Il ministro della Giustizia al congresso Anm nel pieno del caso Toti. Ma conferma l’intenzione di procedere con la separazione delle carriere
Il ministro della Giustizia Carlo Nordio, intervenuto ieri al congresso dell’Associazione Nazionale Magistrati a Palermo, ha evitato lo scontro, dopo giorni di attacchi alla magistratura da parte di esponenti del governo sul caso che ha scosso la Liguria e portato agli arresti domiciliari, tra gli altri, il presidente della regione Giovanni Toti.
Le dichiarazioni del guardasigilli, che si era detto perplesso sulle tempistiche delle misure cautelari disposte, avevano alimentato ancora una volta le frizioni con i magistrati, ma – arrivato nella tana del lupo – ha provato a distendere gli animi. «Il dissenso è il sale della democrazia e tutte le critiche sono benvenute a meno che non travisino i fatti. Ma, mai e poi mai mi sognerei di entrare in conflitto con la magistratura, visto che sono stato magistrato, penso e spero con dignità e onore, per 40 anni», ha assicurato.
Ma «non siamo nel paese delle meraviglie ed è anche giusto dire in modo franco quali siano i nostri programmi», ha continuato Nordio, spiegando che il corpo elettorale ha incaricato il governo, con un voto democratico, di riformare la giustizia. Per tranquillizzare le toghe ha ricordato che per lui l’indipendenza della magistratura è un «dogma».
E ripete, di nuovo, che ha esercitato la professione per 40 anni e per un ex pubblico ministero «l’indipendenza dei magistrati giudicanti e requirenti è un principio non negoziabile». Lo definisce un punto di incontro con il presidente dell’Anm, Giuseppe Santalucia. Il guardasigilli decide così di mettere in luce le convergenze piuttosto che le divergenze, ricordando la necessità di riforme che migliorino l’efficienza della giustizia.
«Per la prima volta abbiamo tre concorsi in via di definizione, altri due appena definiti. Contiamo di colmare i vuoti della magistratura entro il 2026», ha affermato, precisando che l’Italia è sotto organico del 15 per cento, talvolta del 20 per cento. E c’è collaborazione con il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, Fabio Pinelli, per «accelerare questi concorsi».
La riforma divide
La sua presenza, dice Nordio, è segno di rispetto e omaggio verso le toghe. Il contrasto esiste ed emerge in modo chiaro dal mormorio in sala, non appena il ministro termina la lettura di alcuni passaggi della Dichiarazione di Bordeaux.
Ha poi ammesso: «Ci sono differenze nelle nostre posizioni, lo sappiamo tutti, e spesso sono state espresse anche in termini severi», ha continuato Nordio, ma «non significa che le cose siano già state scritte o irrevocabilmente decise. Una contiguità col potere esecutivo è inimmaginabile. Resta però il problema, ed è inutile che ce lo nascondiamo, della separazione delle carriere, delle funzioni e della composizione del Consiglio superiore della magistratura».
Ma i tentativi di avvicinamento del ministro non sono bastati a far digerire la riforma ai magistrati. «Ci ha confermato ancora una volta l’intenzione di andare avanti con la riforma sulla separazione delle carriere, che, ripetiamo, è incompatibile con il mantenimento dell’autonomia e dell’indipendenza della magistratura», ha commentato la vicepresidente dell’Anm Alessandra Maddalena, ribadendo la «contrarietà a una riforma che stravolga l’impianto costituzionale a danno dei cittadini».
Sulla stessa linea AreaDg, l’associazione che riunisce le toghe progressiste, che precisa: «La Dichiarazione di Bordeaux letta dal Ministro Nordio non fa alcun riferimento alla separazione delle carriere, ma delinea lo statuto minimo di indipendenza della magistratura». Per Rocco Maruotti di AreaDg la riforma ha l’obiettivo di creare «due ordini completamente distinti tra giudici e pubblici ministeri, a cui si accede mediante concorsi diversi e governati da due Csm separati».
E questo non è realizzabile senza mettere in crisi l’indipendenza della magistratura requirente, ha concluso, sottolineando che le rassicurazioni di Nordio sull’indipendenza del pm dal potere esecutivo «non possono valere anche per chi verrà dopo di lui».
Allo scontro
Se il ministro Nordio ha cercato in tutti i modi – senza risultati – di assicurare la non interferenza del potere esecutivo, diversi esponenti della maggioranza hanno criticato il lavoro della procura di Genova titolare delle indagini sul caso Toti.
Di fronte alle dichiarazioni di Matteo Salvini («se mettessimo una microspia negli uffici dei magistrati, vorrei vedere quanti lavorerebbero ancora») così come di altri esponenti del governo, l’Anm Napoli ha espresso «sconcerto e preoccupazione», per le «affermazioni generiche e senza riferimenti specifici, così offendendo la dignità e il decoro della magistratura». E per Salvini serve la responsabilità civile dei magistrati, personale e pecuniaria per quelli che sbagliano con dolo.
Nel frattempo, a Toti è stato contestato anche il reato di falso per la gestione delle discariche. Mentre la forzista Licia Ronzulli ha ricordato che il suo partito è sempre garantista e considera le persone «innocenti fino al terzo grado», il leader del M5s Giuseppe Conte ha partecipato al corteo dei comitati a Genova contro «i progetti calati dall’alto»: «Noi siamo garantisti, ma emerge un sistema politico nel suo complesso che esprime un perverso intreccio tra politica e affari», ha detto Conte. Ma la sua presenza non è piaciuta né ai comitati né alla lista Toti.
Neppure a Raffaella Paita, coordinatrice nazionale di Italia viva, secondo cui «da vero sciacallo vorrebbe rubare il futuro di Genova per ottenere una manciata di voti in più».
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