Le parole di Valter Veltroni sulla sicurezza sono condivisibili, ma a guardarci dentro celano un vuoto e gravi errori interpretativi. Correggerli può consentire alla sinistra di compiere un grande passo in avanti.
La mancanza di “sicurezza” segna la fase storica in cui viviamo. Colpisce soprattutto “chi ha meno”. La destra usa questa condizione per una “deriva securitaria”. La sinistra non affronta in modo adeguato il problema.
Sono quattro affermazioni di Walter Veltroni in un articolo dello scorso gennaio (Corriere della Sera, “La sicurezza, una priorità anche per la sinistra”), ora riprese in un seminario del Pd. Appaiono giuste e condivisibili, ma a guardarci dentro escono fuori un grave errore e un vuoto. Correggerli può aiutare davvero la sinistra a compiere un passo in avanti.
Sicurezza e povertà
Prima di tutto, la definizione angusta di sicurezza che viene proposta porta diritti nella trappola della destra. Sicurezza – sintetizzo la Treccani – è la “condizione che ci rende o ci fa sentire esenti da pericoli o ci dà la possibilità di prevenire o rendere meno gravi i danni e i rischi”. Veltroni ci parla di un solo pericolo, quello di violenza fisica o di predazione dei propri beni. Certo che conta, e assai. Certo che sbaglieremmo a non farci i conti.
Ma il segno distintivo, aggiuntivo, assillante di quest’epoca – specie per chi non ha né mezzi né reti relazionali a cui appoggiarsi – è dato dai pericoli della povertà, che ti impedisce di affrontare ogni imprevisto, di perdere il lavoro o dei suoi rischi, del ritardo di un’autoambulanza, di una nuova epidemia, di ritrovarsi allo sbando da vecchi, del prossimo evento climatico, dell’uso improprio dei nostri dati da parte del Musk di turno, della diffusione della guerra.
La destra, consapevole che per accrescere la sicurezza su questi fronti, dovrebbe impegnarsi per una società sottratta al dominio di un capitalismo degenerato a cui invece essa si appoggia, si concentra su un solo pericolo, quello per cui può costruire mostri da reprimere. Come è mai possibile che Veltroni non si renda conto del grave errore che commette nell’accettare il loro copione?
Il secondo problema è interno alla limitata, ancorché assai rilevante, accezione di sicurezza adottata. Certo, Veltroni non svolge il copione nel modo della destra: respinge l’identificazione violenza=immigrazione e la diffusione dell’autodifesa e delle armi, ricorda «l’inumana condizione carceraria» e evoca la capacità della sinistra di comprendere «la natura di sistema che il tema della sicurezza porta con sé».
Ma nel seminario è Andrea Morniroli, del Forum Disuguaglianze Diversità, a demolire le norme del Ddl 1660, anti-libertarie, produttive di insicurezza e dissuasive del dissenso. E quando Veltroni viene al “che fare”, a parte un sacrosanto riferimento all’effetto positivo che avrebbe lo “ius soli”, manca ogni idea se non quella di applicare la legge. Eppure basta un’occhiata ai numeri per cogliere strade “di sistema” che vanno alla radice di questo pezzo della nostra insicurezza.
Nel 2022, ci dice l’Istat, la percentuale di persone che percepiscono un rischio di criminalità nella zona in cui vivono è scesa al 23,3 (dal 26,6 del 2019), ma non per le donne, ed è altissima (42,5%) nei comuni al centro di aree metropolitane, gli stessi dove più gravi e in forte crescita sono le disuguaglianze interne di ogni sorta. Non sta qui il suggerimento di azioni immediate in tema di diritto all’abitare, di sviluppo urbano a misura delle persone (e non delle immobiliari), di servizi di cura per chi è marginalizzato?
Nello stesso periodo, i borseggi sono stabili, i furti in calo (8,3 su 1000 famiglie, contro 10,4 nel 2019), mentre crescono gli omicidi di donne: per queste ultime, l’82 per cento degli omicidi è realizzato dal partner o da un familiare, una quota che crolla al 18 per cento per gli uomini.
Non ci ricorda questo uno dei profili più drammatici per l’insicurezza di metà della popolazione, insicurezza che possiamo affrontare rafforzando ancora i canali per la denuncia e i percorsi per l’uscita dalla violenza contro le donne, e lo smontaggio dei profondi, ancora radicati, pregiudizi di genere, a cominciare dalla scuola?
Servono proposte, non slogan
Di proposte concrete si doti allora la sinistra. Non di slogan ammiccanti. Lo faccia affrontando anche le altre insicurezze. Una ad una. Rilanci misure di trasferimento monetario che sottraggano chi non ha mezzi al ricatto di usurai e criminalità organizzata. Ridia voce e potere al lavoro nelle imprese nell’affrontare le crisi e indirizzare la transizione digitale proprio alla sicurezza sul lavoro.
Faccia suo un potente rilancio del sistema di cura universale della salute, in Italia e in Europa, che ridia sicurezza alle persone senza arricchire grandi e piccoli oligopoli. Disegni una politica nazionale per ridurre il rischio degli eventi climatici, sfruttando la massa di dati che oggi possiamo accumulare e usare. Fissi gli assi di un ripensamento radicale del sistema dell’abitare che ricostruisca, anche nelle grandi città, relazioni stabili di comunità.
Ritessa, con altre sinistre nel mondo, i fili della cooperazione internazionale oggi squassata e si batta senza ambiguità per scongiurare l’escalation nell’investimento in armi. Tutto questo significa affrontare la questione della sicurezza “qui e oggi”, come chiude Veltroni, sfuggendo alla concezione “vetusta” – questa sì, nel senso di prona al neoliberismo - che ha paralizzato la sinistra negli ultimi trenta anni.
© Riproduzione riservata