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Le modifiche prevedono la trasformazione di alcuni reati, che prima erano procedibili d’ufficio, a querela della vittima, anche nei casi in cui c’è la finalità mafiosa.
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Santalucia (Anm): «Bisognava dosare meglio la selezione dei reati che sono effettivamente minori, forse il Pnrr ha messo fretta. Auspico correttivi ministeriali».
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Inoltre c’è il problema dell’arresto in flagranza: se un ladro viene sorpreso a commettere un furto in gioielleria e il gioielliere non è reperibile in quel momento, il ladro non può essere arrestato.
Sono passati appena 12 giorni dall’entrata in vigore della riforma penale – rinviata di qualche mese per permettere agli uffici di mettersi al pari con gli adempimenti tecnici necessari – e già da alcune procure arrivano gli allarmi. In particolare per la trasformazione di alcuni reati come a querela della vittima, mentre prima erano perseguibili d’ufficio.
Con il rischio di un cortocircuito per gli arresti in flagranza e per i casi in cui si riscontra aggravante mafiosa. «Bisognava dosare meglio la selezione dei reati che sono effettivamente minori, forse il Pnrr ha messo fretta», spiega il presidente dell’Associazione nazionale magistrati, Giuseppe Santalucia, «come spesso capita le scelte astratte non hanno la fantasia che la realtà poi ci mostra. Per questo auspico un intervento del ministro della Giustizia, Carlo Nordio, per apporre alcuni correttivi nei due anni di tempo a disposizione».
«Una riforma piena di buone intenzioni, ma che si attaglia poco alla realtà», è infatti la sintesi di Edmondo Bruti Liberati, ex procuratore capo di Milano e attento osservatore delle dinamiche della giustizia. Il presupposto della riforma è la necessità di ridurre del 25 per cento la durata dei procedimenti penali entro il 2026, come indicato dagli obiettivi del Pnrr. Obiettivo ambizioso in un sistema come quello italiano, su cui pende una mole di 1,4 milioni di procedimenti arretrati.
Per raggiungerlo, Cartabia ha ha introdotto – oltre a riforme procedurali - l’ufficio del processo, ovvero personale extra assunto a tempo determinato per quattro anni, e, invece di depenalizzarli, ha modificato la procedibilità dei reati a minor pericolosità sociale. In particolare, ha trasformato a q
uerela della vittima alcuni reati: non basta più che il reato sia noto alle forze dell’ordine per procedere, ma serve che la vittima lo denunci.La riforma riguarda le lesioni personali colpose stradali gravi o gravissime, le lesioni personali il sequestro di persona e la violazione di domicilio nei casi in cui non siano aggravati; il furto, con eccezione di alcune aggravanti elencate, la violenza privata, la truffa, la frode informatica e l’appropriazione indebita.
I problemi concreti sorgono con reati come il furto aggravato, magari a danno di turisti, in cui rintracciare la vittima diventa una prova impossibile. Oppure, come spiega Santalucia, «il caso di furto di autovetture, nel caso in cui non ci sia modo di rintracciare il proprietario». Simile è la questione anche per il sequestro di persona o la violenza privata, che sono reati in cui spesso il fattore ambientale in cui sono commessi è determinante e la vittima può essere indotta a non presentare querela.
Da questo punto di vista, secondo il procuratore capo di Salerno, Giuseppe Borrelli, viene al pettine uno dei nodi principali: «Si è rivoluzionato il sistema penale, ma senza renderlo comprensibile all’opinione pubblica». Tradotto: il cittadino dovrebbe essere consapevole che ora, per alcuni reati, la querela è necessaria.
Flagranza e sequestri
Il problema, secondo Borrelli, è quello della coerenza: «La procedibilità a querela per la truffa informatica è coerente con il tipo di reato, molto meno per il sequestro di persona non a scopo di estorsione. Immaginiamo il caso in cui parente viene a denunciare il sequestro, ma la querela non la può presentare un estraneo, e allora come si fa a disporre le intercettazioni per trovare i sequestrato?».
