- La democrazia plebiscitaria perseguita finora dal Movimento Cinque stelle ha almeno in teoria un alto grado di inclusione.
- Tutti gli iscritti possono partecipare a decisioni dirimenti; ad esempio la partecipazione a una coalizione di governo. Ma questa inclusione è circoscritta al momento finale della decisione.
- La formulazione dei quesiti rimane in mano alla leadership del partito e non ci sono spazi istituzionalizzati di discussione prima di votare.
Adesso che il tormentato rapporto tra Movimento 5 Stelle e Davide Casaleggio si è concluso dopo il mancato accordo sul pagamento da 450.000 richiesto da Casaleggio, si apre la questione di che forma organizzativa si doterà la formazione fondata da Beppe Grillo.
L’ex premier Giuseppe Conte, leader in pectore, punta a un evento a maggio in cui, oltre alla sua elezione ufficiale come capo politico, il movimento si dovrebbe dotare di nuove regole e una nuova carta di valori.
Conte ha affermato che il Movimento «deve garantire ai propri iscritti e a tutti i cittadini che la 'gestione tecnica' della piattaforma digitale e di tutti i servizi connessi sia assolutamente distinta dalla ‘direzione politica’». Un riferimento al modo in cui Casaleggio, da gestore di servizi ha spesso interferito con la linea politica del movimento.
La sfida per Conte è ardua, perché da un lato deve districare la matassa organizzativa del Movimento Cinque stelle esistente; dall’altro inventare una struttura organizzativa diversa.
La questione dati
Uno scoglio immediato è il controllo dei dati del partito. L’Associazione Rousseau ha in mano il database di quasi 200.000 iscritti verificati del Movimento, di cui circa 110.000 hanno diritto di voto. Conte ha chiesto che venga il database venga consegnato al Movimento, ma Rousseau considera quei dati come di sua proprietà.
Non è neanche chiaro dove dovrebbe avvenire la votazione in occasione della nuova assemblea. Casaleggio e Movimento starebbero cercando di arrivare a un accordo economico per permettere di svolgere questa consultazione su Rousseau. Se così non fosse i Cinque stelle si troverebbero costretti a trovare subito una nuova piattaforma.
Tuttavia il problema per i Cinque stelle non è tanto trovare un’altra piattaforma. Di piattaforme partecipative c’è l’imbarazzo della scelta, e molte di esse sono open-source come Decidim sviluppato dal comune di Barcellona e Consul prodotto da quello di Madrid. I costi di gestione del servizio usando tali piattaforme sarebbero probabilmente più contenuti rispetto a quelli pretesi da Casaleggio.
Secondo quanto riportato da Repubblica, la bozza di contratto di gestione della piattaforma Rousseau prevedeva un costo annuale di 1,2 milioni l'anno.
Il vantaggio principale per il 5 stelle sarebbe di non dovere più subire interferenze politiche da parte del gestore di servizi (Casaleggio): un’anomalia dei Cinque stelle rispetto alle altre formazioni che a livello internazionale utilizzano piattaforme partecipative.
La vera sfida
La vera sfida per i Cinque stelle piuttosto è come ripensare il processo democratico, e conciliare la spinta per la democrazia diretta che fa parte del loro Dna, con pluralismo interno e solidità organizzativa.
La scienziata politica Susan Scarrow individua tre assi per valutare la democrazia dentro un partito: inclusione, centralizzazione and istituzionalizzazione.
I partiti democratici permettono agli iscritti di partecipare sia alle decisioni che alla formulazione delle questioni, hanno diversi spazi di decisione e procedure chiare e istituzionalizzate.
La democrazia plebiscitaria perseguita finora dal Movimento Cinque stelle ha almeno in teoria un alto grado di inclusione: tutti gli iscritti possono partecipare a decisioni dirimenti; ad esempio la partecipazione a una coalizione di governo. Ma questa inclusione è circoscritta al momento finale della decisione. La formulazione dei quesiti rimane in mano alla leadership del partito e non ci sono spazi istituzionalizzati di discussione prima di votare.
Se il Movimento 5 Stelle vuole darsi una forma organizzativa credibile, deve provare a immaginare un nuovo processo decisionale: in cui sia chiaro quali sono le responsabilità e le deleghe degli organi interni; in cui la competizione e il conflitto interno non vengano visti solo come un problema ma anche come una risorsa; e in cui agli iscritti vengano garantiti spazi, necessariamente limitati, ma effettivi, di intervento sulle decisioni.
L’utopia della democrazia diretta sognata da Casaleggio si è trasformata di fatto in una democrazia di tipo plebiscitario con referendum interni dal risultato scontato.
Per trasformare il Movimento 5 Stelle in una formazione veramente democratica è necessario che il movimento non riduca la democrazia interna al solo meccanismo referendario; ma crei spazi di discussione e decisione con regole chiare e capaci di garantire pluralismo interno senza il quale non ci può essere autentica unità organizzativa.
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