È sempre un'operazione edificante, oltre che costruttiva, cercare di voltare il cannocchiale. Vedere le cose da un punto di vista opposto. Quanto non sta facendo l'occidente nei confronti della riunione a Kazan, in Russia, dei cosiddetti Brics.

La forza di metà pianeta

Nel disinteresse pressoché generale di chi ha una visione atlantico-centrica del mondo, perché contano solo le elezioni americane, e in particolare nel disinteresse italiano dove si discute esclusivamente di come limitare il potere dei giudici o di glorificare i due anni del governo Meloni, da ieri sino a domani si sono messi attorno a un tavolo trentadue Paesi che, sommati, rappresentano la metà della popolazione del pianeta e il 37 per cento del Pil globale, più del G7 per fare un paragone.

Brics è l'acronimo che definisce solo i fondatori (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) a cui si sono aggiunti Egitto, Emirati Arabi, Etiopia e Iran, mentre bussano per entrare Turchia, Siria, Myanmar, Bangladesh, Nigeria, Bolivia, sulla porta in attesa di decidere c'è l'Arabia Saudita, altri sono stati invitati come osservatori. Una fetta corposa dell'est e del sud del globo.

Ci sarà anche il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres per questo aspramente criticato da Volodimir Zelensky, come se non rientrasse nei suoi compiti dialogare con tanta parte di mondo.

Sarebbe riduttivo bollare il summit come la volontà di Vladimir Putin di uscire dall'isolamento e di costruire un nuovo ordine mondiale. È uno scopo, ovviamente, non il solo. Nonostante l'anima più nera di Russia, il suo servo sciocco Dmitri Medvedev, le abbia indicate come priorità assoluta.

Lo ha fatto citando un poeta russo dell'Ottocento: «L'unica vera politica russa verso i Paesi occidentali non è un'alleanza con una o l'altra di queste potenze, ma disunione, separazione da esse». E ha chiosato: «Solo distanziandosi dall'occidente la Russia può evitare l'ostilità occidentale. L'antagonismo dell'occidente verso di noi si assopirà solo per impotenza, mai per convinzione. Purtroppo nulla è cambiato rispetto a 160 anni fa, i compiti rimangono gli stessi, il massimo indebolimento e umiliazione dell'occidente, Europa inclusa».

Quindi il finale in crescendo: «Gli Stati Uniti ci stanno aiutando in questa impresa perché il loro progetto è dominare il Vecchio Continente. E dunque può esserci un obiettivo solo, il crollo degli stessi Stati Uniti o almeno la creazione di un contrappeso all'America come lo erano l'Unione Sovietica e il Patto di Varsavia».

Liberarsi dal dollaro

Sarebbe riduttivo, dicevamo, liquidare la riunione di Kazan sottolineando solo gli aspetti geopolitici che interessano al Cremlino. C'è assai di più e riguarda l'economia. Non è un mistero che da qualche anno i Brics si siano messi in testa di creare una moneta comune, nome provvisorio R5, per contrastare lo strapotere del dollaro e stravolgere gli equilibri che si basano sul biglietto verde.

Già ora, ad esempio, gli scambi commerciali tra la Russia e l'Iran si pagano al 60 per cento in rubli e in rial. A causa delle sanzioni i due Paesi sono stati esclusi dal sistema di pagamenti internazionali Swift e dunque cercano di arrangiarsi diversamente.

Anche alcuni Stati sudamericani, in primis il Brasile, sono favorevoli alla creazione di una nuova moneta comune internazionale. Lo stesso presidente Lula (che non sarà in Russia per un problema di salute) ha recentemente confidato: «Non riesco a dormire la notte, non riesco a spiegarmi perché debba esistere questo dominio del dollaro».

Gli ostacoli da superare non sono pochi e francamente parecchio complicati, ne sappiamo qualcosa anche noi con l'euro che pure ha raccolto sistemi assai più simili. C'è da creare un unico centro di emissione, una banca Centrale che fissi un tasso di sconto comune, definire la possibilità per gli Stati membri di chiedere prestiti alla banca Centrale. E non c'è dubbio che la Cina aumenterebbe ulteriormente il suo potere visto che si trova già in una posizione dominante rispetto agli eventuali partner.

A Kazan si parlerà soprattutto di questo nuovo circuito economico-finanziario alternativo rispetto a quello tradizionale. Cercando di appianare le divergenze che esistono anche sul piano geopolitico.

Anzitutto quelle tra Pechino e Nuova Delhi, nonostante i progressi segnati con la progressiva demilitarizzazione del confine. Per continuare con l'ostilità verso il possibile ingresso nella compagnia di un partner scomodo come la Corea del Nord, diventata interlocutore assiduo del Cremlino.

Senza contare che il Brasile, l'Arabia Saudita, la stessa Turchia di Erdogan, sempre in bilico tra opposti schieramenti, sono contrari a una contrapposizione radicale con l'occidente. Comunque sia un processo è in atto e sarebbe una colpa valutarlo con sufficienza.

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