Primo, se il centro-sinistra è unito, e non si perde in polemiche miopi, è perfettamente in grado di contendere alle destre anche la vittoria nazionale, il governo dell’Italia. Secondo, l’alta astensione, segnala ormai una consolidata mancanza di fiducia verso la capacità della politica di risolvere i problemi dei cittadini. Non andrebbero separati ma vanno tenuti insieme perché indicano alle forze di opposizione la possibilità e la via per ribaltare gli equilibri politici nazionali
Dalle elezioni regionali arrivano due messaggi chiari. Primo, se il centro-sinistra è unito, e non si perde in polemiche miopi, è perfettamente in grado di contendere alle destre anche la vittoria nazionale, il governo dell’Italia.
Secondo, l’alta astensione, intorno al 50 per cento (più bassa in Emilia-Romagna, dove l’esito era scontato; più alta in Umbria dove la partita era sul filo), segnala ormai una consolidata mancanza di fiducia verso la capacità della politica di risolvere i problemi dei cittadini.
Questi due messaggi, uno positivo e uno negativo dal mio punto di vista, non andrebbero separati ma vanno tenuti insieme: perché indicano alle forze di opposizione la possibilità e la via per ribaltare gli equilibri politici nazionali. Vale anche per il voto ligure, tre settimane fa, che anzi è in questo esemplare: Andrea Orlando ha perso di un soffio contro il centro-destra, perché azzoppato dalle divisioni interne alla coalizione (o meglio, dal vero e proprio caos ligure del Movimento 5 stelle) che hanno scoraggiato gli elettori di quella forza dall’andare al votare, mantenendo l’astensione sopra il 50 per cento e regalando alla fine la vittoria alle destre, pure in presenza di un suo conclamato malgoverno.
Divisi di perde
Le divisioni interne, quindi, possono fare perdere tutti. È la famosa legge della stupidità di Cipolla: chi è stupido fa un danno agli altri e anche a sé stesso. Se entriamo un po’ più nel merito dei risultati, ne troviamo piena conferma.
Le due forze più unitarie sono state il Pd e Alleanza Verdi Sinistra: sono quelle che hanno avuto i risultati migliori. Già in Liguria Orlando, su una linea nettamente di sinistra, ha portato il suo partito a un risultato storico per quella regione; facendo ben sperare su dove potrebbe arrivare il Pd anche a livello nazionale, guidato da Elly Schlein.
Anche dal voto dell’Emilia-Romagna proviene questa indicazione: la principale roccaforte è Bologna (oltre a Ravenna, la provincia di de Pascale), sia come percentuale di elettori che come voto al Pd: ed è proprio lì che quel partito si caratterizza per una linea, e per un’amministrazione, più a sinistra rispetto ad altri territori (Matteo Lepore, fra l’altro, è stato l’unico importante sindaco italiano, in tutta Italia, a schierarsi a favore di Schlein nella partita congressuale).
Al contempo, sia in Emilia-Romagna sia a Bologna il Pd ha sempre lavorato per la più ampia coalizione possibile e per la massima unità interna (quella fra Bonaccini e Schlein, per esempio; o quella che incarna de Pascale, fra Errani e Bonaccini).
Il Pd non basta
Attenzione, però: tutto questo non basta ad assicurare di per sé la vittoria, salvo che nelle aree dove si è forti. Il Pd, anche finalmente di sinistra, e unitario, da solo potrebbe non bastare. Perché la vittoria diventi realtà, è necessario che anche gli alleati facciano la loro parte.
Due in particolare. Il Movimento 5 stelle, che deve assolutamente ritrovare una collocazione stabile nel campo progressista per svolgere, quindi, una funzione fondamentale: incidere nell’area dell’astensione, dove ha storicamente più presa e più vi sono suoi simpatizzanti ed ex elettori; con beneficio suo e di tutta la coalizione.
Secondo, i centristi. È necessario che questa gamba della coalizione sia effettivamente utile alla vittoria: trovando un assetto che metta effettivamente in secondo piano le figure divisive (per gli elettori, effettivi e potenziali), magari valorizzando personalità nuove, a un tempo caratterizzanti e più unitarie, come Beppe Sala.
Tutto questo è possibile e, proprio perché a quel punto anche la vittoria potrebbe diventare realtà, deve essere fatto. Dopo l’affermazione di Trump, il rischio che l’Italia scivoli in una deriva illiberale è enormemente aumentato: Meloni è organica a quel nuovo, fortissimo, sistema di potere. Ma queste elezioni amministrative mostrano che, in condizioni di competizione libera e informata, la partita in Italia è ancora aperta. Le prossime elezioni politiche saranno ancora, probabilmente, una competizione libera e informata e proprio per questo l’opportunità, questa volta, non può essere sprecata da nessuno. La responsabilità di fronte alla storia è enorme e tutte le forze di opposizione, a differenza che in passato, devono farsene carico.
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