sei membri del Csm, tra cui il vicepresidente David Ermini, il pg di Cassazione Giovanni Salvi e il primo presidente di Cassazione Pietro Curzio. Tutto, però, rimane segreto.
Nell’autunno 2020, però, al Fatto Quotidiano e a Repubblica arrivano in un plico anonimo i verbali di Amara e in una lettera si denuncia l’inerzia della procura di Milano. A spedirli sarebbe stata la segretaria di Davigo, oggi indagata per calunnia dalla procura di Roma. I due giornalisti destinatari non pubblicano nulla ma denunciano la cosa, uno alla procura di Milano e l’altra a Roma.
E qui nasce il cortocircuito. Quando il giornalista del Fatto fa denuncia a Milano, il fascicolo dell’indagine per la fuga di notizie viene assegnata allo stesso Storari da parte di Greco e dell’aggiunta Pedio. Risultato: il magistrato che portò fuori dalla sua procura i verbali, doveva indagare sulla fuga di notizie.
Tuttavia, Storari potrebbe non aver subito capito di essere lui stesso la probabile origine della fuga di notizie. Infatti inizia a indagare e avrebbe addirittura disposto una consulenza per stabilire la provenienza delle carte.
Dell’indagine, Storari si sarebbe “spogliato” l’8 aprile di quest’anno, non appena venuto a conoscenza del fatto che nell'indagine aperta a Roma era coinvolta l'ex segretaria di Piercamillo Davigo. Storari, infatti, riferisce a Greco per la prima volta di aver consegnato le carte a Davigo e si chiama fuori dall’indagine. In sostanza, rinuncia al fascicolo quando si rende conto che quelle carte sarebbero le stesse che ha fatto uscire lui dalla procura.
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