- La politica del governo Meloni va in tutt’altra direzione e farà del regionalismo differenziato un fatto compiuto a partire dalla scuola.
- la regionalizzazione degli stipendi dividerà il corpo docente del paese e indebolirà il sindacato, poiché chi insegna al Nord sarà molto meno solidale con i problemi di chi insegna al Sud.
- Signori, la disunione d’Italia è servita.
Fatta l’Italia si facciano gli italiani, disse Massimo d’Azeglio. La scuola pubblica servì anche a questo.
La politica del governo Meloni va in tutt’altra direzione e farà del regionalismo differenziato un fatto compiuto a partire dalla scuola.
In un’intervista televisiva, il ministro dell’Istruzione e del Merito ha detto che la diversa condizione di vita nelle regioni non può non riflettersi sulla busta paga dei docenti.
La proposta è che gli insegnanti abbiano uno stipendio minimo uguale dalle Alpi alla Sicilia, che potrà però essere integrato regionalmente grazie agli interventi dei privati.
Un tempo c’era la “scala mobile” che legava i salari all’andamento dei prezzi.
La destra lancia una “scala mobile regionale” che se attuata determinerà di fatto la diseguaglianza di trattamento tra dipendenti pubblici.
La proposta del ministro mira a integrare la normativa (in vigore dal 2015) che prevede un fondo per la valorizzazione del merito del personale docente, per cui ogni anno il dirigente scolastico assegna i fondi ai docenti sulla base di criteri stabiliti dal Comitato di valutazione.
I nuovi provvedimenti del governo riconfermano questo “bonus individuale” di natura economica da corrispondere ai docenti tenendo conto, in primo luogo della continuità didattica (privilegiando chi non chiede trasferimenti) e poi del successo educativo.
A questo sistema di differenziazione stipendiaria con “bonus” per “merito”, il ministro propone di aggiungere qualcos’altro (ma l’idea fu lanciata già dal governo Renzi): aprire le porte ai privati per nuove forme di finanziamento agli istituti scolastici.
Dopo aver aumentato i finanziamenti alle scuole private parificate, lo Stato va a caccia di finanziatori privati per le proprie scuole.
L’ingresso dei soldi privati significherà che molte aziende saranno disposte a finanziare certi istituti e solo in alcuni territori con buona pace delle scuole situate in contesti socio-economici più fragili e di scuole non funzionali agli interessi delle aziende.
Perché c’è bisogno di risorse private? Per coprire l’integrazione regionale degli stipendi.
Ecco squadernata la produzione di diseguaglianza per mezzo di diseguaglianza: con il “bonus individuale” si premiano gli insegnanti che non chiedono trasferimenti favorendo quindi una graduale omogeneità regionale del corpo docente.
Con i finanziamenti privati si aggiungono premi agli insegnanti di specifiche regioni.
La perversione inegualitaria del governo di destra è stata denunciata dal sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, ex ministro dell’Università.
Ciliegina sulla torta: la regionalizzazione degli stipendi dividerà il corpo docente del paese e indebolirà il sindacato, poiché chi insegna al Nord sarà molto meno solidale con i problemi di chi insegna al Sud. Signori, la disunione d’Italia è servita.
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