- Le elezioni amministrative sono state caratterizzate da vittorie dei candidati di centrosinistra in alcune importanti città metropolitane.
- Questo risultato non deve far dimenticare una tendenza molto diffusa, non solo in Italia: le formazioni progressiste hanno risultati migliori nelle grandi città, ma il loro rendimento decresce nelle periferie e nei centri medio-piccoli.
- Resta poi da affrontare completamente il difficilissimo rapporto fra le forze progressiste e il Nordest del Paese.
Leggendo le prime pagine dei quotidiani sembra di essere al cospetto di una svolta epocale: sorte dei “sovranisti” segnata, nuovo vigore per il centrosinistra. Si tratta di riflessi in parte comprensibili: le intenzioni di voto degli ultimi mesi segnalavano un predominio indiscusso del centrodestra. Invece, la tornata elettorale di domenica e lunedì ha evidenziato un segno opposto: segnate da un’astensione crescente (e molto preoccupante), le elezioni hanno premiato il centrosinistra. A Milano, dove Giuseppe Sala stravince al primo turno (57,7 per cento), ma anche a Bologna e Napoli, dove il centrosinistra si presentava alleato del Movimento Cinque Stelle. Pure laddove la situazione è più ingarbugliata, come a Roma e Torino, i ballottaggi lasciano buone speranze ai candidati progressisti.
In virtù di questi risultati, il clima che si respira in particolare in casa Pd appare rassicurante: le speranze di poter ridiventare competitivo anche nelle prossime occasioni elettorali sembrano farsi meno aleatorie, rispetto al più recente passato.
Tuttavia, tutto dovrebbe fare il centrosinistra tranne che cullarsi sugli allori delle amministrative, una sorta di auto-inganno. Se il voto cittadino conferma infatti la capacità delle liste di sinistra di rimanere (o restare) favorite, più grandi sono le città più è facile per loro essere egemoni, sia in Italia sia negli altri paesi occidentali, non è così quando andiamo a verificare il loro rendimento a livello nazionale, dove appunto i residenti nelle grandi città rappresentano una porzione minoritaria della popolazione elettorale.
La periferia è a destra
Nelle periferie e nei centri medio-piccoli, la scelta prevalente dei cittadini tende a premiare il centro-destra. È qualcosa di simile a quanto accade nelle elezioni presidenziali americane dell’ultimo decennio: le città, soprattutto quelle più popolose, votano Democratico, mentre tutto il resto del paese vota Repubblicano.
Il territorio degli Stati Uniti è sostanzialmente tutto a maggioranza “rossa” (il colore dei Repubblicani), con molti puntini “blu” (il colore dei Democratici), che corrispondono ai grandi agglomerati urbani. Paiono, queste città, come assediate dagli antichi “pellerossa” che popolano il resto di ciascuno degli Stati, e tentano l’assalto ai fortini Democratici.
In Italia la situazione non è esattamente la stessa. Permangono ancora (ma sempre meno) aree di tradizione di sinistra dove la differenza in termini di voto con la destra è sensibile, ma poco alla volta le roccaforti della sinistra tendono a ritirarsi, trincerandosi all’interno delle mura delle metropoli, lasciando spazio e consensi ai suoi avversari negli altri territori periferici.
Così oggi, se si votasse su tutto il territorio nazionale, composto da migliaia di comuni piccoli o intermedi, la destra (o il centrodestra) rimarrebbe maggioritaria, rafforzandosi addirittura in alcune aree.
Infatti, nell’Italia nordorientale questo appuntamento elettorale si è rivelato amaro per il centrosinistra. Il ballottaggio di Trieste vede partire in vantaggio il sindaco uscente di centrodestra Dipiazza (46,9 per cento) contro il candidato di centrosinistra Russo, fermo al 31,6 per cento (ma notevole risulta la corsa del candidato di sinistra Laterza, con l’8,6 per cento) e Pordenone è stata subito assegnata al centrodestra con il 65,4 per cento.
In Veneto il centrodestra si afferma in tutti i comuni sopra i 15.000 abitanti: a Cittadella ed Albignasego, in provincia di Padova, raggiungendo percentuali impressionanti (rispettivamente 79,2 e 79,4), espugnando Chioggia e riuscendo pure, laddove si divide, come a Conegliano, ad escludere comunque il centrosinistra dal ballottaggio.
Ma anche uscendo dal Veneto a trazione leghista di Luca Zaia, sono numerosi i comuni “superiori” dove il centro-destra ha vinto (o stravinto) già al primo turno, con la Lega protagonista: in Piemonte (Novara, con il 70 per cento, e Domodossola), in gran parte dell’hinterland milanese (Gallarate, Busto Arsizio, San Giuliano Milanese, Treviglio, Limbiate), con punte anche nel centro-nord, come a Grosseto.
Insomma, il centrosinistra ha ragione di sorridere dopo le ultime elezioni amministrative, ma deve sempre ricordare che le politiche costituiranno una sfida profondamente differente, in cui sarà necessario cercare di recuperare voti nelle molte Cittadella e Limbiate di cui si compone il nostro Paese. Un compito non certo facile per Letta e il Pd.
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