Il consiglio dei ministri ha dato il via libera al ddl costituzionale della riforma della Giustizia, voluta dal guardasigilli Carlo Nordio e sostenuta anche dalla premier Giorgia Meloni (che le ha dedicato un video), ma con il controllo del sottosegretario Alfredo Mantovano.

Prima del cdm, Mantovano e Nordio – due ex magistrati – si sono recati al Quirinale per un incontro informale di presentazione del dossier, anche in forza del fatto che il presidente della Repubblica è anche presidente del Csm.

La rivelazione della notizia sui giornali, però, è stata accolta con fastidio dal Colle, che avrebbe preferito che l’incontro rimanesse riservato. Anche perchè, in questa fase così preliminare, il capo dello Stato Sergio Mattarella può certamente ricevere i ministri, ma non certo dare patenti di costituzionalità al testo.

Il testo, che si compone di otto articoli, è stato limato e rifinito fino all’ultimo. «Non è blindato», ha sottolineato Mantovano, spiegando che ci potranno essere miglioramenti sia dal confronto con i magistrati sia in parlamento, con l’obiettivo di sventare eventuali referendum. A oggi, ai sì del centrodestra, si aggiungono quelli di Azione e Italia viva. Questo porterebbe il numero almeno a 258 voti alla Camera e 128 al Senato: per un soffio troppo pochi per raggiungere i due terzi necessari, ma la speranza è di coinvolgere anche altri gruppi.

L’obiettivo, sottolineato da Nordio, è di «attuare il principio fondamentale del processo accusatorio voluto da Vassalli», ma «la magistratura requirente è e resterà indipendente dal potere esecutivo», però si «interromperà la degenerazione correntizia».

La separazione delle carriere

La riforma prevede che la carriera di magistrato si divida in quella di magistrato requirente – quindi il pm – e giudicante. Come ciò avverrà, però, viene demandato a una legge ordinaria che dovrà stabilire, anzitutto, se sarà necessario istituire due concorsi separati.

Lo scorporo del Csm

Visto che le due carriere saranno divise, anche il Csm non può rimanere unico. Verranno formati quindi due Csm, uno per la magistratura requirente e uno per la magistratura giudicante. I membri saranno per un terzo laici e per due terzi togati, come ora. Rimarranno membri di diritto il primo presidente della Corte di Cassazione e il procuratore generale di Cassazione e a guidarli sarà sempre il Colle.

I Csm manterranno le loro funzioni organizzative e di valutazione delle carriere oltre che di promozione nei diversi uffici. 

Verrà invece scorporata la funzione disciplinare (oggi svolta dal Csm), che verrà assegnata all’Alta corte.

La corte sarà composta da 15 giudici: tre di nomina presidenziale; tre estratti a sorte da un elenco predisposto dal parlamento di professori in materie giuridiche e avvocati con almeno vent’anni di professione; sei magistrati giudicanti e tre requirenti sempre estratti a sorte.

La modifica del Csm ha, secondo l’Anm, una funzione punitiva e di riduzione dell’indipendenza. Attualmente, infatti, il Csm è l’unico organo di governo autonomo della magistratura, i suoi membri sono eletti dai magistrati e la politica partecipa solo con la quota di laici. Il Csm, inoltre, concentra su di sè sia il potere di assegnazione degli incarichi direttivi e semidirettivi che quello disciplinare.

La riforma, invece, scorpora queste due funzioni facendo sì che l’organo che giudica disciplinarmente sia diverso da quello che gestisce le nomine. Secondo Nordio, infatti, proprio questa sovrapposizione di funzioni in capo al Csm lo ha trasformato in un organo preda dei gruppi associativi.

Secondo le toghe, invece, questa parcellizzazione in capo a diversi organi è un modo per depotenziare l’autonomia e l’indipendenza dei magistrati.

Il sorteggio dei membri

Proprio il sorteggio è un elemento caratterizzante della riforma. Secondo retroscena dei quotidiani, nella prima bozza era previsto solo per i componenti togati ma poi, dopo l’interlocuzione con il Colle, il sorteggio è stato esteso anche alla componente laica.

Con una differenza, però. I togati verranno sorteggiati senza alcuna selezione di una rosa: i giudicanti tra i circa 8000 magistrati giudicanti; i requirenti tra i circa 2000 pm.

Il sorteggio per i laici invece è in qualche modo temperato: il sorteggio, infatti, avverrà tra una lista di nomi predisposta dal parlamento, che lo compila con professori ordinari in materie giuridiche e avvocati con quindici anni di attività per i Csm e venti anni di attività per l’Alta corte. In altre parole, la casualità del sorteggio dipenderà da quanti nomi finiranno in lista.

Ora, per esempio, la componente laica viene votata dal parlamento a scelta in una lista di avvocati e professori che si sono autocandidati.

La finalità, secondo il ministro Nordio, è quella di eliminare «l’egemonia correntizia», ovvero il fatto che gli eletti togati al Csm siano espressione dei gruppi associativi.

