Care lettrici, cari lettori
colgo l’occasione di questa newsletter pre-natalizia per augurare a tutti voi un augurio di cuore di buone feste.
La politica e la giustizia, però, arriveranno con l’acqua alla gola al cenone natalizio. La legge di Bilancio è in fase di approvazione e non verrà chiusa prima della prossima settimana con il voto definitivo al Senato. Nel testo, anche molte questioni che interessano la giustizia, a partire dall’anticipazione dell’entrata in vigore della riforma civile, al 28 febbraio 2023 e su cui trovate un approfondimento.
Il clima, poi, rimane molto teso tra magistratura e il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, con botta e risposta sui giornali e dalle rispettive sedi istituzionali. Anche il clima nell’avvocatura è infuocato: sono stati eletti i nuovi consiglieri del Cnf, in attesa del rinnovo dei consigli degli ordini.
Sul fronte dei commenti, la newsletter di oggi ospita un approfondimento di Angelo Schillaci, professore associato di diritto pubblico comparato alla Sapienza di Roma, in materia di carriere alias, ovvero la possibilità per le persone trans di inserire nel registro elettronico dell’istituto il nome scelto e non quello anagrafico. Il tema ha sollevato dibattito sul nostro quotidiano e il professor Schillaci offre un utile chiarimento giuridico delle norme in materia, spiegando che la carriera alias rientra nell’autonomia scolastica e non viola alcuna legge.
Infine, inizia a collaborare con la newsletter Bianca Agostini, dottoressa di ricerca in procedura penale, che analizza il progetto del nuovo codice degli appalti che arriverà in parlamento con il nuovo anno, offrendo una visione sistematica su quella che è a tutti gli effetti una delle riforme più attese, delicate e e controverse.
Per concludere e se qualcuno avesse ancora qualche regalo di Natale ancora da fare, l’abbonamento digitale a Domani è scontato: soltanto 99 euro invece che 199.
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Ddl civile anticipato
In legge di Bilancio sono entrate in modo più o meno proprio alcune novità anche per il settore giustizia. Quella che ha destato più preoccupazione, soprattutto nel mondo dell’avvocatura, è l’anticipazione dell’entrata in vigore del ddl di riforma Civile (che, in estrema sintesi, potenzia le Adr, introduce riforme di rito con l’indicazione nell’atto di citazione dei mezzi di prova potenziando la prima udienza, aumenta il filtro di ammissibilità in appello e semplifica il processo esecutivo).
Originariamente previste per il 30 giugno 2023, le novità del rito civile entreranno in vigore il 28 febbraio 2023.
«L’emendamento governativo alla legge di Bilancio, con l’anticipazione delle principali novità del rito civile, stride peraltro con la decisione di posticipare, invece, la riforma del processo penale e soprattutto appare del tutto irragionevole e disfunzionale visto il caos in cui getterà cancellerie, magistrati e avvocati», hanno detto la presidente del Consiglio nazionale forense, Maria Masi e il coordinatore dell’Organismo congressuale forense, Mario Scialla.
L’avvocatura, infatti, sottolinea come il governo stesso avesse anticipato di voler intervenire per risolvere alcune criticità della riforma civile, in merito alla tutela del diritto di difesa e del contraddittorio.
Anche il Csm ha espresso parere contrario, con una delibera in cui esprime preoccupazione per le possibili difficoltà organizzative degli uffici legate all'anticipo. La delibera sottolinea che anticipare alcune disposizioni «comporterà uno sforzo organizzativo consistente e difficilmente attuabile entro la data del 28 febbraio 2023 in assenza di adeguate risorse umane e materiali», in particolare con riferimento agli scambi di informazioni tra procure e tribunali per i casi di violenza di genere.
La giustizia nel Milleproroghe
La giustizia non è finita solo nella legge di Bilancio, ma come sempre anche nel Milleproroghe. Il testo è ancora solo in bozza, ma qualche elemento già c’è, in particolare per permettere l’anticipazione dell’entrata in vigore della riforma civile. Ecco cosa prevede:
7. Le disposizioni di cui all’articolo 221, comma 8, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, e di cui all’articolo 23, commi 8-bis, primo, secondo, terzo e quarto periodo, 9 e 9-bis, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, continuano ad applicarsi, rispettivamente, alle udienze e alle camere di consiglio da svolgere fino al 30 giugno 2023 e alle formule esecutive rilasciate fino al 28 febbraio 2023, fermo restando quanto disposto dall’articolo 35, comma 1, del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149.
