Già nel 2014 esponenti di sinistra ed eletti mettevano in guardia Michele Emiliano dai ras locali. Il riferimento era proprio al passaggio di Maurodinoia nel centrosinistra: «Manovra che fa male»
Il grande salto nella politica nazionale l’ex assessora regionale pugliese, Anita Murodinoia, indagata nell’inchiesta della procura di Bari sulla compravendita di voti, lo aveva tentato nel 2022. «Scegli. Una donna per le donne», recitava il manifesto elettorale per promuovere la sua candidatura alla camera dei deputati sotto l’insegna del Pd. Lei, fondatrice del movimento Sud al centro, aveva dalla sua l’appoggio del marito, Sandro Cataldo, ma non è bastato vista la vittoria larga delle destre alle ultime politiche. Maurodinoia si era accontentata di restare al suo posto in regione a guidare uno dei più importanti assessorati, quello ai traporti, dopo il successo alle regionali del 2020 che aveva confermato presidente di regione, Michele Emiliano.
Il Pd sapeva
Era stato proprio il governatore, nel 2014, ad accogliere nello schieramento di centro sinistra Maurodinoia, marito e altri transfughi provenienti dalla sponda opposta. In quell’occasione da sinistra, Sel e alcuni eletti dem, erano arrivate critiche a Emiliano, a Decaro per la partecipazione all’evento di lancio, perché «notabilato, manovre di ceto politico, trasformismo fanno male alla politica e al centrosinistra. Non capiamo quale bisogno ci sia a Bari e in Puglia di sostenere questa cattiva politica», denunciavano. Più chiaro di così. Maurodinoia era stata ribattezzata miss preferenze, qualche mese prima aveva raccolto alle comunali baresi ben 3 mila voti, ma risiedeva in un paesino di provincia, strani miracoli. La sua ascesa inarrestabile deve ora fare i conti con l’indagine che la coinvolge e ha portato ai domiciliari il «genio della compravendita», il marito Cataldo e il sindaco di Triggiano, Antonio Donatelli. Indagini ed evidenze pregresse avevano già scoperchiato il sistema, ma Maurodinoia è rimasta intoccabile.
Colui che tutto muove
Iniziamo dall’ultima operazione che non solo descrive il metodo «Sandrino», ma racconta come il denaro sia il motore delle relazioni pubbliche e politiche, «colui che tutto muove», parafrasando Dante, il sommo poeta. La nomina di responsabile di protezione civile in un comune della provincia, il certificato medico, la promozione all’azienda sanitaria, i voti, i posti di lavoro tutto in cambio di denaro, favori e utilità varie. I pubblici ministeri contestano a vario titolo agli indagati, in tutto 72, i reati di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione elettorale e il falso. Le regionali del 2020 in Puglia, le comunali di Grumo Appula, quelle per il rinnovo del consiglio comunale di Triggiano hanno visto all’opera, secondo l’ipotesi della procura, un’organizzazione che in cambio di 50 euro comprava voti e preferenze. L’ideatore è Cataldo, la sua associazione a delinquere era «in grado di individuare, contattare e reclutare il maggiore numero possibile di elettori (...) mediante acquisizione dei dati personali di numerosissimi elettori (nome, cognome, indirizzo, recapito telefonico e sezione elettorale)». Una vera e propria schedatura favorita dall’attività «occulta», svolta da Cataldo nel settore della formazione. «Noi abbiamo l'università telematica Pegaso a Bari», diceva intercettato. A inguaiare Cataldo ci ha pensato un amico, consigliere di circoscrizione, che, risentito per la mancata rielezione alle comunali, ha raccontato l’intero sistema a un finanziere, in passato denunciato da Cataldo. Il colloquio con il consigliere, Armando Defrancesco, anche lui indagato, è stato registrato e depositato in procura, da lì si sono avviate le indagini. Indagini che hanno ricostruito le modalità con le quali venivano controllati i voti comprati attraverso una cifratura che consentiva di riconoscerli.
Scacco al re
L’elezione dei consiglieri, sindaci e della consorte serviva a Cataldo per controllare le pubbliche amministrazioni, a partire dallo stretto necessario, come i lavori di asfaltatura dove venivano premiate le aziende amiche e gli elettori clienti, tra le strade preferite c’era ovviamente quella dove abitano Cataldo e consorte. Aveva entrature e contatti anche nella sanità e negli affari regionali. Nel 2021 Cataldo chiamava la moglie dicendole di sottoporre, appena arrivata nella sede della giunta regionale, all’attenzione del presidente un non meglio precisato documento. «Allora vedi che stamattina sono stato con Mik (ndr Michele) ...e gli ha detto, quando state là oggi, di prendere la carta e di portarla a lui, che la deve firmare, capito?», diceva Cataldo alla moglie, assessora regionale.
Dal telefono di Defrancesco gli inquirenti hanno analizzato chat d’interesse investigativo e che, in attesa delle verifiche dei pm, rappresentano il racconto della diffusa conoscenza del fenomeno corruttivo negli ambienti politici. Defrancesco commentava con Antonio Bozzo, ex consigliere municipale Pd, un articolo riguardante l’indagine a carico di due politici locali «molto vicini alla Maurodinoia». «Quelli ad Anita vogliono», diceva Bozzo e il consigliere pentito rispondeva: «E l'avranno molto presto, scacco matto al Re». E il re era Cataldo. Era il 2021. Anche in quell’anno arrivavano chiari segnali alla politica, un'indagine analoga coinvolgeva proprio Cataldo, i giornali titolavano sui voti comprati a 50 euro, sul ruolo del marito dell’assessora e su una presunta cricca che pagava per aumentare i consensi di Sud al centro, il movimento di Maurodinoia. Neanche in quell’occasione l’assessora è stata messa alla porta e neanche di recente, quando a inizio marzo gli inquirenti ricostruivano, ascoltando le intercettazioni di alcuni indagati, incontri tra la coppia e uomini del clan Parisi. Il Pd ha continuato a fare spallucce, i voti servono anche se chiacchierati.
© Riproduzione riservata