Nominato dalla maggioranza senza audizioni, l’Ufficio del Garante non ha di fatto rilasciato dichiarazioni sull’emergenza carcere, ma solo report numerici. A sopperire sono intervenuti i garanti territoriali
Che fine ha fatto il Garante nazionale delle persone private della libertà? Nella drammatica crisi del nostro sistema di detenzione, con un sovraffollamento medio del 130 per cento e un numero record di suicidi sia di detenuti che di poliziotti penitenziari, la voce del soggetto indipendente deputato a intervenire non si sente.
Dall’Ufficio del garante - composto dal presidente ed ex deputato di Fratelli d’Italia Felice d’Ettore, da Irma Conti e Mario Serio – non è arriva alcuna dichiarazione per chiedere un impegno maggiore del governo o interventi anche di tipo emergenziale per fare fronte a un agosto dalle temperature torride in strutture detentive ormai ben oltre i limiti della capienza.
Le uniche dichiarazioni reperibili nell’ultimo mese hanno riguardato la fredda fotografia dei numeri, reperiti dai dati del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Si dirà: i numeri parlano da soli. Spulciando nel report, si trova anche un’affermazione che, seppur espressa con lessico burocratico, confuta parzialmente quanto sostenuto dal ministro della Giustizia Carlo Nordio: secondo l'analisi comparativa «è ipotizzabile che all'aumentare del sovraffollamento si possa associare un incremento di quegli eventi critici che, più di altri, sono espressione del disagio detentivo, quali atti di aggressione, autolesionismo, suicidi e tentativi di suicidio». Traggano i lettori le dovute conclusioni, perché qui si ferma la lettura dell’Ufficio del Garante.
Dello stesso tenore sono anche i comunicati delle visite nelle carceri che sino ad oggi i tre membri dell’ufficio hanno portato avanti: foto di rito coi vertici dell’istituto e della polizia penitenziaria e nome dell’istituto visitato. Nessuna considerazione aggiuntiva che chiarisca lo stato delle strutture visitate, eventuali difficoltà rilevate o istanze da sollevare presso il ministero. Da che dunque il Garante era stato istituito come figura terza e indipendente che doveva appunto accendere un faro sulle condizioni detentive, in virtù dei suoi estesissimi poteri ispettivi, oggi quella luce appare definitivamente spenta.
Esattamente questo, del resto, era stato il timore manifestato dalle opposizioni al momento della nomina di D’Ettore, politico della stessa area del governo e senza alcuna precedente esperienza in materia di carceri. Tanto che, al momento della nomina, il centrodestra aveva evitato la sua audizione nelle commissioni Giustizia di Camera e Senato e rimbalzato le critiche rispetto alla provenienza smaccatamente politica del Garante.
I garanti territoriali
Per sopperire a questo costante silenzio sono scesi in campo invece i garanti territoriali e il loro coordinamento, che in questi mesi hanno preso in mano le redini delle iniziative per sollevare l’attenzione sull’emergenza carceri. Già ad aprile, infatti, il portavoce dei garanti territoriali Samuele Ciambriello, nel denunciare lo «stillicidio insopportabile» di morti «in carcere e di carcere», aveva annunciato iniziative in tutta Italia e soprattutto dato parere positivo in un documento ufficiale alla proposta di legge Giachetti che portava a 60 i giorni di liberazione anticipata speciale: «Si guarda con favore ad ogni misura immediatamente deflattiva del sovraffollamento». Il Garante nazionale, invece, in audizione aveva espresso il suo no al testo (su cui anche il governo era contrario): «rimedio sintomatico, servirebbe una risposta sistemica». Nel frattempo il sovraffollamento ha continuato ad aumentare.
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