8. La disposizione di cui all’articolo 221, comma 3, secondo periodo, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, continua ad applicarsi fino alla data del 28 febbraio 2023 limitatamente al pagamento mediante sistemi telematici dell’anticipazione forfettaria prevista dall’articolo 30 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, fermo restando quanto disposto dall’articolo 35, comma 1, del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149.
La rottura di Md da Area
Si sta consumando, anche formalmente, la rottura tra i due gruppi delle toghe progressiste di Area e Magistratura democratica. Dopo che Md aveva presentato candidati autonomi per il Csm (eleggendone una, Domenica Miele), ora i due eletti al consiglio direttivo centrale dell’Anm, Silvia Albano, Mico Santoro e Stefano Celli, hanno comunicato ufficialmente la costituzione di un gruppo autonomo di Magistratura democratica, distaccandosi da quello di Area.
La ragione di questa separazione formale sta nel fatto che l’assemblea di Area ha deliberato una modifica statutaria che prevede l’impossibilità di essere iscritti a due gruppi associativi. «Per questo ci siamo dimessi dall’associazione AreaDg – scrivono gli eletti all’Anm -. Conseguentemente, intendiamo costituire, all’interno del Cdc, un gruppo autonomo» ma «garantiamo e garantiremo il nostro pieno e leale sostegno all’Anm».
Area è un gruppo nato nel 2012 come lista unica progressista formata dai due gruppi di Md e Movimento per la giustizia. Negli anni, Area si è sempre più costituita come gruppo, pur senza che mai gli altri due gruppi si sciogliessero formalmente nella sigla comune.
Per capire meglio, qui una passata intervista al segretario di Md, Stefano Musolino, fatta in occasione delle elezioni del Csm di settembre, in cui spiega le ragioni delle candidature autonome da Area.
Elezioni al Cnf
Il Consiglio nazionale forense ha visto l’elezione dei suoi nuovi membri per la consiliatura 2023-2027, eletti dai consigli degli ordini dei distretti di corte d’appello. Manca ancora l'eletto/a per la corte d'appello di Napoli, che dovrebbe venire indicato/a a breve.
Qui l’elenco degli eletti regione per regione:
Friuli Venezia Giulia: Francesco De Benedittis (Trieste)
Trentino Alto Adige: Patrizia Corona (Trento)
Veneto: Leonardo Arnau (Padova), Federica Santinon (Venezia)
Lombardia: Sandro Patelli (Como), Nadia Germanà
Piemonte: Mario Napoli (Torino), Daniela Giraudo (Biella)
Liguria: Enrico Angelina (Genova)
Emilia Romagna: Giovanna Ollà (Rimini), Giovanni Berti Arnoali Veli (Bologna)
Toscana: Giampiero Cassi (Firenze), Luicia Secchi Tarugi (Siena)
Marche: Francesca Palma (Fermo)
Umbria: Paolo Feliziani
Lazio: Antonino Galletti (Roma), Paola Carello (Cassino)
Abruzzo: Donato Di Campli (L’Aquila)
Campania: Aniello Cosimato (Salerno)
Molise: Demetrio Rivellino (Campobasso)
Puglia: Carolina Scarano (Foggia), Giovanni Stefanì (Bari); Claudio Consales (Lecce)
Basilicata: Giampaolo Brienza (Potenza)
Calabria: Francesco Napoli (Reggio Calabria), Antonello Talerico (Catanzaro)
Sicilia: Francesco Greco (Palermo); Antonio Gagliano (Caltanissetta), Francesco Favi (Catania), Francesco Pizzuto (Messina)
Sardegna: Ettore Atzori (Cagliari)
Il Csm contro Nordio
In apertura del plenum del Csm, il vicepresidente David Ermini è intervenuto con durezza contro le parole del ministro Nordio in materia di autogoverno della magistratura.
