- L’attacco con la vernice contro il Senato ha avuto il grande merito di far capire che il nodo dello scontro in atto sul clima è l’assenza di qualsiasi scelta capace di fermare l’emergenza.
- Il governo Meloni parla di ambiente ma punta ad aumentare le emissioni di gas serra con nuove autostrade, incentivi per auto diesel e a benzina, caldaie a gas, più tubi, trivellazioni e rigassificatori. Ma l’opposizione a questo disastro climatico non esiste.
- Cosa possono fare i ragazzi se non protestare e provare a farsi sentire? Spetta ai partiti trovare le risposte ai problemi, scegliere tra gli interessi e mettere in linea il nostro Paese con l’Europa e con scelte che fanno bene all’economia e all’ambiente.
La vernice lanciata contro il muro del Senato ha avuto il grande merito di spazzare via il velo di ipocrisia che da troppo tempo caratterizzava i commenti sulle manifestazioni dei giovani ecologisti. La novità insopportabile di questa protesta, la ragione del livore di tanti commenti letti in questi giorni, non è nelle forme dell’attacco ai palazzi del potere – già ripuliti, si trattava di vernici lavabili –, quanto nel fatto che questi ingenui contestatori chiedano risposte subito. Che non si accontentano di promesse o di qualche intervento del Pnrr. Sta qui il nodo dello scontro che è bene che venga fuori, ossia della risposta alla drammatica crisi climatica che non riesce a entrare nell’agenda politica. Ed è per questo che si punta a trattarli come terroristi e ignoranti criminali, per evitare che qualcuno li ascolti. Possiamo solo augurarci che le proteste non si fermino e che trovino nuove forme provocatorie, visibili e pacifiche per smuovere le acque.
Da Greta in poi
Del resto, da quel 20 agosto 2018 in cui Greta Thunberg cominciava il suo sciopero per il clima, è cambiata la consapevolezza tra le persone di quanto sia pericolosa la crisi climatica che stiamo vivendo, ma in Italia nulla è ancora accaduto che dimostri che ad una situazione di emergenza si intende rispondere con scelte in netta discontinuità.
Di sicuro non si può chiedere a questi ragazzi buonsenso e calma quando ogni anno, stagione o mese si conferma il più caldo da quando si fanno monitoraggi. La nuova destra di governo non ha scelto l’ambiente come bersaglio, come ai tempi di Berlusconi, ma tutte le azioni fino a ora messe in campo fuori dai binari del Pnrr vanno nella direzione di aumentare le emissioni di gas serra.
Dall’impegno che sta mettendo Matteo Salvini nel finanziare nuove autostrade alla conferma degli incentivi per le auto diesel e a benzina, per le caldaie a gas, e poi più tubi, trivellazioni e rigassificatori.
Ma l’opposizione non è da meno, e su ognuno di questi temi è difficile trovare una qualche presa di distanza da parte del Pd mentre Carlo Calenda e Matteo Renzi chiedono di fare di più e in fretta. I Cinque stelle, come i Verdi ai tempi di Pecoraro Scanio, dopo una pessima gestione di questi dossier quando governavano il ministero dell’Ambiente, hanno perso slancio e credibilità.
Parole e fatti
Cosa possono fare i ragazzi se non protestare e provare a farsi sentire? Ad altri spetta trovare soluzioni, contemperare gli interessi, definire programmi. Per questo risultano insopportabili i commenti di chi gli chiede di trovare proposte ragionevoli e di studiare, lasciando perdere queste forme di protesta.
Per non parlare dello spazio affidato a chi non vuole mai cambiare nulla e quindi evidenzia le contraddizioni anche degli altri Paesi nelle scelte green. Nessuno ha la bacchetta magica, ma i nuovi rigassificatori galleggianti proposti in Germania del ministro dell’economia Verde Robert Habeck è coerente con gli obiettivi di decarbonizzazione fissati dal governo.
Nel 2022 le rinnovabili hanno coperto il 49 per cento dei consumi elettrici, mentre noi siamo inchiodati da dieci anni al 35 per cento, e si punta ad arrivare all’80 per cento al 2030, per chiudere il carbone e ridurre progressivamente i consumi di gas.
Per non parlare dei risultati raggiunti in Spagna e Portogallo nel solare e nell’eolico e di quanto aiutino nell’avere prezzi dell’energia più bassi che da noi. Ovunque le scelte sono difficili, in particolare quando si ha a che fare con grandi gruppi industriali, ma non si è succubi come da noi di fronte alle richieste di Eni, WeBuild e Stellantis.
Queste esperienze insegnano che se dovesse nascere un nuovo soggetto politico ecologista in Italia, le parole chiave su cui puntare per convincere i ragazzi dei Fridays come i tanti attori della green economy sono radicalità e pragmatismo.
Radicalità perché solo dentro una chiara prospettiva di decarbonizzazione diventa possibile valutare le scelte che si prendono ogni giorno. Pragmatismo, perché si deve partire dai settori e dalle soluzioni tecnologiche che sono più accessibili e meno costose.
Da noi passa sicuramente per l’eliminazione del gas negli edifici, perché permette di far risparmiare le famiglie e di creare lavoro nella riqualificazione energetica, nell’industria delle pompe di calore, nella solarizzazione dei tetti. E poi per la riduzione del numero di auto in circolazione e dei consumi di benzina e gasolio.
Anche qui le soluzioni le conosciamo, passano per città dove sia semplice muoversi sui mezzi pubblici, in sharing, in bici e a piedi, accelerando l’elettrificazione dei mezzi in circolazione. Ci sono migliaia di imprese pronte a investire in questa direzione e un mondo da ricostruire, dove chi si candida può guardare in faccia elettori giovani e meno giovani con la promessa che porterebbe a una drastica riduzione delle bollette.
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