- Il plenum del Consiglio superiore della magistratura ha confermato con un’aggiunta di motivazione le nomine di Pietro Curzio a primo presidente della Cassazione e di Margherita Cassano a presidente aggiunta.
- In questa sede, Mattarella ha ringraziato il Csm «per la tempestività» e ha ribadito a pochissimi giorni dalla prima chiama e mentre si rincorrono ancora voci di un suo bis, che il suo mandato è al termine e che i lavori del consiglio proseguiranno con un’altra guida.
- La scia di polemiche sulla decisione del Csm è però destinata a continuare. Il voto non è stato unanime: entrambe le nomine sono state confermate con 19 voti favorevoli, 3 contrari e 3 astenuti.
La decisione era attesa ma fa comunque rumore: il plenum del Consiglio superiore della magistratura ha confermato con un’aggiunta di motivazione le nomine di Pietro Curzio a primo presidente della Cassazione e di Margherita Cassano a presidente aggiunta. La decisione lampo segue l’annullamento delle nomine da parte del Consiglio di Stato ed è stata una corsa contro il tempo per permettere a Curzio di aprire l’anno giudiziario di Cassazione alla presenza dei massimi vertici della giurisdizione.
A ratificare con la sua presenza la decisione, il consiglio è stato presieduto dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. A giustificarlo, la prassi per cui il capo dello Stato è presente alla nomina del vertice di Cassazione.
Le parole di Mattarella
In questa sede, Mattarella ha fatto intervento che, nella sua consueta brevità, contiene due prese di posizione significative. Mattarella ha ringraziato il Csm «per la tempestività con cui la commissione ha assunto proposte e deliberazioni, assicurando la piena operatività di funzioni di rilievo fondamentale nell’ordinamento giudiziario». Poi ha fatto un riferimento al futuro: «L’occasione imprevista mi offre la possibilità di ripetere al consiglio gli auguri più intensi per l’attività che svolgerà con la presidenza del nuovo capo dello Stato».
Parole che segnano una precisa presa di posizione del presidente. Innanzitutto nel ribadire a pochissimi giorni dalla prima chiama e mentre si rincorrono ancora voci di un suo bis, che il suo mandato è al termine e che i lavori del consiglio proseguiranno con un’altra guida.
Sul fronte interno all’ordinamento giudiziario, invece, il ringraziamento di Mattarella per la celerità dell’intervento Csm non è passato inosservato. Con queste parole, infatti, il presidente si è schierato ancora una volta in difesa del Csm, che nei giorni successivi ai due annullamenti delle nomine era finito in un nuovo sotto attacco.
Proprio la scelta di intervenire così tempestivamente per rinominare i vertici “decapitati”, infatti, è stata oggetto di forti critiche e di dibattito dentro al Csm. Le sentenze amministrative sono del 14 gennaio, la riunione della Quinta commissione che si occupa delle nomine è avvenuta il 17 gennaio e il 20 gennaio il plenum ha votato nuovamente le nomine di Curzio e Cassano con l’aggiunta di motivazione sulla base delle motivazioni del Consiglio di Stato. Un iter, questo, che è stato criticato all’esterno come una volontà del Csm di fare muro contro muro con i giudici amministrativi e che è stato anche oggetto di dibattito nel corso del plenum. Per questo le parole di Mattarella sono certamente non casuali in difesa dell’operato dell’organo di governo autonomo della magistratura.
Il sostegno di Mattarella nei confronti del Csm è dunque continuato fino all’ultimo e lo ha sottolineato nel suo discorso di saluto anche il vicepresidente David Ermini, che ha definito il presidente della Repubblica «guida saggia e autorevole, esempio di etica istituzionale e fermo sostegno nei frangenti più amari». «Abbiamo bisogno di regole e comportamenti nuovi», è stato l’eloquente auspicio finale di Ermini.
le polemiche
La scia di polemiche sulla decisione del Csm è però destinata a continuare. Il voto non è stato unanime: entrambe le nomine sono state confermate con 19 voti favorevoli, 3 contrari (il laico Stefano Cavanna della Lega, Sebastiano Ardita e Nino Di Matteo di Autonomia e Indipendenza) e 3 astenuti (i togati di Unicost Michele Ciambellini, Concetta Grillo e Carmelo Celentano). La linea maggioritaria è stata quella di ritenere che l’integrazione nelle motivazioni alle nomine sia sufficiente a superare i rilievi del Consiglio di Stato. In sentenza «non c’è scritto che il Csm ha sbagliato nella scelta, ma solo è solo una censura della motivazione ritenuta carente», ha detto la togata di Area Alessandra Dal Moro, secondo cui «è sbagliato leggere come scontro tra poteri» la nuova delibera del Csm.
Ciambellini invece ha spiegato al plenum le ragioni dell’astensione, invitando alla «prudenza, per evitare di soccombere in un nuovo giudizio», ha detto spiegando che la velocità utilizzata in questo caso «rischia di trasmettere che gli uffici italiani non siano tutti uguali agli occhi del consiglio».
Nello stesso senso si è espresso anche Ardita, che ha espresso dubbi sulla solidità delle nuove motivazioni a sostegno delle nomine e spiegato il suo voto contrario con «i tempi stretti, la mancanza di puntualità e completezza della nuova deliberazione adottata e l’impossibilità di formulare una eventuale proposta alternativa». Il suo avvertimento è stato chiaro: «Occorre evitare, nel metodo prima ancora che nel merito, di dare anche solo dare l’impressione di voler eludere le decisioni del giudice amministrativo».
La vicenda potrebbe non chiudersi qui: la nuova nomina potrebbe essere ancora impugnata dal ricorrente, il magistrato di Cassazione Angelo Spirito. Non solo: malumori si sono avvertiti anche all’interno dei gruppi associativi che si sono espressi a favore della ratifica.
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