Il Csm ha condannato il magistrato romano, assolto per ignoranza di norma extrapenale per aver divulgato i verbali della presunta loggia, alla censura. L’illecito contestato è di violazione dei doveri generali di diligenza, correttezza, equilibrio e riserbo e per aver violato le norme regolamentari che concernono la trasmissione al Csm delle notizie di reato
Il pm milanese Paolo Storari, coinvolto nell’ambito del caso Loggia Ungheria, è stato condannato dalla sezione disciplinare del Csm alla censura.
La motivazione riguarda la violazione dei doveri generali di diligenza, correttezza, equilibrio e riserbo per aver rivelato «notizie d’ufficio, che dovevano rimanere segrete, segnatamente rivelava il contenuto di atti coperti dal segreto istruttorio» a Piercamillo Davigo e di avere, «nell’esercizio delle funzioni, violato gravemente le norme regolamentari che concernono la trasmissione al Csm delle notizie di reato nonchè di tutti gli altri fatti e circostanze concernenti magistrati».
La condanna disciplinare a carico di Storari arriva dopo l’assoluzione in via definitiva per rivelazione di segreto d’ufficio sul fronte penale, per ignoranza di norma extrapenale.
La sezione disciplinare lo ha assolto, invece, sotto il profilo del comportamento tenuto nei confronti dei colleghi Francesco Greco, procuratore capo a Milano, e dell’aggiunto Laura Pedio e sotto il profilo dell’omessa astensione sulle indagini in merito alla fuga di notizie sui verbali.
I fatti
Storari, infatti, è stato colui che ha rivelato, fornendoglieli in formato word, i verbali di Piero Amara all’ex consigliere del Csm, Piercamillo Davigo. il quale invece è stato condannato in appello a tre mesi per rivelazione di segreto d’ufficio. Davigo, infatti, ha reso noto il contenuto di verbali a altre persone, compreso l’allora presidente della commissione Antimafia e altri componenti del Csm.
La cronologia dei fatti comincia nel dicembre 2019, quando Amara viene sentito dai magistrati milanesi Ilaria Pedio e Paolo Storari nell’ambito di uno dei filoni dell’inchiesta Eni, in particolare quello chiamato “Falso complotto Eni”. In questa sede rende una serie di verbali, nei quali racconta dell’esistenza di quella che lui chiama la loggia Ungheria, una associazione segreta composta da magistrati, politici, funzionari delle forze dell’ordine e uomini di potere, che operava per influenzare gli esiti dei processi e altre attività occulte.
Ad aprile 2020 – in pieno covid – il pm Storari inizia a preoccuparsi dell’inerzia della procura di Milano rispetto ai verbali: secondo lui la notizia di reato andrebbe iscritta per cominciare l’indagine, dando credito ai verbali oppure ipotizzando l’accusa di calunnia a carico di Amara.
Invece, secondo la sua percezione, l’immobilità sarebbe imposta dal procuratore capo, Francesco Greco, preoccupato che un’inchiesta di questo genere incrini un altro grosso processo in corso a Milano, l’inchiesta Eni-Nigeria per corruzione internazionale a carico dell’azienda petrolifera e condotta dai pm Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro.
Per questo organizza un incontro con il consigliere del Csm, Piercamillo Davigo per avere consiglio sul da farsi. Davigo assicura di poter ricevere i verbali perchè a lui, in quanto consigliere del Csm, non è opponibile il segreto istruttorio. Storari glieli consegna, in formato word e su una chiavetta Usb, e Davigo promette di attivarsi presso il Csm.
Nel maggio 2020, Davigo comunica all’ufficio di presidenza del Csm, composto dal vicepresidente David Ermini e dai due membri di diritto della Cassazione, ad altri consiglieri e anche al presidente della commissione Antimafia Nicola Morra il contenuto dei verbali di Amara, spiegando le sue preoccupazioni per l’inerzia di Milano davanti a quella che potrebbe essere una nuova loggia P2.
Ne parla anche con il pg di Cassazione, Giovanni Salvi, membro dell’ufficio di presidenza del Csm e titolare dell’azione disciplinare oltre che vertice dei procuratori italiani, per chiedergli di intervenire sul procuratore di Milano, Francesco Greco.
Davigo consegna anche copia dei verbali a Ermini, il quale parla del loro contenuto al presidente della repubblica, Sergio Mattarella.
Infine, il 9 maggio 2020, la procura di Milano iscrive nel registro delle notizie di reato lo stesso Piero Amara, il suo collaboratore Alessandro Ferraro e l’avvocato Giuseppe Calafiore, con l’ipotesi di reato di associazione segreta.
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