- Da qualsiasi angolo la si guarda la ‘crisi delle pompe di benzina’ in Gran Bretagna è grottesca e allo stesso tempo rivelatrice.
- La carenza di camionisti, che da mesi ha ridotto le consegne di prodotti alimentari a supermercati e ristoranti in tutto il Regno Unito, ora ha colpito i distributori di benzina. Il riflettore è puntato sulle pompe, ma quello che scarseggia sono i lavoratori, e nello specifico gli autotrasportatori.
- Ognuno può scegliere la causa che preferisce. Di certo questa è la tempesta perfetta.
Da qualsiasi angolo la si guarda quello che sta accadendo nel Regno Unito con la ‘crisi delle pompe di benzina’ è grottesca e allo stesso tempo rivelatrice. La stampa e le tv inglesi da giorni stazionano davanti ai distributori di benzina, intervistando automobilisti scoraggiati perché non riescono a fare il pieno, autotrasportatori rassegnati a non riuscire a ultimare le consegne, benzinai increduli di essere al centro di una crisi nazionale.
La carenza di camionisti, che da mesi ha ridotto le consegne di prodotti alimentari a supermercati e ristoranti in tutto il Regno Unito, ora ha colpito i distributori di benzina. Il riflettore è puntato sulle pompe, ma quello che scarseggia sono i lavoratori, e nello specifico gli autotrasportatori. E quanto la crisi sia politica, e non solo di natura infrastrutturale e organizzativa, è chiaro dalle inutili dichiarazioni del governo che invitano la popolazione a non alimentare il panico correndo a riempire il serbatoio ma, allo stesso tempo, incoraggia le voci che assicurano che l’esercito è pronto ad intervenire e sostituirsi ai civili.
L’ospedale dell’University College, il più grande di Londra, è stato costretto, ancora una volta dopo lo stop imposto dalla pandemia, a posticipare una serie di operazioni e interventi minori già calendarizzati. Non fosse per storie così, le immagini di un paese ricco e tronfio in fila per far benzina potrebbero anche essere divertenti. Una sorta di nemesi dopo la tanto esaltata e presunta libertà ritrovata dall’aver lasciato l’Unione Europea.
Colpa del Covid, ormai scusa omnicomprensiva per qualsiasi problema? Conseguenza mal calcolata della fine della libertà europea di movimento di merci e persone? Ennesima responsabilità involontaria della Brexit? Il primo effetto della fine dello sfruttamento dell’immigrazione? della globalizzazione? La solita incompetenza di un governo guidato dai conservatori? Ognuno può scegliere la causa che preferisce. Di certo questa è la tempesta perfetta.
Gli effetti della benzina
Il primo effetto politico diretto della “crisi delle pompe di benzina” è la concessione da parte del governo di ‘ben’ (!) cinquemila permessi di lavoro speciali per autotrasportatori validi fino a Natale (2021) nella speranza così di far “rientrare” almeno una parte di quei lavoratori che un po’ per la pandemia e, soprattutto, per la Brexit se ne son tornati nei paesi di origine dell’Unione Europea. Quanto avrà effetto questa temporanea reintegrazione della libertà di movimento lo vedremo.
A fronte di una situazione grave, questi numeri sembrano però ridicoli, di certo non risolutivi e soprattutto arrivano in estremo ritardo. Salveranno il Natale? Forse, ma non risolveranno la mancanza endemica di forza lavoro nel Regno Unito: camerieri, cuochi, infermieri, lavoratori nel comparto dell’assistenza, insegnanti, muratori, idraulici, almeno stando alle statistiche più recenti. E questo ci porta – nuovamente – a interrogarci sulla vera natura del referendum sulla Brexit.
Verrebbe infatti quasi da chiedersi se chi era a favore dell’uscita dall’Ue durante la campagna referendaria, fosse in realtà soltanto indottrinato da becera propaganda xenofoba. Ma questo è un altro discorso. Ora molto più semplicemente manca la benzina
Johnson rischia
La crisi delle pompe di benzina è solo l’inizio. Fra i gruppi Whatsapp e i social media di chi ha continuato a professarsi pro-Europa gira negli ultimi giorni un meme: una grande ciotola di popcorn, pronta per tutti coloro che attendono di veder rotolare la testa di Boris Johnson. Un distributore di benzina ha esposto un cartello intimando a chi avesse votato a favore della Brexit al referendum di mettersi in coda alla fila per il rifornimento.
Le cose stanno cambiando. E molto più velocemente di quello che ci si potesse aspettare. I sondaggi lo registrano da mesi: la Brexit non sembra piu’ quella grande opportunità ma anzi un freno alla ripresa post-Covid. Di certo rimarrà lo spartiacque della politica britannica.
Del resto, se dopo soltanto 9 mesi il governo di Johnson ha aperto ai trasportatori europei, nel giro di qualche altro mese e se la crisi continuerà ad accelerare con la stessa insistenza, gli stessi duri e puri favore dell’allontanamento dall’Europa cederanno molto facilmente su altri comparti.
Cosa resterà dunque del miraggio di una Gran Bretagna fuori dall’Europa? Probabilmente molto poco. Probabilmente quello che da sempre avrebbe dovuto essere: una allucinazione. Quello che rimane da chiedersi però è quanto ne valesse la pena.
Ci sarà un sacco di tempo per rifletterci dopo Natale, quando i supermercati e le pompe di benzina saranno completamente vuoti. Speriamo di riuscire a trovare i popcorn.
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