Ha ribadito «il grande e faticoso lavoro di autoriforma e di rinnovamento svolto da questo Consiglio, in osservanza delle prerogative che la Costituzione gli assegna, per garantire il rispetto dell'indipendenza della Magistratura da ogni altro potere e da qualunque forma di condizionamento». Il ministro «ignora altresì la faticosa e incessante attività svolta dalla Sezione disciplinare, che ho l'onore di presiedere, per reprimere, con rigore, gli illeciti accertati, in modo che quanto accaduto, che ha destato, in primo luogo in questa Assemblea, grande sconcerto e riprovazione non debba più ripetersi». Ha poi riportato il fatto che il numero di condanne disciplinari, nell’anno 2021 in relazione ai procedimenti avviati, è stato del 56 per cento.
Anche in merito al meccanismo di nomina, ha ricordato «le prassi virtuose introdotte dal Consiglio, in conformità al principio di trasparenza dell'attività amministrativa, costituite dallo svolgimento delle audizioni dei candidati e dal rispetto del cronologia nella trattazione dei posti, che hanno anticipato le riforme legislative poi sopravvenute».
In attesa della nomina dei laici, fissata per il 17 gennaio, e l’insediamento del nuovo Csm, certamente quello uscente per ora si è posto in modo molto critico rispetto alle posizioni del ministro. Un preludio di stagione di confronto molto serrato tra le toghe e la politica.
La polemica Nordio-Orlando
L’audizione del ministro Nordio in commissione Giustizia al Senato ha sollevato molte polemiche. Il ministro, a sostegno della sua tesi che le intercettazioni continuino a finire sui giornali con fughe di notizie coperte da segreto istruttorio, ha richiamato il caso Palamara. Che però è precedente all’entrata in vigore della riforma Orlando, che ha modificato i metodi di custodia delle intercettazioni.
Per questo l’ex ministro Andrea Orlando gli ha risposto, scrivendo che «Il Ministro Nordio sostiene che la mia riforma delle intercettazioni andava nella direzione giusta, ma non è stata sufficiente ad evitare che uscissero "delle porcherie sui giornali". La prova, sempre secondo il Ministro, sarebbe la pubblicazione delle conversazioni intercettate nell'affaire Palamara. In realtà quando quelle intercettazioni furono effettuate e poi archiviate la mia riforma non era in vigore, a causa di un rinvio voluto dal ministro Bonafede.
Da quando la disciplina in questione è entrata in vigore, invece, non risultano episodi di pubblicazione di conversazioni penalmente irrilevanti. Può darsi, dunque, che le norme siano perfettibili, ma questo andrebbe verificato alla luce di una ricognizione puntuale dell'attuazione e della loro efficacia.
Credo sia sconsigliabile un intervento che prescinda da questo e che, con il pretesto di stringere ulteriormente sulle pubblicazioni, limiti il ricorso alle intercettazioni come strumento di indagine, ancorché per il contrasto alle mafie, al terrorismo e alla corruzione».
Blocco dei sistemi informatici
Continuano i blocchi e le anomalie che da tempo rendono poco affidabile la piattaforma del Processo Civile Telematico. L’ultimo si è verificato questa settimana e la DGSIA ha solo comunicato che le anomalie segnalate «sono in corso di risoluzione».
L’impossibilità di accedere al Pct incide in modo diretto sugli avvocati, che non possono consultare i fascicoli, scaricare gli atti e i documenti ed effettuare le notifiche e i depositi nel rispetto dei tempi. L’unica alternativa, in assenza di piattaforma informatica, è quella di affollare le cancellerie dei tribunali.
«L’inadeguatezza dei sistemi informatici, da un lato, e la serialità dei blocchi dichiaratamente dovuti a generiche “modifiche migliorative”, ma in realtà riconducibili al mancato impiego di risorse economiche e soprattutto umane adeguate (pochi i tecnici posti a far fronte ad un lavoro immane), dall’altro, costituiscono, al pari della diversità delle piattaforme tra giurisdizioni diverse, un enorme ostacolo alla tutela dei diritti dei cittadini», si legge in un comunicato di Ocf.
Lo stato del carcere
Il Natale, come tutte le festività, è il periodo più duro per chi sta in carcere. Domani ha raccontato gli ultimi due con tutte le limitazioni dovute alla pandemia, quest’anno segue il tentativo di ritorno ad una normalità almeno nella possibilità dei volontari di entrare nelle strutture.
Parallelamente, qualche segnalazione.
In commissione Bilancio è stato approvato l’emendamento alla Finanziaria di Riccardo Magi (+Europa) che ha confermato e portato a 6 milioni di euro il fondo per gli sgravi fiscali per aziende che offrono lavoro ai detenuti o corsi di avviamento al lavoro. In un periodo di tagli per il settore, è una buona notizia.
