Gli ultimi due mesi del 2024 hanno anticipato i temi principali che terranno banco nel nuovo anno. Quando la premier dovrà decidere se essere una leader sovranista sotto la pressione americana o una statista europea di concerto con i tedeschi
Stati autoritari aggressivi, rafforzamento del populismo e del nazionalismo, fallimento dell’ambientalismo, difficoltà nel gestire l’immigrazione, instabilità politica generalizzata. Gli ultimi due mesi del 2024 hanno anticipato i temi principali che terranno banco nel nuovo anno. Le guerre hanno reso le potenze autoritarie più aggressive, esse ovunque affrontano guerre dirette o per procura, spesso si trovano in difficoltà militare ma al tempo stesso si coordinano tra loro e riescono a mettere in difficoltà le democrazie occidentali.
Cina, Russia, Iran e Corea del Nord assomigliano sempre di più a un asse strutturale pronto a combattere in ogni modo il blocco dell’alleanza atlantica. L’Italia ne sta avendo una prova drammatica in queste settimane con il sequestro di Stato organizzato da Teheran sulla pelle di Cecilia Sala.
Questa forma di guerra, per ora a bassa intensità, segnerà a lungo la nuova fase storica. Ma il nuovo anno segna anche l’inizio della seconda presidenza Trump, ricca di punti interrogativi soprattutto in politica estera.
Chi spera nella pace rischia infatti di illudersi perché Trump prima di arrivare a una tregua con la Russia potrebbe voler rafforzare la deterrenza in Ucraina nei confronti di Mosca. L’uso della deterrenza infatti pare essere una delle poche cose chiare nella mente di Trump. Ciò potrebbe significare innanzitutto un maggior sforzo dei paesi occidentali nella produzione di armamenti e mobilitazione bellica sul confine orientale dell’Europa e solo più avanti un accordo con Putin che oggi si annuncia complicato.
Per il governo italiano ciò implica trovare un accordo tra le forze della maggioranza per investire nella difesa e un successivo passo in avanti a livello europeo. Proprio a Bruxelles sarà un anno chiave perché si presenterà un nuovo governo tedesco, quasi certamente a guida Friederich Merz, con cui gli altri paesi dovranno prendere le misure. Relazione di particolare importanza per l’Italia dato il legame industriale tra i due paesi e la ritrosia tedesca a fare sconti sul debito pubblico e la politica monetaria.
È vero che l’ordoliberalismo di Merkel sembra un lontano ricordo se si guardano i bilanci statali, ma ciò non implica che sia facile costruire nuovi strumenti economici europei. È qui che la leadership di Giorgia Meloni troverà un banco di prova: leader sovranista sotto la pressione americana o statista europea di concerto con i tedeschi?
Le questioni europee si legano a quelle economiche: se le prospettive dei servizi non sono negative, quelle dell’industria volgono al peggio. Ciò sia per il quadro internazionale, con il ritorno del protezionismo a frenare la circolazione delle merci, sia per il fallimento europeo nella gestione della transizione ecologica. Crisi dell’industria significa problemi occupazionali, ampliamento della spesa previdenziale, contraccolpi psicologici sulla popolazione.
Ciò per l’Italia rischia di essere molto gravoso sia per la crisi del settore automobilistico che per l’indotto che esso si porta dietro. Ma la difficoltà è anche sul piano dell’energia, con costi per le aziende italiane tali da renderle meno competitive di altre straniere. Un rallentamento economico è dunque probabile, mentre il governo italiano è già stato costretto ad aumentare la pressione fiscale quest’anno. Tutti fattori che possono indebolire il consenso, specie se non si riuscirà a costruire nulla di diverso a Bruxelles.
C’è infine l’immigrazione: i flussi migratori tornati a crescere, la soluzione dei centri in Albania incerta e forse destinata a restare inefficace, un governo che ha puntato molto sulla riduzione degli arrivi. Un fallimento sul tema riaccenderebbe gli scontri tra i partiti della maggioranza. Ma il problema non riguarda soltanto gli sbarchi, ma anche l’integrazione e la sicurezza dove languono politiche per gestire il fenomeno.
I video di capodanno in piazza Duomo a Milano prefigurano il rischio di uno scenario francese da qui a pochi anni e senza politiche non sarà la retorica legge ed ordine della destra a fermare i processi di radicalizzazione delle seconde generazioni. Nel 2025 è probabile che l’Italia resterà stabile sul piano politico, Meloni continuerà a governare ma con molte variabili che potranno segnarne l’eredità futura, in positivo o in negativo, o che peggio potranno paralizzarne l’azione per incapacità del governo di fronte a sfide vecchie e nuove.
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