L’ipotesi era entrata nel pre-consiglio dei ministri ma poi esclusa per decisione del ministero della Giustizia, perchè esula dai contenuti della legge delega. Tuttavia Forza Italia è favorevole e in passato anche la Lega aveva tentato di introdurli
Se c’è un effetto che le dichiarazioni contro l’«opposizione giudiziaria» del ministro Guido Crosetto ha oggettivamente provocato, è stato quello di riaprire il dibattito sulla giustizia. Che si sia trattato o meno di una intervista a orologeria – non per la coincidenza con l’assemblea dell’Anm ma con il consiglio dei ministri di lunedì – tutte le ultime novità in materia proposte dal governo ne hanno subito il riverbero. Ad emergere è una volontà ambigua da parte di palazzo Chigi. Da un lato Giorgia Meloni ha deciso di rinviare a data da destinarsi la riforma costituzionale sulla separazione delle carriere (che ora Forza Italia ha rimesso in cima al mucchio, proprio sfruttando l’assist di Crosetto), dall’altro non rinuncia a punzecchiare le toghe con provvedimenti di portata inferiore ma di sicuro effetto detonante.
I test psicoattitudinali
Il caso è stato quello dei test psico-attitudinali da introdurre nel test d’ingresso in magistratura, portata dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano e dunque diretta emanazione di Meloni, al tavolo del pre-consiglio. Idea non certo nuova – se ne discute da una quarantina d’anni – è stata cavallo di battaglia di Silvio Berlusconi, ma anche dello stesso ministro della Giustizia, Carlo Nordio. Tuttavia, è stata proprio via Arenula a mettersi di traverso l’inserimento nel decreto legislativo che disciplina i nuovi criteri di valutazione per le toghe. I decreti, che sono applicativi della riforma Cartabia approvata nella scorsa legislatura e tassello fondamentale del Pnrr, sono stati predisposti dagli uffici di Nordio e il ministro ha posto il veto sull’inserimento posticcio di una previsione esplosiva per almeno due ragioni. Dal punto di vista tecnico, esulava dalla delega della legge, da quello politico sarebbe stato uno sgarbo inaccettabile nei confronti di Csm e Anm, con cui nulla del genere era stato discusso.
Insomma, Nordio ha tenuto il punto ed evitato un nuovo fronte di scontro coi magistrati, nonostante personalmente sia favorevole a un provvedimento del genere. A conferma che il fronte rimane caldo, ieri il ministro Nordio è stato visto uscire da palazzo Chigi dove non era atteso per incontri ufficiali.
La fiammata sui test psicoattitudinali, infatti, ha immediatamente attecchito tra i parlamentari di Forza Italia – da Giorgio Mulè a Raffaele Nevi a Pierantonio Zanettin – ma anche sul fronte di Italia Viva dove Matteo Renzi si è detto favorevole. Anche nella Lega può trovare sponda nella responsabile Giustizia e senatrice Giulia Bongiorno, che li invocava glia nel 2019 quando era ministra della Pubblica amministrazione. Del resto, chi è arrivato più vicino a introdurli è stato l’ex ministro della Giustizia leghista, Roberto Castelli, con la sua riforma del 2005 poi in questa parte modificata dalla successiva riforma Mastella.
L’argine, però, sembra sempre più sul punto di cedere. Nelle prossime settimane torneranno in discussione in parlamento due punti molto criticati dalle toghe: l’abrogazione dell’abuso d’ufficio e la valutazione da parte di un collegio di tre giudici delle misure cautelari in carcere.
In ogni caso, il dibattito non è destinato a placarsi. Il presidente dell’Anm, Giuseppe Santalucia, ha detto di non aver sentito il ministro Crosetto (che aveva proposto un incontro) e ha definito «inquietanti» le sue parole, «confido che le chiarirà», perchè «i magistrati non sono eversori, non fanno complotti contro il governo».
Le opposizioni hanno chiesto che Crosetto risponda in parlamento delle sue parole nell’intervista al Corriere della Sera. In quella sede, dovrà chiarire ciò che ha lasciato trasparire nell’intervista: di essere al corrente di riunioni carbonare tra magistrati di area progressista, che punterebbero a diventare l’opposizione giudiziaria al governo. Inizialmente era stato chiesto dal Pd che intervenisse anche in commissione Antimafia, presieduta da Chiara Colosimo di FdI, ma l’ipotesi è stata esclusa perchè «non può essere ricondotta ai compiti della commissione».
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