La commissione Affari costituzionali ha approvato il testo sulla riforma costituzionale della giustizia, che contiene la separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri, la creazione di due Csm con membri eletti per sorteggio e di una Alta corte per il disciplinare.

La proposta di legge costituzionale arriverà in aula il 9 dicembre e la sua approvazione è diventata una priorità per la maggioranza, scavalcando la riforma costituzionale del premierato che è stata ormai declassata da «madre di tutte le riforme» a testo temporaneamente accantonato. Viste le fibrillazioni tra alleati di centrodestra, infatti, la riforma Nordio ha infatti assunto una funzione di collante: tutti d’accordo, anche se per ragioni diverse, tanto che a Montecitorio arriverà con tre relatori: Nazario Pagano per Forza Italia, Simona Bordonali per la Lega e Francesco Michelotti per FdI.

In linea con le indicazioni temporali già fatte dal ministro della Giustizia Carlo Nordio, «è pensabile che la conclusione del provvedimento possa arrivare a gennaio», ha detto il viceministro della Giustizia, Paolo Sisto, che ha aperto alla possibilità di qualche modifica d’aula: «Non ci sottraiamo al confronto».

Soprattutto Forza Italia, da sempre sostenitrice della separazione sulla scia della storica battaglia di Silvio Berlusconi, ha rivendicato il via libera in commissione come grande successo: «È una buona notizia che la nostra proposta sia stata sostenuta lealmente e compattamente dai partiti della maggioranza - che ringrazio - ma anche da alcune forze dell'opposizione che si ispirano a principi garantisti», ha detto il vicepremier e leader di FI Antonio Tajani, riferendosi ad Azione e Italia Viva.

Le criticità

La riforma sarà molto probabilmente sottoposta a referendum confermativo – Nordio ha detto di sperare che ciò avvenga – e certamente riaprirà lo scontro con le toghe. Anche perché, come spesso sottolineato dall’Anm, la separazione «funzionale» è già stata di fatto prevista dalla riforma Cartabia con la possibilità di passare solo una volta da una funzione all’altra nel corso della carriera, mentre la separazione «ordinamentale» (separando la giurisdizione) contenuta dalla riforma Nordio rischia di sottendere una futura sottoposizione del pubblico ministero al potere esecutivo.

Del resto, nella sua intervista al Foglio proprio Nordio aveva confermato che la separazione delle carriere «è una bandiera per questo governo», e detto che oggi esiste un pm «super poliziotto che può agire senza rispondere a nessuno». L’interrogativo, sollevato dalle toghe progressiste, è a chi pensa - il ministro - che il pm debba rispondere in futuro.

Anche per questo il Pd ha parlato di testo «profondamente sbagliato», che «sacrifica il funzionamento della giustizia a bandiere ideologiche e interessi di partito», sottolineando che «la separazione delle carriere non è una priorità» rispetto alle «vere urgenze della giustizia». Il Movimento 5 Stelle ha invece definito la riforma «un piano devastante ben congegnato» che «risponde al disegno di vecchia data del centrodestra di indebolire la magistratura e togliere autonomia e indipendenza ai pm».

In ogni caso, la riforma costituzionale riguarda esclusivamente l’ordinamento giudiziario. Dunque ha già avuto la funzione di ricompattare almeno su un punto la maggioranza e da lunedì riaprirà il fronte di scontro con la magistratura associata, ma di certo non avrà impatti sulle emergenze della giustizia, sia dal punto di vista della durata dei processi che dello smaltimento dell’arretrato.

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