Il ddl di riforma dell’ordinamento giudiziario contiene una serie di previsioni che modificano profondamente la magistratura, fissando regole per le nomine dei dirigenti degli uffici giudiziari e regolando in modo nuovo il metodo di elezione dei consiglieri del Csm. Ma il testo non è ancora pronto, manca il maxi emendamento del ministero della Giustizia che verrà presentato nei prossimi giorni ma è stato anticipato alla maggioranza
Il momento della riforma dell’ordinamento giudiziario è arrivato. La ministra della Giustizia, Marta Cartabia, ha incontrato giovedi 9 dicembre la maggioranza per anticipare i contenuti dell’emendamento ministeriale Il testo non è ancora stato mostrato per iscritto, ma il dibattito ora è aperto sia con le forze politiche che con i vertici della magistratura per limarlo in versione definitiva.
Poi, secondo il metodo già utilizzato con il ddl penale e civile, iil maxiemendamento governativo dovrebbe esaurire il dibattito e portare al testo che verrà presentato e votato in aula.
La riforma contiene una serie di modifiche significative al metodo di selezione dei magistrati e dei loro rappresentanti al Csm.
La riforma del Csm
Si introducono delle incompatibilità, in particolare tra i membri della sezione disciplinare e le commissioni che decidono su incarichi direttivi, trasferimenti d’ufficio e valutazioni di professionalità. Nell’ufficio studi, invece, potranno entrare anche componenti esterni come avvocati, professori e dirigenti, previo superamento di un concorso.
Valutazioni di professionalità: anche avvocati e professori faranno parte dei consigli giudiziari; il giudizio positivo, che prima non era articolato, avrà tre giudizi (discreto, buono e ottimo).
Nomine per gli incarichi direttivi: gli atti saranno pubblici, l’assegnazione degli incarichi avverrà in base all’ordine temporale di vacanza (salvo deroghe per motivi giustificati) e questo dovrebbe evitare le cosiddette “nomine a pacchetto” che hanno favorito la spartizione correntizia. I candidati verranno scelti sulla base del curriculum, con audizione obbligatoria. Verranno individuati i criteri di valutazione, tra i quali l’anzianità, per valutare le capacità anche organizzative dei candidati.
Magistrati in politica e fuori ruolo
Non sarà più possibile per i magistrati avere incarichi elettivi e politici (come nella polemica della settimana, sul caso di Catello Maresca a Napoli). I magistrati non potranno candidarsi nel collegio in cui è compreso in tutto o in parte l'ufficio giudiziario in cui hanno prestato servizio negli ultimi tre anni. All'atto dell'accettazione della candidatura dovranno essere posti in aspettativa senza assegni. Chi si candida in Parlamento potrà tornare a indossare la toga, anche se solo a certe condizioni.
Modifiche anche per i magistrati fuori ruolo, che quindi svolgono incarichi presso ministeri e altre sedi di governo e che vengono distaccati dalla magistratura. Si va verso un taglio del loro numero massimo consentito (oggi 200), sia della durata di questa esperienza (non piu' di 10 anni in tutta la carriera).
La legge elettorale del Csm
L’argomento più controverso del ddl, però, è il sistema elettorale del Csm. Secondo la proposta presentata dalla ministra ai gruppi parlamentari, infatti, l’ipotesi è di andare in una direzione diversa rispetto a quella prospettata dalla commissione di esperti che hanno lavorato sul testo, guidati dal costituzionalista Massimo Luciani.
La proposta Luciani, di cui le correnti hanno fino ad oggi dibattuto, prevedeva infatti il sistema proporzionale del singolo voto trasferibile.
L’ipotesi della ministra, invece, è quella di un sistema maggioritario con alcuni correttivi per dare rappresentanza ai gruppi minoritari e favorire la parità di genere nelle candidature. Quindi: collegi binominali, turno unico, unica preferenza; almeno 6 candidature; sorteggio nel caso in cui non sia assicurata parità di genere.
Incerto è anche l’aumento del numero dei consiglieri togati e questo incide sui collegi.
Le ipotesi su cui si ragiona sono due, diverse a seconda che sia previsto o meno l’aumento del numero di consiglieri del Csm togati eletti dai circa diecimila magistrati italiani.
Nel caso in cui il numero non aumenti: collegio unico nazionale per i 2 componenti della giurisdizione di legittimità; 2 collegi per la designazione dei 4 magistrati requirenti; 4 collegi per la designazione dei magistrati giudicanti. 2 seggi assegnati ai migliori terzi classificati. Con il correttivo maggioritario 2 seggi da assegnare ai migliori terzi. Tutti i magistrati votano per tutti.
Nel caso in cui i consiglieri aumentino: collegio unico nazionale per i 2 componenti della giurisdizione di legittimità; 2 collegi per la designazione dei 5 magistrati requirenti, con recupero del migliore terzo classificato; 4 o 5 collegi per la designazione dei magistrati giudicanti, con integrazione dei tre migliori terzi classificati. Correttivo del maggioritario, 6 o 4 seggi da assegnare ai migliori terzi.
Insomma, il sistema si preannuncia meno innovativo di come si pensava. Non a caso, sono già arrivare le prime critiche sia dai magistrati che dai politici. La critica maggiore è che il sistema maggioritario privilegi i due gruppi associativi più grandi – Area e Magistratura indipendente – penalizzando invece quelli più piccoli. In ogni caso, non sarebbe un sistema che neutralizza il cosiddetto “correntismo” che, dal caso Palamara in poi, è considerato una delle cause della crisi della magistratura.
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