Era sette anni fa. La Commissione europea stava definendo gli ultimi dettagli del macabro trattato tra UE e Turchia. L’Europa avrebbe versato 6 miliardi di euro alla Turchia per bloccare le partenze della gente in fuga dalle coste turche verso le isole greche. Nei precedenti mesi quasi un milione di persone, soprattutto dalla Siria, Afghanistan e Iraq avevano percorso quella via. Famiglie, persone di tutte le età, si lasciavano dietro le bombe della Siria alla ricerca di sicurezza e sopravvivenza.

Il trattato sarebbe entrato in vigore il 18 marzo 2016. Se nell’immediato gli sbarchi si ridussero drasticamente, le persone non hanno smesso di fuggire da terre in conflitto o in crisi.

Una meta per le vacanze

LaPresse

L’isola di Lesbo è tornata a essere una meta di vacanze. Sono scomparse le migliaia di persone che affollavano ogni dove. I migranti rimasti sono stati chiusi in campi distanti dai centri abitati, lontano dall’attenzione dei molti. Il patto con la Turchia è stato solo l’inizio di un laboratorio malefico di politiche migratorie mirate al consenso. Condannare persone al di là del muro, senza alcun lavoro sostanziale per garantire accessi sicuri e legali. Sarebbe in seguito arrivati gli accordi con la Libia, dove nonostante i rapporti di violenze e torture, la politica ha deciso di non gestire le conseguenze dei patti scellerati.

Più recentemente, sfrontati, impuniti e evidenti, sono iniziati i respingimenti. I team di Medici Senza Frontiere soccorrono a Lesbo, in Grecia, migranti che sono riusciti ad arrivare sull’isola e raccontano, a volte, di ripetuti tentativi di traversata, di compagni di viaggio rimandati indietro, di gruppi separati. Persone già giunte sul suolo greco, prelevate e risbattute in acque turche, fuori dall’Europa. Oggi arrivare in Grecia via mare è diventato estremamente complicato. Sono coste distanti poche miglia nautiche eppure inaccessibili per i molti.

I paesi di partenza

In questo turbine infernale, blocchi delle partenze, respingimenti impuniti, le condizioni nei paesi di partenza non sono affatto migliorate; esempi ne sono la condizione umanitaria attuale in Afganistan o in Iran. Con queste premesse, si sono aperte altre, disperate e ancor più perigliose, rotte migratorie. È il caso di quelle che via mare partono dal Libano o dalla Turchia, verso l’Italia.

Tre, quattro, cinque, o ben più giorni di navigazione su imbarcazioni inadeguate e insicure, sfilando, durante la navigazione, accanto a terre che potrebbero accogliere, e che invece sono divenute ostili.

Paesi che hanno scelto di non compiere azioni proattive di ricerca e soccorso, lasciando transitare imbarcazioni precarie con conseguenti ripetuti naufragi.

Con i suoi accordi atroci e inumani, privi di lungimiranza e visione, solo finalizzati a raccogliere consentendo politico nell’immediato, incuranti delle conseguenze sulle persone, l’Europa ha messo in mano a trafficanti l’ennesimo carico di umanità inerme, tragicamente lasciato naufragare davanti le spiagge calabre. È il 2023 e nel mar d’Europa ancor si affoga.

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