Rotolo chiede non soltanto denaro ma anche ventidue assunzioni di persone da lui segnalate nei punti vendita del gruppo Migliore. Inoltre, il boss di Pagliarelli suggerisce a Stassi di invitare i commercianti taglieggiati a iscriversi ad associazioni antiracket, per fugare ogni sospetto negli investigatori
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Per una ventina di giorni pubblichiamo ampi stralci della sentenza in rito abbreviato dell’inchiesta Gotha del 2006, quando a Palermo finiscono in carcere vecchi boss e nuove leve due mesi dopo l’arresto di Provenzano Bernardo.
In altre circostanze, lo spingersi oltre la competenza territoriale, nella trattativa sulle condizioni del programma estorsivo o nella riscossione del pizzo, può dipendere dalla necessità di individuare un “regista” dell’operazione. Può accadere quando il destinatario delle richieste sia il titolare di una attività che si articoli in sedi diverse non ricadenti tutte nel territorio di una sola famiglia mafiosa o di un solo mandamento.
Un esempio è offerto dalla ventennale estorsione ai danni della catena di supermercati del Gruppo Migliore, titolare di punti vendita (tra cui il Grande Migliore di Palermo) e “agenzie di scommesse su avvenimenti sportivi” dislocate in ogni angolo della Sicilia. È lo stesso Giuseppe
Migliore, leader dell’omonimo gruppo, a spiegare agli investigatori l’esigenza di avere un interlocutore unico dentro Cosa Nostra. Proprio Migliore racconta che ad un certo punto aveva incaricato per la trattativa sul “pizzo” un suo dipendente, Francesco Stassi, che sapeva essere vicino ad ambienti mafiosi.
Costui aveva poi concordato con Antonino Rotolo e Antonino Cinà i pagamenti semestrali nell’ordine di 10.000 euro, per tutti i punti vendita dislocati a Palermo e in altre province della Sicilia. Nel corso di una conversazione tra Rotolo e Stassi, captata dalla Squadra Mobile, il primo fornisce pure una serie di indicazioni in ordine alla strategia per meglio coprire e depistare la manovra estorsiva ai danni del gruppo Migliore.
Rotolo chiede non soltanto denaro ma anche ventidue assunzioni di persone da lui segnalate nei punti vendita del gruppo Migliore. Inoltre, il boss di Pagliarelli suggerisce allo Stassi di invitare i commercianti taglieggiati ad iscriversi ad associazioni antiracket, per fugare ogni sospetto negli investigatori.
È parso evidente, dal tenore dei dialoghi intercettati, che Antonino Rotolo garantisse l’equa distribuzione dei proventi di quella articolata operazione per tutte le famiglie interessate. Si sarebbe premurato di ridistribuire il profitto alle famiglie mafiose competenti per territorio in relazione al numero e alla rilevanza economica dei diversi esercizi commerciali.
L’intervento sulla vicenda estorsiva da parte di affiliati non riconducibili alla famiglia competente a riscuotere il pizzo si verifica anche sui casi controversi. Ossia quelle situazioni su cui insistono richieste tra loro concorrenti rispetto alla potenziale persona offesa, quando vi sia il dubbio sul “soggetto” legittimato a riscuotere.
E’ il caso della ditta CIESSE, una piccola impresa edile impegnata in lavori di ristrutturazione di alcuni stabili nella zona di Borgo Nuovo, ricadente nell’area di influenza criminale della famiglia mafiosa di Uditore, mandamento Boccadifalco-Passo di Rigano.
Calogero Mannino e Francesco Bonura si ritengono competenti a richiedere il “pizzo” al titolare dell’impresa, Salvatore Clemente. Dai dialoghi intercettati tra Bonura e Mannino, però si capisce che l’imprenditore era stato contattato da un uomo d’onore proveniente dalla famiglia di Cruillas, mandamento della Noce, ossia da Giovanni Nicoletti. Mannino è contrariato da questa notizia.
Sostiene che chiunque abbia intenzione di iniziare un lavoro ha l’obbligo di mettersi in contatto con la “famiglia competente”, chiedendo la preventiva autorizzazione e stabilendo il prezzo della propria “tranquillità”: “….già che il suo dovere era di cercare a qualcuno prima di mettere mano e dire io devo andare a fare questo lavoro…”.
Per comporre tale dissidio, Mannino e Bonura decidono di rivolgersi ad un esponente di prestigio di Cosa Nostra non proveniente dalla zona interessata alla specifica estorsione.
La persona chiamata a prendere una posizione in ordine alla “legittimità” delle pretese (secondo le regole criminali) ed eventualmente a mediare è Antonino Rotolo del mandamento di Pagliarelli. E’ chiaro che il boss, in quel caso, agisce in nome e per conto della famiglia mafiosa di Uditore.
Insomma, le multiple attività di estorsione devono, sempre, essere ricollegate alla deliberazione della famiglia mafiosa e non già a personali risoluzioni criminose. Possono esservi negoziazioni che coinvolgono affiliati esterni alla cosca interessata al buon esito del progetto di prelievo estorsivo.
Di solito, quelle trattative vengono affidate a personalità di indiscusso e riconosciuto rilievo nella organizzazione. Ma costoro sono chiamati a svolgere una specie di supplenza, fermo restando che il provento dell’azione delittuose rimane ad esclusivo beneficio della famiglia mafiosa competente a ricevere il “pizzo”. È quanto si ricava dalle numerose conversazioni tra i componenti del gotha di Cosa Nostra, Rotolo, Bonura, Cinà, captate, per alcuni mesi, dalla polizia.
Quando il caso è particolarmente delicato viene investita l’autorità suprema.
Rotolo stesso, il numero 25, è costretto a rivolgersi a Provenzano per un caso assai controverso in ordine alla entità dell’esborso a carico dell’imprenditore Salvatore Romeo. La lettera che scrive al capo dei capi è eloquente. Il problema era spinoso, come si comprende dalle righe scritte da Rotolo. La decisione ultima non poteva che spettare al vertice supremo.
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