- In tutta la vicenda non è ravvisabile alcun reato perché i due erano maggiorenni e consenzienti, per cui la diffusione di tutti questi dettagli è roba da buco della serratura ampliato con un trapano a punta larga
- Una professionista di 50 anni potrebbe evitare di buttarsi in situazioni imbarazzanti e ricordare che rappresenta l’autorità per gli studenti e la pubblica amministrazione per il ministero dell’Istruzione, ma resta il fatto che le modalità con cui è stata raccontata questa storia sono disgustose e sbilanciate.
- Insomma, non si capisce bene perché il ragazzo, sui giornali, sia tutelato come se fosse stato vittima di violenze fisiche o psicologiche e la preside meriti la gogna come se avesse costretto qualcuno a intrattenere una relazione con lei.
Verrà un giorno in cui dovremo chiedere scusa a Barbara D’Urso, perché troppo spesso i giornali riescono a fare peggio di lei, senza neppure l’alibi dell’intrattenimento. Da un paio di giorni, forse perché i bombardamenti sono un po’ meno intensi del solito e c’è meno sangue nelle foto dei reportage di guerra, i cronisti si sono buttati con morboso accanimento sul caso della ragazza uccisa e fatta a pezzi dal vicino e sulla vicenda pruriginosa della relazione tra preside e alunno.
Nel primo caso, al netto della ricerca spasmodica di particolari torbidi sulla vita sessuale e lavorativa della vittima, perlomeno si trattava di un fatto di cronaca con un delitto efferato e un assassino.
Nel secondo caso, quello avvenuto a scuola, si parlava di una fugace relazione tra due maggiorenni, trattata però come una commediola sexy anni Settanta. Solo che la Gloria Guida della situazione non è un’attrice ma una donna con un marito a casa, una reputazione triturata e la sua faccia più presente di quella di Putin sui giornali.
Soltanto una breve storia
Sabrina Quaresima, 50 anni, dirigente scolastica del liceo Montale di Roma, avrebbe avuto una breve storia con un alunno del suo liceo. Si erano conosciuti durante un’occupazione, era iniziata una corrispondenza via mail e Whatsapp.
Si erano visti una volta o due e avevano avuto un rapporto intimo, racconta il ragazzo. Poi lui aveva troncato, lei seguitava a mandargli qualche messaggio laconico, lui infine ha denunciato la vicenda alla scuola.
Mentre l’Ufficio scolastico regionale del Lazio sta indagando sui fatti, i giornali (in particolare Repubblica) pubblicano chat private tra i due, i contenuti di audio e pettegolezzi di amici di lui con specificato “in esclusiva” o “siamo in grado di ripercorrere il canovaccio del gioco erotico clandestino intrattenuto da Sabrina Quaresima con il giovane che provava a lasciarla”.
Una breve relazione sentimentale definita chissà perché “gioco erotico”. Il nome, il cognome della donna, la sua foto sbattuti sui giornali.
Lui, il diciannovenne, definito «il giovane», citato con le iniziali o addirittura con nomi di fantasia. «È un ragazzo alto, biondo, occhi chiari», si specifica in un articolo in cui il nome non si fa, ma al massimo si diffonde l’identikit come per gli scippatori sulla metro. Il messaggio è chiaro: lei è la responsabile, la seduttrice, la provocatrice. Lui, il povero ragazzetto in balia dell’adulta in cerca di una giovane preda sessuale.
Ora, premesso che in tutta la vicenda non è ravvisabile alcun reato perché i due erano maggiorenni e consenzienti, per cui la diffusione di tutti questi dettagli è roba da buco della serratura ampliato con un trapano a punta larga; premesso anche che una professionista di 50 anni potrebbe evitare di buttarsi in situazioni imbarazzanti e ricordare che rappresenta l’autorità per gli studenti e la pubblica amministrazione per il ministero dell’Istruzione, le modalità con cui è stata raccontata questa storia sono disgustose e sbilanciate.
Il ragazzo - almeno da quello che è emerso fino ad ora - non sembra esattamente né un ingenuo né uno sprovveduto. E di sicuro, dalle conversazioni, non sembra neppure così manipolato e sottomesso.
E’ capo-istituto, occupa la scuola, è uno studente modello. Quando lei lo invita a vedersi si catapulta «ai 130 km orari», racconta. Non nasconde affatto la relazione, ma è ben contento di far sapere tutto agli amici, diffonde le chat (almeno questo è quello che riferiscono gli amici), le stesse chat che vengono poi mostrate ai giornalisti.
Nell’istituto la storia finisce sulla bocca di tutti perché lui ha spifferato quello che è accaduto, non certo perché lo ha spifferato lei. Insomma, più che un ragazzo preoccupato, sembrerebbe un ragazzo che se la canta.
Tanto più che alcuni dettagli emersi, per esempio il fatto che mentre avevano un rapporto in macchina il marito di lei la chiamava sul telefonino, sembrano più gossip di bassa lega da condividere in maniera goliardica con gli amici, che confidenza addolorate a una persona fidata.
Infine, c’è la storia di questo audio che sembrerebbe più una conversazione registrata all’insaputa di uno dei due (chissà di chi…), un audio in cui lui dice che vuole troncare e lei sembra dispiaciuta.
Nulla di che per la verità, ma anche qui c’è il dettaglio pruriginoso di lui che si lamenta perché la preside l’ha definito toy boy, figuriamoci se non andava riferito.
Insomma, non si capisce bene perché il ragazzo, sui giornali, sia tutelato come se fosse stato vittima di violenze fisiche o psicologiche e la preside meriti la gogna come se avesse costretto qualcuno a intrattenere una relazione con lei.
Addirittura, tanto per rafforzare l’idea che uno dei due fosse un bambino circuito, è stato scritto che i due hanno avuto «un rapporto sessuale consumato nel chiuso di un'auto come accade tra amanti adulti». A dire il vero gli adulti di solito hanno una casa e i ragazzi fanno l’amore in macchina, ma non è neppure questo il punto.
E Macron allora?
Il punto è che questa narrazione pruriginosa e sbilanciata ai danni della protagonista della vicenda, una narrazione che travolge come un bulldozer la vita professionale e familiare di Sabrina Quaresima e protegge il ragazzo troppo giovane per una relazione con una adulta ma abbastanza adulto da vantarsene con gli amici, è figlia di una tentazione irresistibile: quella della semplificazione.
Il premier francese Emmanuel Macron ha sposato la sua professoressa, Brigitte, di cui si innamorò a 16 anni. L’immunologa Antonella Viola ha sposato in prime nozze un suo professore del liceo, conosciuto quando aveva 18 anni. La giornalista Maruska Albertazzi ha commentato: «Grande scandalo e gogna mediatica per una preside che ha una relazione con uno studente di 18 anni. Poi inizia l’università e la studentessa di 19 che si fidanza col prof cinquantenne è la norma e sono due adulti consenzienti. Io sono stata una di quelle studentesse anche se di anni ne avevo 20 e l’esame in questione l’avevo già passato».
Io stessa, a 18 anni, ho avuto un debole per un mio professore del liceo e se non fosse che per lui ero trasparente quanto l’ampia vetrata dell’aula che dava sulla campagna, chissà.
Insomma, prima di semplificare e creare il mostro del giorno, bisognerebbe ricordare che le relazioni tra maggiorenni, anche quando l’anagrafe è così sbilanciata, hanno un loro peso, una loro bilancia e una loro unità di misura. E ridurre tutto a “lei lo provocava, lui poverino non sapeva come uscirne”, è talvolta una semplificazione da bar. Sciatta e mortificante per tutti, perfino per il lettore.
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