Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro–tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie pubblicherà ampi stralci della sentenza di primo grado che ha assolto l’ex Presidente del Consiglio Giulio Andreotti. La sentenza di secondo grado, confermata in Cassazione, ha accertato invece che – fino alla primavera del 1980 – Andreotti aveva avuto rapporti con i boss Cosa nostra


La ricerca finalizzata alla individuazione di un atterraggio a Trapani nella primavera del 1980 di un aereo con a bordo l’on.Andreotti ha trovato ostacoli insormontabili soprattutto nel fatto che non esiste più la documentazione relativa all’aeroporto militare di Trapani Birgi in quanto, in base alla normativa vigente, la documentazione sui voli viene distrutta dopo novanta giorni. Quello di Trapani Birgi e’ infatti un aeroporto militare aperto al traffico civile che tuttavia presenta caratteristiche particolari:

− il monopolio dei dati sul traffico aereo era gestito dai militari sui quali grava l’obbligo della distruzione della relativa documentazione dopo novanta giorni;

− il personale civile in servizio nello scalo riceveva dai militari le informazioni relative al traffico aereo civile;

− nella zona dello scalo aeroportuale riservata ai militari era consentito l’atterraggio di velivoli privati che trasportavano personalita’ politiche;

− tale zona non era visibile al personale civile che era allocato in una struttura assai distante dalla zona militare.

La distruzione, prevista per legge, di tutti i documenti di registrazione dei voli militari (o privati atterrati nella zona militare) redatti dai militari in servizio nello scalo di Trapani Birgi, ha dunque precluso ogni possibile ulteriore ricerca o verifica. Ma lo stesso Pm ha evidenziato come alla suddetta distruzione sia sfuggito casualmente un documento che risulta di essenziale importanza.

Si tratta di un documento statistico su atterraggi e decolli di tutti i voli civili e militari redatto mensilmente dall’Ufficio informazione voli militari e relativo proprio al periodo gennaio 1980 – aprile 1981 (Doc. 142 in produzione Pm). È un prospetto mensile degli aerei che in quel periodo hanno effettuato atterraggi e decolli all’aeroporto di Trapani Birgi, ma in esso non è riportata la sigla dell’aereo, bensì solo il tipo di aeromobile che e’ atterrato (ad esempio DC9, SA330, BO105, DA20, F104, etc.) e la “statistica tipi avvicinamento” ovvero le modalita’ con le quali l’atterraggio e’ avvenuto (a vista “VFR”, con assistenza strumentale “IFR” o con assistenza radar “CGA”).

Deve sottolinearsi che la registrazione dei voli era divisa tra personale civile e militare nel senso che i militari registravano tutti i voli (sia civili che militari), distruggendo tuttavia la relativa documentazione dopo 90 giorni, mentre i civili registravano solo i voli civili nell’apposito registro.

Orbene, con riferimento in particolare al prospetto statistico relativo al mese di aprile del 1980, il Pm ha rilevato che risultano atterrati tra gli altri anche alcuni aerei civili, e precisamente due velivoli del tipo DA20, uno del tipo Lear Jet 35 ed uno del tipo PA20.

La registrazione di tali voli doveva essere curata dal personale civile dell’aeroporto in quanto lo Stato Maggiore dell’Aeronautica ha espressamente escluso di avere mai avuto in uso velivoli del tipo DA20 (o Mystere 20), PA20 o LR 35 (cfr. nota del 2° Reparto dello Stato Maggiore dell’Aeronautica del 14 agosto 1997 in Doc.1 della produzione del Pm del 16 settembre 1997).

Orbene, effettuata una verifica nei registri aeroportuali civili si e’ accertato che non vi e’ traccia di due dei suddetti quattro voli e precisamente dell'atterraggio di un PA20 e di un DA20. Osserva il Pm che la sigla DA 20 identifica il velivolo tipo Mystere 20 (cfr. esame teste Cusenza all’udienza del 30 giugno 1997 pag.181), ovvero lo stesso tipo di aereo utilizzato dai Salvo e talora anche da Andreotti. La sigla PA 20 identifica, invece, verosimilmente un piccolo velivolo del tipo Piper (cfr. esame Babbucci udienza 1 luglio 1997).

