Il 24 novembre è fissata la prima udienza dibattimentale per il processo sulle liste elettorali di Moncalieri modificate con un colpo di penna mentre erano già state raccolte le firme. L’ex capogruppo alla Camera della Lega è imputato di falsificazione dell’atto
Il capogruppo uscente della Lega alla Camera, Riccardo Molinari, dovrà comparire davanti ai giudici penali di Torino il 24 novembre per rispondere del reato di aver modificato illecitamente la lista elettorale della Lega, per l’elezione del sindaco di Moncalieri. I fatti risalgono a 2020 e il rinvio a giudizio è del 2021. Ora, dopo l’udienza preliminare, inizierà il dibattimento.
Molinari è imputato, in concorso con un altro parlamentare leghista, Alessandro Manuel Benvenuto, e al militante della Lega Fabrizio Bruno, di aver manomesso la lista elettorale cancellando un nome sgradito prima che venisse depositata, ma dopo che erano state apposte le firme degli elettori.
Tecnicamente si tratta del reato previsto dall’articolo 90 del dpr 570 del 1960, ovvero di falsa formazione, alterazione o distruzione di atti destinati alle operazioni elettorali e prevede la reclusione da uno a sei anni.
Il fatto
I fatti riguardano uno scontro interno tra Lega e Forza Italia intorno alla candidatura di Stefano Zacà, medico legale con un passato da consigliere comunale di Forza Italia e grande capacità elettorale.
In vista delle elezioni comunali a Moncalieri, i leghisti locali lo avevano convinto a candidarsi con il partito di Salvini, portando con sé il suo pacchetto di voti.
Mentre venivano raccolte le firme per il deposito della lista, però, in parlamento Molinari sarebbe stato avvicinato dal segretario regionale piemontese di Forza Italia, Paolo Zangrillo (fratello del medico personale di Silvio Berlusconi), il quale gli avrebbe chiesto di eliminare materialmente il nome di Zacà dalla lista della Lega.
Il cambio di casacca, infatti, veniva considerato uno sgarbo inaccettabile tra alleati e Molinari si sarebbe mosso per evitare l’irritazione di Zangrillo.
Per questo avrebbe disposto, «assecondando la richiesta» di Zangrillo, la «cancellazione materiale» del nome di Zacà, «tracciando un riga» e di fatto escludendolo dalla consultazione elettorale. L’atto è stato poi così depositato in comune, si legge nella richiesta di rinvio a giudizio.
Il punto giuridico, però, è che la lista elettorale era già formata, con le firme raccolte tra gli elettori sui nomi indicati e Zacà presente, dunque era un atto intangibile e non avrebbe potuto essere modificato. Zacà, infatti, ha fatto ricorso al Tar scrivendo che «i cittadini che hanno firmato la lista della Lega lo hanno fatto anche per la presenza del mio nome e la mia cancellazione da quei documenti a quello ufficiale presentato alla commissione elettorale è in contrasto con la volontà degli elettori».
Il Tar non ha accolto il ricorso, ma la decisione è poi stata ribaltata dal Consiglio di Stato, che ha ordinato alla Sottocommissione elettorale del Comune di Moncalieri di inserire Zacà nella lista elettorale.
Il caso ha creato grande polemica a Moncalieri e, su esposto dei radicali, sono scattate anche le indagini della procura, con il ritrovamento delle chat in cui i leghisti avrebbero ordito il piano per cancellare il nome e l’istigazione del falso elettorale.
L’aspirante presidente della Camera
La vicenda processuale è tutta ancora da scrivere: Molinari e la Lega si sono difesi sostenendo che l’esclusione di Zacà era frutto di una decisione politica che il partito poteva autonomamente assumere, Zacà – che si è costituito parte civile nel processo penale – ritiene invece che la cancellazione con un tratto di penna del suo nome sia illegale perché la lista, dopo che sono state raccolte le firme a sostegno, è immodificabile.
Tuttavia, esiste un dato politico: la grana giudiziaria di Molinari potrebbe creargli qualche imbarazzo in vista dei prossimi passaggi di nomine. Il suo nome, infatti, è in lizza per la presidenza della Camera ma anche per qualche ministero.
Giorgia Meloni, così attenta nella fase di distribuzione delle nomine, potrebbe non gradire l’ipotesi che il possibile presidente della Camera di nomina centrodestra debba poi presentarsi in tribunale per rispondere non di un reato qualsiasi, ma della manomissione di una lista elettorale.
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