L’incontro è stato definito «interlocutorio», la guardasigilli ha soprattutto ascoltato le istanze dei gruppi in attesa di depositare i suoi emendamenti di modifica del testo base
Dopo il rinvio della settimana scorsa, la ministra della Giustizia, Marta Cartabia, ha incontrato i capigruppo della maggioranza per discutere della riforma dell’ordinamento giudiziario.
Il ddl, che è il terzo pilastro sulla giustizia dentro il Pnrr, è molto delicato perchè contiene la riforma della legge elettorale del Csm, la regolamentazione del passaggio dalla politica alla magistratura e regole rigide per le promozioni.
Ad oggi esistono un testo base, rimasto dalla precedente legislatura e redatto dal ministero di Alfonso Bonafede, la relazione dei tecnici nominati da Cartabia e presieduti dal costituzionalista Massimo Luciani. Mancano però gli emendamenti del governo, a cui la ministra sta lavorando da settimane.
Nel corso della riunione, la guardasigilli ha soprattutto ascoltato le istanze dei gruppi in un incontro che è stato definito «interlocutorio». Ce ne saranno altri in futuro e la roadmap per l’approvazione sarebbe leggermente slittata rispetto alle previsioni del Pnrr: anzichè dicembre, gennaio 2022.
Il nodo principale è la riforma elettorale del Csm, che dovrebbe servire a diminuire il peso correntizio esposto dallo scandalo Palamara, e che verrà utilizzata appena entrerà in vigore per eleggere il nuovo consiglio nel luglio 2022. Proprio questo sta agitando soprattutto la magistratura, che teme un’accelerazione dell’iter di approvazione che non lasci tempo per l’opportuno approfondimento e ascolto della categoria.
La soluzione dei tecnici
La proposta dei tecnici per riformare il Csm prevede il passaggio dei membri togati da 20 a 24, con l’ipotesi di una rinnovazione parziale dell’organo ogni due anni in modo da non consolidare maggioranze che non sono previste per il funzionamento del consiglio.
Quanto alla legge elettorale, la proposta è di proporzionale puro con il meccanismo del singolo voto trasferibile: prevede la candidatura di singoli e non più di liste; crea più collegi plurinominali in cui gli elettori indicano almeno tre candidati in ordine di preferenza.
Per essere eletti bisogna prendere un numero minimo di voti fissato con una formula che mette in relazione il numero di voti e quello dei seggi. Al primo spoglio si assegnano i seggi a chi raggiunge la soglia richiesta con le prime preferenze ricevute; se rimangono seggi non assegnati si effettua un secondo spoglio, con cui si ripartiscono le schede che indicano il candidato più votato come prima preferenza, assegnandole in base alle seconde preferenze. E poi alle terze, se ci sono ancora seggi vuoti.
Le risposte dei partiti
Per ora, il dibattito è agli inizi, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti della riforma oltre la legge elettorale. «E' stato un incontro interlocutorio, molti temi non sono stati toccati, come ad esempio quello delle porte girevoli, e credo che dovremo riaggiornarci», ha spiegato Pierantonio Zanettin, capogruppo di Forza Italia in commissione Giustizia della Camera.
Sul fronte del Pd, la proposta è quella di introdurre nella legge elettorale del Csm il rispetto della parità di genere, inoltre ritiene utile creare piccoli collegi con il meccanismo del ballottaggio, escludendo invece il sorteggio. All’interno della riforma, invece, i dem portano avanti l’idea – promossa dall’ex magistrato Luciano Violante - di creare un’Alta corte che gestisca i procedimenti disciplinari, scorporandoli dal Csm. «Sarebbe un bel segnale», avrebbe commentato la ministra. Si tratta però di una riforma costituzionale, che quindi non troverebbe spazio nel ddl sull’ordinamento giudiziario e con tutta probabilità dovrebbe attendere la prossima legislatura.
Leu, invece, si esprime in favore del proporzionale secco. Il Movimento 5 Stelle invece ipotizza piccoli collegi ma con sistema maggioritario.
Italia Viva, all’opposto, è favorevole al sorteggio, pur se con accorgimenti. La stessa linea è condivisa anche da Lega e Forza Italia, che propongono il sorteggio temperato. Azione, infine, è favorevole al sistema proposto dalla commissione Luciani, ma in subordine è disponibile a ragionare sul sorteggio.
La maggioranza, dunque, è fortemente divisa.
La posizione delle correnti
Magistratura indipendente non condivide l'impostazione della commissione e teme «Un sistema che si presta alla elaborazione di “cordate” e dunque a condizionamenti di voto, frutto di accordi correntizi».
Magistratura democratica preferisce un sistema con effetti proporzionali perchè garantisce «la plurale rappresentatività delle diverse sensibilità presenti in magistratura e sono in grado di dare autentiche chance di successo anche a nuove aggregazioni, che si propongano come alternative ai gruppi associati storici». Per questo ha espresso apprezzamento verso la proposta Luciani.
Area condivide l'orientamento della commissione Luciani, il suo segretario Eugenio Albamonte ha detto che «tra i sistemi elettorali di cui si è parlato, questo mi sembra il più adatto a restituire la scelta agli elettori ai quali vengono attribuite più preferenze che non potranno certamente essere controllate dalle correnti. In più questo sistema garantisce di fatto un numero ampio di candidati».
Unità per la Costituzione punta sulla formula del correttivo proporzionale, ma non con collegi troppo ristretti, è contraria invece alle soluzioni maggioritarie che creerebbero eccessiva omogeneità.
Autonomia e Indipendenza è a favore di un sistema proporzionale.
Articolo 101, invece, è l'unico gruppo (che ha rappresentanza per ora solo all'Anm) che auspicherebbe una riforma con introduzione del sorteggio temperato, che preveda il sorteggio preliminare di un numero di candidati pari ad un multiplo di quelli da eleggere, seguito dal voto.
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