L’accusa ha poi sottolineato che l’imputato il 14 marzo 1981 ha utilizzato per un viaggio da Ciampino ad Aviano lo stesso aereo (Mystere 20 con sigla I-EDIM) e pilota (Guiducci) che tre mesi prima (dicembre 1980) avevano trasportato i familiari di Tommaso Buscetta a Palermo con un volo organizzato dai cugini Salvo tramite Carmelo Gaeta.

Ma il suddetto aereo era all’epoca di proprieta’ della VIP-AIR s.p.a. del gruppo Monti per conto della quale la societa’ UNIJET - che fatturo’ al Gaeta il costo del trasporto dei familiari di Buscetta – si limitava a procurare clienti e commercializzare le ore di volo.

Non si comprende quindi quale valore probatorio possa avere, in mancanza di ulteriori elementi, il fatto che un aereo, funzionalmente destinato all’effettuazione di voli privati per conto terzi, abbia avuto nel corso degli anni tra i suoi innumerevoli clienti e passeggeri sia l’on.Andreotti che i familiari di Buscetta.

Particolarmente analitiche ed approfondite sono state le indagini svolte dall’accusa al fine di ricostruire i viaggi aerei compiuti dal senatore Andreotti il quale ha effettuato innumerevoli voli utilizzando aerei di ogni tipo (privati nazionali e stranieri, militari del 31° Stormo dell’Aeronautica, della CAI). Ma non hanno avuto esito positivo proprio quelle ulteriori indagini che sarebbero state necessarie per individuare i due velivoli PA20 e DA20 che nel mese di aprile del 1980 effettuarono un atterraggio a Trapani senza essere registrati dal personale civile dell’aeroporto.

Non sono stati in particolare individuati i velivoli di quel tipo che erano in circolazione nell’aprile del 1980 e le relative proprieta’, ne’ sono stati compiuti i conseguenti accertamenti che avrebbero potuto consentire di verificare, sia pure con qualche approssimazione, anche attraverso i libretti di volo dei relativi piloti, se effettivamente quei velivoli avevano effettuato in quel periodo atterraggi all’aeroporto di Trapani Birgi.

Non e’ certo che un’indagine siffatta potesse consentire di approdare a risultati certi, stante il lungo tempo trascorso dai fatti (20 anni) e la lacunosita’ della documentazione comunque reperibile, ma la necessita’ di riscontrare specificamente le dichiarazioni di Francesco Marino Mannoia in ordine al presunto atterraggio di Andreotti all’aeroporto di Trapani Birgi e la ipotesi prospettata dal Pm che tale atterraggio sia avvenuto proprio con uno dei due voli non registrati nell’aprile del 1980 e’ essenziale ed ineludibile ai fini della dimostrazione del fatto oggetto del tema di prova.

La semplice circostanza, invero, che sia stato individuato, sia pure indirettamente attraverso un prospetto statistico, l’atterraggio nel mese di aprile del 1980 di due aerei di tipo privato (PA20 e DA20) senza che ne sia stata fatta comunicazione alla Direzione Civile dell’aeroporto, non e’ infatti da sola sufficiente a riscontrare adeguatamente cio’ che afferma Marino Mannoia ovvero che uno di quei due voli fosse stato organizzato dai Salvo e che su uno di quei due velivoli vi fosse proprio l’odierno imputato.

Resta dunque all’esito della pur approfondita indagine svolta dal Pm una palese insufficienza del risultato conseguito che rimane relegato nell’ambito della mera possibilita’, inidoneo dunque a supportare compiutamente ed univocamente la isolata dichiarazione di Francesco Marino Mannoia.

Le indicazioni del collaborante restano dunque prive di quei riscontri che sono necessari al fine di attestare l’attendibilita’ del suo racconto affidato dunque alle sole sue dichiarazioni, non prive, come si e’ visto, di genericita’ (rispetto al dato temporale dell’episodio) e di contraddittorieta’ complessiva, essendo venuta meno, come si e’ detto, anche e soprattutto la prova del pregresso incontro tra Bontate ed Andreotti a Catania che nella ricostruzione della intera vicenda risulta evidentemente prodromico, anche sul piano logico e causale, rispetto alla riunione nella villa di Salvatore Inzerillo .

