Dopo 26 anni di carcere il boss del clan dei Casalesi ha deciso di collaborare con la giustizia. Può rivelare molte cose, ma altri nomi di peso, prima di lui, non hanno aiutato le indagini
«Ha usato il lievito madre di Sandokan». In questa frase è contenuto l’intero potere del clan dei Casalesi, la capacità di segnare la crescita o il detrimento di un imprenditore, di un professionista o di un politico. E questo potere per anni è stato nelle mani di Francesco Schiavone, detto Sandokan per la somiglianza all’attore Kabir Bedi, e ora ufficialmente collaboratore di giustizia.
Le parole sono state pronunciate da sua moglie Giuseppina Nappa e raccontano bene il dominio del capo del clan dei Casalesi e la possibilità di decidere ascese e cadute. Le parole sono agli atti di un processo in corso davanti al tribunale di Santa Maria Capua Vetere, tanto importante quanto ignorato, che vede alla sbarra 59 persone, altre nove hanno scelto il rito abbreviato, accusate a vario titolo di aver contribuito a infiltrare la camorra casertana negli appalti della rete ferroviaria italiana. Nappa le pronuncia in un’intercettazione per raccontare la parabola inarrestabile di un imprenditore, Nicola Schiavone, solo omonimo del boss, ma suo amico e, ritenuto dall’accusa, suo prestanome, padrino del primogenito di Sandokan.
Gli appalti ferroviari
Le accuse per gli imputati vanno a vario titolo dall’associazione a delinquere di tipo mafioso, all'estorsione, intestazione fittizia di beni, turbativa d'asta, corruzione, riciclaggio con l'aggravante della metodologia mafiosa ma anche rivelazione di atti coperti dal segreto delle indagini. Un processo nel quale si comincerà a pesare il reale contributo collaborativo di Schiavone visto che, a quanto ha appreso Domani, dovrebbero essere depositate in quel dibattimento le sue prime dichiarazioni.
Potrebbero risultare decisive per spiegare il presunto patto sottoscritto dagli ex manager pubblici che avrebbero ricevuto soldi e regali in cambio di commesse milionarie concesse agli imprenditori camorristi. Un primo banco di prova per Schiavone, visto che le precedenti collaborazioni di nomi di peso, come Antonio Iovine, altro capo storico del clan, hanno partorito magri risultati in termini di rivelazioni e di utilità per gli inquirenti. Sandokan è malato? Negli anni scorsi si era letto di una sua malattia e questo avrebbe contribuito al suo pentimento. Non è così, alte fonti investigative lo smentiscono, «no, non è malato», dicono a Domani.
La collaborazione di Sandokan è arrivata grazie al lavoro svolto da esperti magistrati che, negli anni scorsi, si sono occupati del clan e coordinato la cattura dei più importanti capi della camorra casertana. Due figli di Schiavone si erano già ‘arresi’, Nicola e Walter, e anche in quel caso non hanno portato un contributo fattivo nelle indagini sui patrimoni, le collusioni e le teste di legno a disposizione della famiglia criminale. Quando Nicola Schiavone aveva avviato la collaborazione con la giustizia anche il fratello Walter, la madre, le sorelle erano entrate nel programma di protezione, qualche anno dopo proprio Walter Schiavone ha raccontato che in quel periodo incassava sia i benefici dallo stato che il mensile dalla camorra.
Una beffa anche se il pentimento del rampollo del clan ha contribuito ulteriormente a isolare Sandokan fino alla decisione di collaborare con la giustizia. Un pentimento che, di certo, bisognerà misurare da un punto di vista investigativo, ma segna senza alcun dubbio una svolta storica e sancisce la fine di quella dinastia, di quel cognome, di quella parabola criminale, fatta di ammazzamenti e dominio economico. Figli e familiari, che non hanno neanche lontanamente la caratura criminale del padre e non hanno scelto la strada della collaborazione, non potranno più spendere quel cognome, con il pentimento del capo della dinastia quella storia è finita.
Il re del clan: segreti e connivenze
Schiavone è stato arrestato nel 1998 dagli uomini della direzione investigativa antimafia nella sua Casal di Principe, da quel momento in poi è sempre stato recluso al 41 bis, il carcere duro, e l’ergastolo ostativo lo avrebbe tenuto in cella per sempre. Se, come spesso accade, ha continuato a guidare la famiglia criminale anche dal carcere può svelare la rete di collusione e i patti illeciti siglati anche di recente. I magistrati puntano sulla collaborazione di Sandokan perché avrebbe continuato a muovere le fila del clan ed è in grado di far fare un salto di qualità alle indagini che, in questi anni, hanno portato a successi per lo stato, ma anche a lunghi processi conclusisi con assoluzioni e fallimenti investigativi. Grazie ai pentiti, colletti bianchi sono stati processati e condannati per collusione con il clan, il nome più importante è sicuramente l’ex sottosegretario all’Economia, Nicola Cosentino, già coordinatore di Forza Italia in Campania.
Ma cosa può raccontare Schiavone? Il boss, che ha iniziato da autista del camorrista Umberto Ammaturo e diventato capo dopo la vittoria della nuova famiglia contro i cutoliani, ha avviato la lenta infiltrazione del clan dei Casalesi nell’economia. Dal traffico illecito di rifiuti alle truffe nel settore agricolo, dagli appalti nell’alta velocità e rete ferroviaria al grande affare della sanità, dalle collusioni con la politica agli investimenti in Italia e all’estero fino in Cina. Questo è il patrimonio conoscitivo del boss pentito, la sua collaborazione potrebbe terremotare una classe dirigente dalla Campania alla Lombardia passando per l’Emilia Romagna, terre di conquista da sempre del clan, e contribuire a ricostruire la verità sulla grande spartizione nel traffico di monnezza tossica, affare che ha unito massoneria, politica e imprenditoria.
Sarà la procura di Napoli a seguire la sua collaborazione, a guidarla c’è Nicola Gratteri, che vanta una lunga esperienza nella gestione dei pentiti. Non ci vorrà molto per capire se il pentimento di Sandokan sarà ricordato solo per la fine di un clan o anche per l’inizio di una nuova primavera giudiziaria in grado di assicurare alla giustizia gli insospettabili che hanno contribuito al martirio di una terra.
© Riproduzione riservata