Se Salvini sarà una costante spina nel fianco, da Forza Italia verranno guai solo qualora Berlusconi parlasse e straparlasse da par suo.
Il governo godrà di una luna di miele per un certo periodo ma, come in ogni coalizione, prima o poi, i due junior partner, Lega e Forza Italia, alzeranno la voce per farsi sentire. E’ un gioco delle parti che si vede in tutti i paesi che si reggono su governi di coalizione. Nulla di strano. Tutto dipende dal timbro delle voci: se troppo acuto infrange i bicchieri e il governo va in pezzi.
Salvini terrà alta la tensione sulla politica estera e più ancora sulle politiche migratorie e l’ordine pubblico. Law and order, prima di tutto.
Suggerirà al suo alter ego, il ministro dell’Interno Matteo Piantendosi, una postura muscolare, per una gestione delle piazze un po’ diversa da quella che consentì l’assalto alla Cgil - come si è visto l’altro giorno all’Università di Roma.
Ma a proposito: non fu Giorgia Meloni a criticare ferocemente in parlamento il prefetto di Roma Piantedosi, nel 2021, accusandolo di aver lasciato sguarnita la piazza affinché i facinorosi potessero dare l’assalto alla sede del sindacato per poi attribuirne la responsabilità alla destra?
E perché mai temeva che la colpa ricadesse sulla destra? Erano forse coinvolti alcuni suoi sodali d’antan? Qui si intravede una bella a coda paglia…
Comunque, Salvini, forte del suo dominio sulla Lega, contrariamente alle tante sciocchezze scritte per mesi sulla opposizione dei mitici ceti produttivi del nord, condurrà una battaglia di logoramento ai fianchi della premier per riprendere il vessillo di autentico partito di destra nazional-populista e sovranista.
Imbrigliato nelle compatibilità del governo e costretto a farsi accettare dall’establishment interno e internazionale, il capo del governo avrà difficoltà a piantare le sue bandierine identitarie.
E in effetti Giuseppe Conte è stato efficace nel ricordare il brusco, e vedremo quanto autentico, cambio di fronte rispetto all’agenda Draghi, irrisa per mesi da Meloni e oggi in gran parte omaggiata.
Salvo il minimo sindacale per la destra italiota: tagliare le tasse ai ricchi e i sussidi ai poveri, e favorire l’evasione fiscale.
Se Salvini sarà una costante spina nel fianco, da Forza Italia verranno guai solo qualora Berlusconi parlasse e straparlasse da par suo.
A quel punto non si può escludere la replica del 2013, con alcuni ministri pronti a lasciare il vecchio leader. Con la differenza, sostanziale, che ora c’è qualcuno pronto a accoglierli, anzi già attivo per spianare la strada: Matteo Renzi e, al traino, un neghittoso Carlo Calenda.
Se per Renzi le scorrerie lungo tutto l’arco politico sono il suo tratto distintivo, e ne ha già dato prova in occasione della elezione di Ignazio La Russa, per il leader di Azione forse rimane qualche remora.
Il duo Renzi-Calenda deve decidere se far parte a tutto tondo dell’opposizione oppure candidarsi ad interpretare un terzo polo, né di destra né di sinistra, come i Cinque Stelle d’un tempo, e quindi, all’occorrenza, pronto accordarsi con il governo.
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