A cio’ si aggiunga che nella ricostruzione del Marino Mannoia in ordine alla causale dell’omicidio di Piersanti Mattarella, assume un ruolo centrale l’affermazione secondo cui l’uomo politico era stato ucciso anche per un suo presunto intollerabile “voltafaccia” essendo stato in passato in rapporti “intimi” e “amichevoli” sia con i cugini Salvo che con Stefano Bontate ai quali “non lesinava i favori” (cfr. verbale 3 aprile 1993): Successivamente sfruttando il canale rappresentato dai cugini Salvo Antonino e Salvo Ignazio ...... il Bontate instauro’ intimi rapporti anche con Mattarella Piersanti. Escludo comunque che quest’ultimo fosse un uomo d’onore poiche’ altrimenti l’avrei appreso da Bontate Stefano, il quale, come ho detto, non mi tacque mai i suoi rapporti con il Mattarella. ......

La ragione di questo delitto risiede nel fatto che Mattarella Piersanti – dopo avere intrattenuto rapporti amichevoli con i cugini Salvo e con Bontate Stefano, ai quali non lesinava i favori – successivamente aveva mutato la propria linea di condotta. Egli, entrando in violento contrasto ad esempio con l’onorevole Rosario Nicoletti, voleva rompere con la mafia, dare “uno schiaffo” a tutte le amicizie mafiose e intendeva intraprendere una azione di rinnovamento del partito della Democrazia Cristiana in Sicilia, andando contro gli interessi di Cosa nostra e dei vari cugini Salvo, ingegner Lo Presti, Maniglia e cosi’ via.

E al dibattimento l’affermazione e’ stata riproposta da Marino Mannoia in termini altrettanto netti ed espliciti (udienza del 4 novembre 1996 pag.62):

Mannoia F.: le motivazioni dell'omicidio, dell'Onorevole Mattarella?

Pm Scarpin.: sì.

Mannoia F.: le motivazioni sono state quelle che in un primo tempo l'Onorevole Mattarella, purtroppo, non lesinava favori a Bontade, ai Salvo, in un secondo tempo, voleva scrollarsi di dosso queste amicizie scomode, e aveva manifestato chiaramente, al Nicoletti le sue intenzioni di scrollarsi di dosso questa amicizia. Successivamente, addirittura, il Nicoletti riferì al Bontade, che Mattarella era andato a lamentarsi a Roma, per, appunto, per scrollarsi di dosso queste amicizie. Voleva... voleva portare un rinnovamento, voleva cambiare, diciamo, tutto il sistema della democrazia, portare un rinnovamento, appunto, scrollandosi di dosso queste amicizie.

Pm Scarpin.: Mattarella quindi, se ho capito bene, si era rivolto a Roma? Sa a chi si era rivolto a Roma?

Mannoia F.: no, questo io non lo so.

Pm Scarpin.: andiamo avanti. E quindi cosa succede?

Mannoia F.: allora da lì, naturalmente, è scaturito il bisogno di informare, di riunirsi tutta la commissione, per esaminare questo atteggiamento del... del Mattarella. Riunita la commissione, diciamo, decisero di, diciamo, si decise di far venire il Senatore Andreotti a Palermo. Quando io dico a Palermo, intendo in SICILIA.

Ma quando si e’ trattato di specificare la natura di questi rapporti “amichevoli” e soprattutto i “favori” che il Presidente Piersanti Mattarella non avrebbe “lesinato” sia ai cugini Salvo che a Stefano Bontate, la dichiarazione del Marino Mannoia e’ rimasta attestata ad una assoluta genericita’ impedendo qualsiasi utile e doverosa verifica […].

Giova rammentare che la stessa presunta riunione di Catania con il Sen.Andreotti aveva, secondo le dichiarazioni “de relato” di Francesco Marino Mannoia, proprio lo scopo di indurre l’imputato ad intervenire su Piersanti Mattarella al fine di fargli cambiare la sua recente condotta giudicata confliggente con gli interessi illeciti di Cosa nostra. Ne’ puo’ ritenersi che tali rapporti amichevoli e favori riguardassero solo Bernardo Mattarella, padre di Piersanti, in quanto il collaborante e’ stato assolutamente esplicito ed inequivoco sul punto chiamando in causa direttamente e personalmente l’allora Presidente della Regione Siciliana ucciso il 6 gennaio 1980.