I gruppi associativi, presenti in magistratura già dagli anni Cinquanta, sono espressione dei vari orientamenti culturali e si organizzano anche liste elettorali per il Csm e l’Anm.

Secondo Nordio – e sulla scorta dello scandalo Palamara che ha esposto un meccanismo di pilotaggio delle nomine – questo legame tra eletti e gruppi associativi va reciso.

Cosa non c’è

A mancare nella riforma rispetto ai pronostici sono in particolare due elementi: la discrezionalità dell’azione penale, che pure è uno dei cavalli di battaglia di Nordio, e l’introduzione della figura dell’avvocato in Costituzione, che il ministro ha promesso agli avvocati e che è una delle iniziative a cui da tempo lavora il Cnf.

I tempi

Il ddl costituzionale ora inizierà il suo lungo iter parlamentare: doppia lettura con possibile referendum confermativo se non otterrà il sì con maggioranza qualificata dei due terzi. Il fatto che il governo abbia chiarito che il testo «non è blindato» significa che esiste la possibilità di emendarlo nella fase di commissione, dove verranno auditi certamente molti rappresentanti dell’avvocatura e soprattutto della magistratura.

Le divisioni

La separazione delle carriere è sostenuta ovviamente dal centrodestra e soprattutto da Forza Italia, che ha voluto fortemente inserire il tema nel programma di governo e che ha dedicato l’iniziativa a Silvio Berlusconi, che trent’anni fa l’ha proposta per la prima volta.

Favorevoli sono anche Italia Viva e Azione, che con il deputato Enrico Costa ha depositato una proposta in questo senso più di un anno fa. Le loro perplessità, però, riguardano i tempi: valuteranno la coerenza del governo sulla base della speditezza con cui la riforma procederà.

Sul fronte della società civile, si sono espressi a favore gli avvocati, con una dichiarazione del Consiglio nazionale forense, di Ocf e dell’Unione camere penali italiane.

Contrari sono invece il Partito democratico, Alleanza verdi e sinistra e il Movimento 5 Stelle.

É facile pronostico quello di un clima di scontro con le toghe. Il presidente dell’Anm, Giuseppe Santalucia, ha sempre ribadito il no a una riforma che «è un passo indietro rispetto all’indipendenza» e ha immediatamente convocato una riunione d’urgenza per valutare l’ipotesi di uno sciopero.

Le parole di Nordio

Presentando la riforma, Nordio ha detto che «il testo si basa su tre principi fondamentali: il primo e' la separazione carriere, che attua il principio fondamentale del processo accusatorio voluto da Vassalli, gli altri sono la composizione e l'elezione del Csm».

«La separazione delle carriere faceva parte del programma elettorale ed è tesi che tratto da 25 anni e attua un principio fondamentale del processo accusatorio voluto da Vassalli, eroe della resistenza anche lui favorevole alla separazione che non è riuscito ad attuare, ovvero sulla differenza sostanziale tra pubblici ministeri e i magistrati giudicanti».

Il ddl poggia su una ragione tecnica ma anche politica, infatti «non si tratta di ottemperanza politica di un elettorato che ci ha dato un mandato della riforma ma di una ragione tecnica, strutturale e dogmatica giuridica, perchè il processo accusatorio non può reggersi sulle fondamenta di una Costituzione scritta quando era vigente il processo inquisitorio».

Quando al Csm, il consiglio «non ha dato buona prova di sé, scandali come quelli di Palamara e altri hanno eccitato le proteste ma i rimedi non sono stati apprestati, i rimedi a quella che unanimemente è definita la degenerazione correntizia» e «il Csm sta alle correnti in cui è divisa l'Anm come il Parlamento sta ai partiti». Quindi «interrompere il legame tra eletti ed elettori che ha portato a una serie di anomalie è stato il nostro compito principale, attraverso il sorteggio, che non avviene tra passanti di strada non esperti di diritto ma tra persone estremamente qualificate. Il Csm mantiene una maggioranza di magistrati che però vengono sorteggiati tra magistrati già valutati varie volte, che abbiano una presunzione assoluta di competenza, onestà preparazione».

La posizione dell’Anm

La Giunta dell’Associazione nazionale magistrati, che il 15 giugno si riunirà in emergenza per decidere come opporsi alla riforma, ha scritto che «La logica di fondo del disegno di legge sulla separazione delle carriere e l’istituzione dell’Alta corte si rintraccia in una volontà punitiva nei confronti della magistratura ordinaria, responsabile per l’esercizio indipendente delle sue funzioni di controllo di legalità. Gli aspetti allarmanti delle bozze del disegno di legge sono molteplici, leggiamo una riforma ambigua che crea un quadro disarmante». 

Secondo l’Anm, «è una riforma che non incide sugli effettivi bisogni della giustizia, ma che esprime la chiara intenzione di attuare un controllo sulla magistratura da parte della politica, che si realizza essenzialmente con lo svilimento del ruolo e della funzione di rappresentanza elettiva dei togati del Csm e con lo svuotamento delle sue essenziali prerogative disciplinari, affidate a una giurisdizione speciale di nuovo conio».

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