Gli italiani pagano già le bollette più alte d’Europa. E la maggioranza delle offerte nel “libero” non conviene. Ma la destra “social” non ha mosso un dito. Né tantomeno spinge verso il modello che ci converrebbe: le fonti rinnovabili, coerente coerente con i principi ispiratori del Green Deal e del Repower EU
La fine del mercato tutelato per oltre 4,5 milioni di utenze “luce” e 5 milioni di utenze gas, dopo anni di rinvii che non sono serviti a risolvere i problemi strutturali, sta arrivando; la sedicente destra sociale al governo non ha mosso un dito per difendere le tasche delle persone, abbandonandole in un momento storico caratterizzato da sconvolgimenti inediti e profonde incertezze.
La prima: Eurostat svela come i consumatori italiani siano quelli che hanno pagato e pagano le bollette più alte di Europa: mentre i governi di Francia, Germania e Spagna iniziavano a muoversi a protezione dei consumatori dalle speculazioni sul gas del 2022, qui da noi la catena di allarme e protezione faceva cilecca. Non solo: le bollette sono restate alte anche dopo la crisi, mentre il valore a livello internazionale della materia prima già rientrava nei ranghi.
La seconda: non sono disponibili le informazioni su quanto abbiano effettivamente pagato le famiglie nel 2023 sul mercato libero, in particolare al cessare degli effetti del decreto Draghi di giugno del 2022, che, almeno, aveva impedito per un anno modifiche unilaterali dei contratti da parte dei venditori sul libero.
La terza: nel 2023, come segnalato dalle associazioni dei consumatori e da osservatòri come quello dell’indice Selectra, la maggioranza delle offerte sul “libero” avrebbero spesso raggiunto valori più che doppi rispetto al mercato tutelato. Secondo Arera, nel 2023 oltre il 90% di chi è uscito “spontaneamente” dal mercato tutelato ha visto aumentare la spesa. Il “libero” è attualmente un mercato afflitto da drammatici problemi di trasparenza e di comparabilità delle offerte, nonché da azioni commerciali truffaldine; alzi la mano chi non ne ha esperienza diretta.
Unica certezza? A perderci è la capacità delle persone di difendere il proprio potere d’acquisto, in un Paese in cui il 63% delle famiglie fa fatica ad arrivare a fine mese.
Il mercato “libero” è infatti un mercato immaturo, in cui invece di distribuirsi tra le centinaia di venditori disponibili, gli utenti si concentrano nelle mani di pochissimi. All’indomani delle aste, che avranno effetto sui consumatori a partire dal primo luglio 2024 (curioso, vero? Subito dopo le elezioni), sembra proprio che ci si avvii a inaugurare la stagione dell’oligopolio, mentre i clienti del tutelato vengono subissati di proposte per uscire dalla tutela prima di allora, per poter essere spolpati per benino.
Sul fronte dell’energia, viviamo le conseguenze del ritardo drammatico nella messa a terra della transizione verso un modello efficiente, decarbonizzato e alimentato da fonti rinnovabili, l’unico che libererebbe la nostra economia dalla dipendenza dalle fonti fossili e, in particolare, dal gas (con fotovoltaico ed eolico che sono ormai le fonti meno care in assoluto per fornire elettricità, come sa bene la Cina).
Mercati e bollette sono ancora zavorrati dalla fonte che, a partire dal 2021 è stata al centro di una bolla speculativa, scoppiata con l’invasione dell’Ucraina, quando è divenuto urgente ridurre drasticamente le importazioni di gas, carbone e petrolio russi che sovvenzionavano (e in parte ancora sovvenzionalo) il regime di Putin.
Al netto delle reazioni emergenziali, che hanno visto un protagonismo della differenziazione delle importazioni (da molti giudicato già in quella fase eccessivo e poco lungimirante), sarebbe poi stato necessario mettere a terra una spinta determinatissima lungo l’unica via coerente con i principi ispiratori del Green Deal, poi rafforzati con il Repower EU. Si sarebbe trattato di scegliere, cioè, l’unico modo per ristabilire nel settore energetico il principio della “sovranità nazionale”, a parole così caro alla destra.
A maggior ragione dopo i risultati della Cop28, una transizione energetica giusta, ossia proattiva nel ricucire le voragini sociali, resta l’unica via per l’Italia per rendere possibile il recupero di una competitività industriale sempre più fiaccata, per generare posti di lavoro in filiere e indotti capaci di attrarre risorse umane, economiche e finanziarie, per far recuperare potere di acquisto delle famiglie, cosa su cui questo governo ha alzato bandiera bianca.
Sembra di essere finiti nel film “Good bye Lenin”, nei panni della donna a cui nascondono la caduta del muro di Berlino: il governo Meloni pensa di poterci trattenere nel secolo scorso (persino con un nuovo colonialismo, che snobba la crisi climatica); peccato che il mondo, nel frattempo, sia andato da un’altra parte.
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