Orbene, proprio questo punto centrale della prospettazione del Marino Mannoia risulta smentito dalle risultanze processuali, nulla essendo emerso in ordine a pregressi rapporti “intimi” ed “amichevoli” di Piersanti Mattarella con i cugini Salvo o con Stefano Bontate, ne’ tantomeno quei favori che costui non avrebbe “lesinato” a vantaggio dei predetti.

E’ stata invece acquisita la prova di una costante conflittualita’ tra i cugini Salvo e Piersanti Mattarella la cui azione politica e di rinnovamento contrastava insanabilmente gli interessi economici e politici dei potenti esattori di Salemi. [...]

E’ stato acquisito agli atti del dibattimento il verbale della dichiarazione resa dall’On.Sergio Mattarella dinanzi alla Prima Sezione della Corte di Assise di Palermo nell’ambito del processo relativo all'’omicidio del fratello dal quale si traggono ulteriori elementi che pongono in luce la netta ostilita’ sempre mantenuta da Piersanti Mattarella nei confronti dei Salvo e del loro sistema di potere […].

Lo stesso Pm, peraltro, nel corso della sua requisitoria ha sottolineato il costante rigore morale, politico ed amministrativo del Pres.Piersanti Mattarella riprendendo proprio le parole del di lui fratello Sergio […]. Accusare allora Piersanti Mattarella, come ha fatto Marino Mannoia – il quale sul punto si limita a riportare i giudizi espressigli da Stefano Bontate - di avere, almeno in un primo momento della sua vita politica, non solo intrattenuto rapporti amichevoli con i cugini Salvo, e persino con il capomafia Stefano Bontate, ma addirittura fatto favori di ogni tipo a costoro, risulta affermazione che, lungi dall’avere trovato riscontro al dibattimento, risulta invece manifestamente ed univocamente smentita dalle risultanze processuali acquisite.

Anche sotto tale profilo, quindi, la ricostruzione prospettata dal Marino Mannoia appare del tutto priva dei necessari riscontri per essere ritenuta attendibile.

Significativi profili di contraddittorieta’ emergono, peraltro, anche nelle dichiarazioni del Marino Mannoia riguardanti i mandanti dell’omicidio Mattarella e l’identita’ degli esecutori materiali del grave fatto delittuoso.

Nel corso della commissione rogatoria del 3 aprile 1993 egli, infatti, aveva riferito al Pm di avere anche appreso da Stefano Bontate che la commissione di Cosa nostra all’unanimita’ – con il “perfetto” consenso dello stesso Bontate - aveva deliberato l’omicidio del Presidente della Regione Siciliana materialmente eseguito poi da Federico Salvatore, Davi’ Francesco, Rotolo Antonino, Inzerillo Santino ed altri che non ricordava: Alcuni mesi dopo fu deciso l’omicidio del Mattarella.

La decisione fu presa da tutti i componenti della commissione provinciale di Palermo, e su cio’ erano perfettamente concordi il Riina, il Calo’, l’Inzerillo ed il Bontate. Erano perfettamente d’accordo, anche se formalmente estranei alla decisione, i cugini Salvo Antonino e Salvo Ignazio.......Per quanto riguarda l’esecuzione materiale dell’omicidio, io sapevo che sarebbe stato commesso, ma non vi ho preso parte. Ho appreso pero’ dal Bontate che parteciparono Federico Salvatore (il quale era a bordo di un’autovettura), Davi’ Francesco (uomo d’onore di una famiglia che in questo momento non ricordo, e di mestiere pasticcere), Rotolo Antonino, Inzerillo Santino ed altri che in questo momento non ricordo.

