C’è chi si stupisce del fatto che la scrittrice Michela Murgia abbia voluto un funerale di rito cattolico. Ma la vita spirituale delle persone queer va oltre un difficile rapporto di esclusione o tolleranza o negoziata inclusione. La teologia queer
Alcunə sembrano stupirsi del fatto che chi si dichiara espressamente queer – è il caso, tra gli altri, di Michela Murgia – possa desiderare un funerale di rito cattolico. E immagino costoro si stupiscano ancor più del fatto che le persone queer aspirano a un qualche rapporto con Dio secondo quanto raccomandato dai protocolli ufficiali delle varie chiese cristiane. Beninteso, un tale stupore non stupisce chi scrive, se è vero com’è vero che alcuni movimenti cristiani e cattolici, come ad esempio il celeberrimo ProVita & Famiglia, delle teorie queer propongono un affresco che per toni e sfumature drammatiche sembrerebbe meglio adattarsi alle concezioni esposte tra il 1923 e il 1945 sul Völkischer Beobachter.
Eppure, al netto delle vulgate utili per le polemiche di giornata, la vita spirituale e liturgica delle persone queer va ben oltre il difficile rapporto di esclusione o tolleranza o negoziata inclusione di cui si va dibattendo. Ad esempio, c’è nel campo degli studi teologici una linea, marginale ma non invisibile, che va sotto il nome di “teologia queer” e che per comodità espositiva vorrei qui distinguere in due tipi: apologetica e critica.
L’apologetica
L’apologetica queer fa leva su un dato esegetico per molti versi irrefutabile: molti tra i teologi del primo cristianesimo ritenevano il genere e la sessualità questioni del tutto trascurabili, effimeri camuffamenti dell’anima da mandare in definitiva quiescenza in occasione della Seconda venuta. L’apologetica difende le posizioni delle minoranze sessuali nelle chiese mediante una contro-esegesi dei testi sacri e un’agiografia alternativa per segnalare le vistose tracce di esistenza queer nella storia della chiesa.
“Traduce” quindi in termini più vicini al nostro attuale linguaggio i passi biblici apparentemente più severi sui temi di genere e di orientamento sessuale – come la distruzione di Sodoma e Gomorra in Genesi 19, le due proibizioni in Levitico 18 e 20, le parole di Paolo in Romani 1, in I Corinzi 6 e in I Timoteo 1. Questo per mostrare come le parole di quegli scritti antichi non possano essere lette, senza mediazione, per tramite di categorie moderne: i redattori di migliaia di anni fa non possedevano quelle idee di sessualità, omosessualità e famiglia, per il cui filtro noi oggi ci accostiamo ai testi sacri.
Questa esegetica “dell’attualità” si accompagna alla valorizzazione del canone “inverso” dei santi queer, figure ufficialmente canonizzate dalla chiesa cattolica la cui vita sessuale esibisce poco caste ambiguità. Si pensi ai santi Sergio e Bacco, soldati romani e martiri cristiani di fine III secolo, venerati dai cattolici queer come modelli di amore omosessuale nel primo cristianesimo. Oppure alle sante Perpetua e Felicita, martiri egiziane del II secolo, note per il loro legame amoroso. Oppure ancora a Giovanna d’Arco in uniforme maschile, venerata come precorritrice del gender-nonconforming, una delle molte categorie della sessualità oggi codificate negli studi.
La critica
Secondo alcunə teologə queer un poco più radicali, tuttavia, l’apologetica è stata utile in passato, ma per i tempi nostri è troppo timida e imbelle. Sulla pista aperta dalla teologa argentina Marcella Maria Althaus-Reid, la teologia queer non si deve limitare a ritagliarsi uno spazietto nell’ecclesia fuori dalla quale pare non ci sia salvezza. Ben più che questo, essa deve farsi parte attiva di una più ampia critica delle condizioni di ineguaglianza prodotte dal capitalismo, dal vecchio patriarcato col suo modello di famiglia nucleare e dall’immarcescibile regime di eteronormatività obbligatoria.
Cristo, secondo tale interpretazione, è simbolo ed esempio della rottura di un ordine che opprime. Questa linea più combattiva dà vita a movimenti sociali che lottano per un’eguaglianza meno formale o per una ecologia politica più coraggiosa a partire da una lettura – idiosincratica ma molto accurata e robusta – di quegli stessi testi che altrə leggono come verdetto di eterna condanna per tutte le sessualità non-eterosessuali.
Com’è ovvio, in questa sede non rileva la capacità di tenuta delle diverse attività di esegesi biblica, su cui chi scrive non ha alcuna competenza per esprimersi. Rileva piuttosto l’esistenza in sé di un campo di ricerca, che si coltiva e insegna da decenni in poche ma prestigiose istituzioni universitarie in tutto il mondo – esistenza a mio avviso di per sé utile a comprendere come, almeno al momento, il Padreterno non aspiri al ruolo di guida della destra reazionaria (e forse neanche al ruolo di Guida).
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