I garanti per i detenuti hanno aderito all’iniziativa del collega di Udine, Franco Corleone, e digiuneranno a staffetta, per chiedere la conferma delle licenze straordinarie per i semiliberi. «Gran parte di loro (700 all'inizio della emergenza Covid, 4-500 secondo le ultime stime) ha goduto per due anni e mezzo di una licenza straordinaria che gli ha consentito di non tornare a dormire in carcere, come invece previsto dalla misura della semilibertà. Salvo casi eccezionali, in cui la licenza straordinaria non è stata rinnovata o è stata revocata, il comportamento di queste persone è stato irreprensibile e ha ripagato nel migliore dei modi la fiducia che è stata loro data. Per questo appare incomprensibile e contrario al principio della progressività del trattamento penitenziario la mancata proroga delle licenze straordinarie per i semiliberi che li costringerebbero al rientro in carcere addirittura, in alcuni casi, la notte di San Silvestro» si legge in una nota della Conferenza dei Garanti.
Infine, il dato drammatico dei suicidi, che ora sono arrivati a 82, numero record soprattutto a fronte della riduzione della pressione del sovraffollamento. Qui la relazione del Garante, che fotografa l’attuale situazione delle carceri.
Il corso in “tutela dei diritti umani e protezione internazionale”
(riceviamo e pubblichiamo la presentazione dell’avvocato Alessio Sangiorgi)
Nel quadro della nuova normativa relativa alla professione forense, è stata introdotta la possibilità per l’avvocato di indicare il titolo di specialista. Nel 2020, con decreto del Ministero della Giustizia sono stati definitivamente individuati i settori di specializzazione dell’avvocato.
In attesa delle linee guida del Ministero della Giustizia, attualmente in corso di elaborazione da parte di una Commissione appositamente istituita, le associazioni specialistiche maggiormente rappresentative, riconosciute dal Cnf, stanno continuando ad offrire alla classe forense di corsi di alta formazione, pienamente conformi al dettato regolamentare.
Tra questi, l’Unione forense per la tutela dei diritti umani, associazione specialistica maggiormente rappresentativa iscritta nell’apposito elenco sin dal 2013, per tramite della sua Scuola Nazionale di Alta formazione specialistica, ha deciso di attivare un nuovo Corso nel settore di specializzazione “Tutela dei diritti umani e protezione internazionale”.
Per realizzare tale Corso, la Scuola dell’Unione forense si avvale di convenzioni sottoscritte con la Scuola Superiore dell’Avvocatura, il Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Università di Firenze, il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università della Campania “Luigi Vanvitelli”, l’Università di Macerata e il Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Università di Udine.
Il corso per Avvocato in “Tutela dei diritti umani e della protezione internazionale” avrà una durata biennale (come previsto dalla normativa sulle specializzazioni) per un totale di 225 ore di formazione: l’inizio delle lezioni è previsto per il prossimo marzo.
Il programma prevede un primo anno volto ad approfondire, con focus professionalizzante, la tutela dei diritti umani a livello interno, europeo e internazionale (ricorsi alla Corte europea dei diritti umani, tutela costituzionale dei diritti fondamentali, reclami dinanzi ai comitati specializzati delle Nazioni Unite). Il secondo anno è dedicato poi ad analizzare la disciplina dell’asilo e il diritto dell’immigrazione: l’attenzione sarà rivolta allo studio delle forme di tutela giurisdizionale del migrante, del richiedente asilo e del rifugiato. Il Corso avrà un taglio pratico, concentrandosi sullo studio di casi e della giurisprudenza interna e internazionale in materia, anche per tramite di esercitazioni sulla redazione di atti e pareri, nonché di simulazioni processuali.
La Scuola opera tramite due sedi principali (a Roma e Milano), oltre che nelle eventuali sedi secondarie che verranno attivate al raggiungimento di un minimo di 10 iscritti e che saranno collegate in videoconferenza con le sedi centrali, alla presenza di tutor.
L’iscrizione è aperta agli avvocati iscritti a uno degli albi degli ordini forensi nazionali.
La Scuola bandisce inoltre tre borse di studio a copertura parziale della quota di iscrizione per i partecipanti al Corso che siano in possesso dei requisiti previsti da apposito bando.
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