Nel corso dell’esame dibattimentale pero’ i ricordi di Marino Mannoia in ordine all’identita’ degli esecutori materiali dell’omicidio incomprensibilmente svanivano del tutto al punto che egli affermava di non sapere nulla; e soltanto a seguito delle reiterate contestazioni mossegli dalla difesa il collaborante riusciva a ricordare qualcosa trasformando tuttavia quelle che erano state le precise accuse formulate senza alcuna esitazione dinanzi al Pm in “voci” o conoscenze talora del tutto incerte […].

La difesa ha ovviamente contestato al Marino Mannoia, nel corso del controesame al dibattimento, anche di avere fornito una versione del tutto contrastante soprattutto sul ruolo di Stefano Bontate evidenziando come, all’inizio della sua collaborazione, il G.I. dott. Giovanni Falcone, che indagava sull’omicidio di Piersanti Mattarella, lo aveva interrogato proprio sul grave fatto delittuoso.

Giova ricordare che nel corso della commissione rogatoria il Marino Mannoia ha ammesso di avere mentito al dott. Falcone riferendogli di non sapere nulla sull’omicidio di Piersanti Mattarella se non che Stefano Bontate era “infuriato”, ed ha aggiunto che ciò aveva fatto anche perché aveva intuito che ormai il G.I. era “definitivamente orientato nel senso di concludere le indagini ritenendo sussistente la responsabilità di Fioravanti Valerio” (pag.13 esame del 3 aprile 1993).

Nella diversa versione dei fatti offerta nel presente processo Stefano Bontate diventa invece proprio il principale protagonista di tutti i fatti che, come la presunta riunione a Catania, precedettero quell’omicidio assurgendo anche al ruolo di mandante del delitto alla cui deliberazione egli, lungi dall’essere “infuriato” e “contrario” (“io dissi al Dottor Falcone che di quell'omicidio STEFANO Bontade era contrario”), concorse al pari di tutti gli altri componenti della commissione di Cosa nostra. E se l’avere taciuto su tutti i particolari ed i retroscena della complessa vicenda che condusse all’omicidio del Presidente della Regione Siciliana può risultare comprensibile nell’ottica di chi avrebbe dovuto in caso contrario parlare di Giulio Andreotti in linea con la deliberata scelta di assoluto silenzio sui delicati rapporti tra mafia e politica, meno comprensibile risulta l’avere affermato, contrariamente al vero, che il Bontate era “infuriato” dopo quel delitto adombrando dunque un inesistente dissenso del predetto Bontate. […].

Mannoia F.: no, ho tentato in tutti i modi di convincere a Falcone che quella era una strada sbagliata, con questi appunto particolari di dire: «"Cosa nostra" non ha avuto mai a che fare con questa persona». Qua... lui mi parlava di una targa tagliata a metà; e io gli dissi: "io sono stato uno dei primi a tagliare la targa per camuffarla". Gli dissi: "fate vedere anche le foto di SANTINO INZERILLO... così, così..." Cercai di dissuaderlo, ma non me la sentivo in quel momento di fare dichiarazioni complete, perché parlare dell'omicidio Mattarella significava an... toccare per intero dichiarazione, andare a finire all'Onorevole Andreotti. Io non me la sono sentita.

Resta dunque oscuro il motivo per il quale Francesco Marino Mannoia, pur avendo deciso all’inizio della sua collaborazione, per ragioni che possono essere se non giustificate, almeno comprese, di tacere quanto a sua conoscenza in ordine alla causale ed ai fatti che precedettero e seguirono l’omicidio di Piersanti Mattarella, ritenne tuttavia di prospettare al G.I. dott. Falcone una circostanza – quella della contrarietà di Stefano Bontate al grave fatto delittuoso – che era del tutto priva di fondamento.

All’esito dell’analitica disamina delle risultanze processuali acquisite al dibattimento resta dunque una palese incompletezza ed insufficienza del quadro probatorio offerto a riscontro delle dichiarazioni del Marino Mannoia in ordine al presunto incontro nella primavera del 1980 tra l’On.Giulio Andreotti e Stefano Bontate rispetto al quale la sola testimonianza, ancorché asseritamente “de visu”, del collaborante impone, in mancanza di ogni necessario elemento che la supporti, di ritenere solo “possibile”, ma non adeguatamente provato, l’episodio oggetto del tema di prova.

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