La corte d’appello di Brescia ha rigettato la richiesta di revisione del processo presentata da Maurizio Tramonte. L’ex informatore dei servizi segreti nel 2017 è stato condannato in via definitiva all’ergastolo per aver partecipato alla strage di piazza della Loggia a Brescia, il 28 maggio 1974
La corte d’appello di Brescia ha rigettato la richiesta di revisione del processo presentata da Maurizio Tramonte. Il tribunale di secondo grado ha negato la riapertura dei fascicoli processuali all’ex informatore dei servizi segreti condannato, nel 2017, all’ergastolo per aver partecipato alla Strage di Piazza della Loggia a Brescia, il 28 maggio 1974.
Nuove prove insufficienti
È stata ascoltata la richiesta del procuratore generale Guido Rispoli, che durante l'udienza aveva sostenuto che «Tramonte è stato condannato per aver partecipato alla riunione di Abano Terme nella quale il 25 maggio 1974 fu decisa la strage». Partecipazione che, secondo il pg, sarebbe provata «dalle sue dichiarazioni, dalle veline che consegnò ai servizi segreti e dalle dichiarazioni dei testimoni che dissero di avercelo accompagnato, ma anche che raccolsero la sua confessione circa la sua partecipazione».
A quarantotto anni dall’attentato di matrice neofascista, in cui morirono 8 persone e ne rimasero ferite 102, il 13 maggio scorso la stessa corte d’appello di Brescia aveva accolto l’istanza avanzata dalla difesa di Tramonte. In quell’occasione è stata presentata dagli avvocati una perizia antropometrica per confutare la compatibilità tra la foto incriminante e i lineamenti dell’uomo.
Le “nuove prove” che avrebbero dovuto riaprire il processo sono le dichiarazioni della moglie e della sorella del 70enne padovano, secondo cui il profilo del condannato, che all’epoca portava la barba, non corrisponderebbe a nessuno di quelli presenti nella foto.
Prove giudicate dal procuratore generale non influenti sulla verità giudiziaria e insufficienti ad annullare la condanna e aprire un nuovo processo.
L’indagine sugli esecutori
Sempre oggi, 5 ottobre, in mattinata la Procura minorile e la Procura ordinaria di Brescia hanno chiesto il rinvio a giudizio di Marco Toffaloni e Roberto Zorzi. I due neofascisti veronesi, che all’epoca della bomba avevano rispettivamente 17 e 20 anni, secondo l’accusa furono coinvolti nell’esecuzione dell’atto terroristico.
Una foto agli atti e una perizia antropometrica dimostrerebbero che Toffaloni era in piazza quella mattina, mentre Zorzi è accusato di aver condiviso il piano di esecuzione da Verona.
Entrambi erano considerati vicini all’ambiente di Ordine Nuovo, movimento di estrema destra fondato da Pino Rauti e Clemente Graziani e sciolto per divieto di ricostituzione del partito fascista. I due ricevevano ordini da Carlo Maria Maggi, il leader veneto condannato in via definitiva all’ergastolo, insieme a Maurizio Tramonte.
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