- Spesso ci si limita a parlare di parità di genere solo come di un imperativo morale da raggiungere.
- Oltre alla maggiore giustizia sociale, però, una maggiore partecipazione delle donne al lavoro porterebbe benefici economici molto rilevanti.
- Nei prossimi trent’anni, la crescita del Pil pro capite in Ue potrebbe essere superiore del 50 per cento se si accelerasse il percorso verso la parità.
Da ormai alcuni anni consideriamo la parità di genere in tutti i campi come una priorità, anche se spesso facciamo poco per raggiungerla davvero. Ci siamo posti questo obiettivo principalmente per ragioni morali: se tutti gli uomini (e le donne) sono nati uguali, perché dovremmo permettere discriminazioni basate sul sesso?
La ricerca e il monitoraggio sulla parità si concentrano moltissimo su indicatori economici: il tasso di partecipazione al mercato del lavoro, il gender pay gap, la mancanza di indipendenza e la conseguente violenza economica, e così via. Quando se ne parla, lo si fa soprattutto per capire qual è la condizione delle donne e se è possibile migliorarla.
Molto meno spesso si parla dei vantaggi per l’intera collettività di una maggiore parità di genere. In generale, un maggiore equilibrio porta a importanti benefici sociali, ma concentriamoci su quelli economici.
Più donne al lavoro, più crescita
Secondo l’European Institute for Gender Equality (Eige), il più importante centro di ricerca europeo sulla parità di genere, il Pil pro capite dell’Unione crescerebbe di quasi un punto percentuale in più nei prossimi dieci anni se l’integrazione delle donne nella società e nel mercato del lavoro migliorasse più in fretta.
Il dato diventa ancora più importante se si guarda al lungo periodo: se ci impegniamo fin da subito per aumentare il numero di donne che lavorano, nel 2050 il Pil pro capite europeo crescerà del 9,6 per cento, mentre l’incremento si fermerebbe al 6,1 per cento se le cose continuassero ad andare come vanno adesso. Una differenza di crescita superiore al 50 per cento.
Eige non offre una stima simile per la sola Italia, ma indica il nostro paese come uno di quelli in cui un cambio di passo sull’uguaglianza di genere porterebbe a un impatto maggiore.
Il nostro livello di parità è infatti simile a quello di molti paesi del Sud e dell’Est Europa, in cui il ruolo delle donne all’interno del tessuto economico è piuttosto limitato.
Per quale motivo l’economia viaggia più velocemente se a partecipare sono anche le donne? Una prima risposta è molto intuitiva: generalmente, se più persone lavorano, si produce di più.
Il ragionamento è giusto, ma si potrebbe contestare il fatto che in Italia le donne lavorino molto meno non tanto perché sono escluse dal mercato per vari motivi, dalla maternità alle norme sociali, ma perché nel nostro paese non c’è abbastanza lavoro per tutti, che è un po’ anche la giustificazione al blocco dell’immigrazione.
Salire sull’autobus
In realtà, l’immagine del mercato del lavoro come un autobus all’ora di punta, così pieno da non permettere a nessuno di salire a meno che qualcuno non scenda, è sbagliata.
La disponibilità di un maggior numero di lavoratori (in questo caso, lavoratrici) può portare alla creazione di ulteriori posti di lavoro, soprattutto in un paese come l’Italia che sta già iniziando a fare i conti con il calo demografico.
Inoltre, più donne al lavoro significa più donne che ricevono un reddito che permetta loro di essere indipendenti, di spendere e di far quindi “girare l’economia”.
L’esempio classico è quello della madre che, lavorando, non può prendersi cura dei figli durante la giornata (sì, potrebbe occuparsene anche il padre, ma sappiamo che mediamente questo in Italia non avviene).
Per ogni madre che lavora, si genera una domanda di servizi per l’infanzia che porta a un aumento della domanda di lavoro in quel settore.
Se la madre non può più occuparsi del figlio durante l’orario d’ufficio, dovrà rivolgersi a una scuola dell’infanzia, che dà lavoro a insegnanti, bidelli, personale della mensa, oppure a un baby-sitter.
Allo stesso modo, una donna con un reddito da lavoro può permettersi di spendere di più in viaggi, in attività culturali o in qualsiasi altro settore, aumentando la domanda di beni e servizi e, di conseguenza, il Pil e l’occupazione.
Ci guadagnano anche gli uomini
A un primo aumento solo femminile dell’occupazione, quindi, se ne aggiunge un altro che riguarda tutta l’economia.
Eige stima che a una crescita più rapida della parità di genere corrisponda un aumento dell’occupazione più rapido non solo per le donne, ma anche per gli uomini.
Secondo le stime, tra il 2015 e il 2050 si creerebbero circa 4 milioni di posti di lavoro in più nell’Unione europea in caso di miglioramento rapido verso la parità di genere rispetto alla situazione attuale, di cui 3 milioni in più per le donne e 1 per gli uomini.
Una maggiore presenza di donne all’interno delle imprese può inoltre portare benefici che non si sarebbero altrimenti raggiunti.
Su lavoce.info, per esempio, si mostra come l’introduzione di quote di genere all’interno delle società a controllo pubblico abbia portato a un miglioramento della percezione da parte degli utenti e a un aumento della qualità dei servizi resi.
Insomma, il cammino verso la parità di genere non è solo un dovere morale, ma un importante leva per aumentare la crescita per tutti.
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