Inoltre c’è il problema dell’arresto in flagranza: «Se un ladro viene sorpreso a commettere un furto in gioielleria e il gioielliere non è reperibile in quel momento, il ladro non può essere arrestato». Il problema, appunto, è che l’arresto contestuale alla commissione di uno dei reati procedibili a querela diventa complicato, conferma anche la magistrata Rossella Marro, giudice al tribunale di Napoli: «Manca il tempo tecnico di acquisire al querela, soprattutto nel caso di reati per i quali spesso si procede con l’arresto in flagranza», come i casi di furto.
Tuttavia, la gip di Napoli Linda D’Ancona ritiene che la scelta del legislatore abbia invece un suo senso, per assicurarsi che i processi si concludano in modo efficace: «Si tratta di ipotesi in cui, se manca la querela della parte, è praticamene impossibile giungere a sentenza perchè manca la testimonianza probatoria principale. In questo modo si fa fronte alla necessità di avere una parte offesa querelante che partecipa al processo». E, sottolinea la magistrata, non viene modificata la procedibilità per i casi più gravi, come la violenza di genere o in famiglia.
L’aggravante mafiosa
Un’altra paura riguarda il pericolo che alcuni reati oggi perseguibili a querela lo siano anche in caso di aggravanti di tipo mafioso, non esplicitamente escluse dalla riforma. «Nei casi in cui i reati trasformati a querela siano aggravati dalla finalità mafiosa, pensare che la vittima debba essere chiamata a sporgere querela determina un grave vulnus nei territori più martoriati dalla presenza della criminalità organizzata. Lo Stato non può arretrare neanche di un centimetro in questi casi», dice la giudice napoletana Marra.
Tuttavia, anche su questo esistono vari livelli di allarme anche dentro la magistratura. «Aspettiamo le future applicazioni giurisprudenziali. Inoltre i reati aggravati dalla finalità mafiosa sono reati molto più gravi di quelli inseriti nell’elenco ministeriale», è il commento di D’Ancona.
Le custodie cautelari
Un altro problema concreto riguarda i reati ora non più procedibili d’ufficio, per i quali è pendente una misura cautelare: la vittima va rintracciata per farle sporgere querela, altrimenti la misura cautelare decade. «La legge prevede solo 20 giorni a disposizione degli uffici giudiziari per rintracciare le vittime. Decisamente un tempo troppo limitato e che provocherà l’uscita dal carcere di molti ormai ex imputati», è il ragionamento di Bruti Liberati.
Anche in questo caso, la situazione varia da uffici a uffici. A Napoli, dove lavora D’Ancona, «ci siamo dati da fare e abbiamo reperito le persone offese. Dove non è stato possibile, abbiamo dichiarato estinto il processo per mancanza di querela, rispettando la volontà del legislatore». La problematica, in effetti, è limitata perché pochi tra i reati trasformati a querela che nel concreto portano a misure cautelari. Borrelli vede eventuali problemi di un termine non certo ampio solo per sequestro di persona e furto, «per gli altri reati è rarissimo che siano disposte misure cautelari».
Anche in sede di audizione, tuttavia, Santalucia aveva chiesto di allungare il termine a 40 giorni, così da dare maggior tempo per mettersi in pari.
Le notificazioni
Altra questione riguarda il nuovo regime delle notificazioni dell’atto di citazione a processo, che deve avvenire direttamente nelle mani dell’imputato, mentre gli avvisi successivi possono arrivare al domicilio del difensore e si indica come primo strumento quello della notifica digitale. Proprio questo ha comportato le maggiori difficoltà, che sono soprattutto tecniche: in particolare la carenza negli uffici di strumentazione adeguata, che riguarda l’impossibilità per ora di accedere automaticamente al registro degli indirizzi di posta elettronica certificata delle persone fisiche residenti. «Se il ministero non avesse introdotto la norma transitoria che ha prorogato l’entrata in vigore della riforma, sarebbe stata una catastrofe», è il parere di Borrelli, che racconta anche delle difficoltà della piattaforma informatica, che a novembre non prevedeva ancora il campo per inviare il fascicolo al giudice nell’udienza pre-dibattimentale.
Per gli uffici di procura, inoltre, la norma transitoria ha previsto che la riforma andrà concretamente a regime in giugno, con i tempi rigidi per durata delle indagini preliminari. Nel frattempo, ci sarà il tempo per il ministero di rivedere una parte della riforma, come del resto è già stato anticipato con la volontà di Nordio di mettere mano al regime della prescrizione.
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