Alla vigilia dell’8 marzo, a Montecitorio un dialogo con gli studenti sui diritti negati in Iran, Afghanistan e Ucraina. Perché non essere indifferenti è il primo insegnamento che la scuola oggi deve trasmettere. E anche le istituzioni.
Non essere indifferenti è il primo insegnamento che la scuola oggi deve trasmettere a studentesse e studenti. È questo il messaggio che ho ribadito dialogando con le classi dell’istituto Cine-tv Roberto Rossellini e del liceo scientifico Avogadro di Roma, durante l’iniziativa “Diritti negati, le voci delle donne”, organizzata a Montecitorio in vista della Giornata internazionale della donna.
Se fino a poco tempo fa la funzione essenziale della scuola era mettere in condizione gli studenti di entrare in contatto con informazioni e nozioni altrimenti inaccessibili, il suo ruolo oggi sembra quasi capovolto: in un’èra in cui siamo tutti costantemente bombardati dalle notizie, la scuola deve fornire gli strumenti e le consapevolezze necessarie per filtrare e saper leggere questa enorme mole di informazioni e farsi un’idea sul mondo che ci circonda.
Qui entrano in gioco le istituzioni, che possono e devono fare la propria parte nel sostenere lo sforzo educativo degli insegnanti – che comprende anche questa battaglia durissima contro l’indifferenza – dando voce e spazio alle storie di chi, con impegno e sacrificio, lotta quotidianamente per la libertà e i diritti di tutte e di tutti.
L’incontro
Esattamente quanto avvenuto alla Camera, dove sono intervenute, nella sala della regina, la mediatrice culturale iraniana Parisa Nazari, la diplomatica afghana Frozan Nawabi e la responsabile del monastero di castel Gandolfo destinato all’accoglienza degli ucraini in Italia Lesia Vusyk.
Attraverso le storie di coraggio di queste tre donne, provenienti da tre paesi – rispettivamente appunto Iran, Afghanistan e Ucraina – dove le loro connazionali e sorelle vedono negati i loro diritti fondamentali, abbiamo ribadito che le discriminazioni di genere non sono mai giustificate e ci siamo confrontati su cosa le istituzioni italiane e internazionali possono fare per cancellare una volta per tutte la disparità di genere ed eliminare le cause che portano alla negazione di alcuni diritti fondamentali.
Con l’intento di sottolineare, a pochi giorni di distanza dall’8 marzo, che è importante non solo celebrare le conquiste sociali, economiche e politiche ottenute, ma anche denunciare le discriminazioni e le violenze di cui le donne sono ancora vittime in ogni parte del mondo.
Difendere i diritti
Sono felice di vedere sempre più ragazzi e ragazze appassionati di politica e geopolitica che, scorrendo le pagine, si informano leggendo di ciò che accade nei paesi colpiti dalle guerre, ma il loro sforzo va sostenuto mostrando che dietro quelle narrazioni ci sono storie concrete, c’è purtroppo morte, distruzione e sofferenza. Ci sono delle persone, in carne ed ossa.
L’iniziativa, ospitata in parlamento e magistralmente condotta da Tiziana Ferrario, ha chiarito che le violazioni dei diritti delle donne ci riguardano tutti da vicino, anche quando accadono in paesi apparentemente lontani: lo sbaglio più grande che possiamo fare è abituarci alla guerra, alla fame, alla violenza. Alla disperazione di chi ha perso tutto ed è costretto ad abbandonare il proprio paese attraverso il mare per scappare, sfuggire alle torture, sopravvivere o evitare che madri, figlie o mogli vengano stuprate. Diventare insomma indifferenti.
Dal movimento dei giovani iraniani, alla battaglia afgana per l’istruzione, fino alla resistenza in Ucraina: le donne sono protagoniste delle battaglie epocali del nostro tempo. È arrivato il momento di dimostrare che sappiamo unirci e fare rete, facendo spazio ad altre donne e sostenendole, con la consapevolezza che nessuna conquista è data una volta per tutte. Neppure qui da noi. Ed è giusto che il parlamento sia e si senta pienamente impegnato nello sforzo a difesa dei diritti.
Queste iniziative, lo so bene, non sono altro che una goccia nel mare che, tuttavia, spero alimentino, diano forza e costanza allo sforzo e a quello slogan che in Iran è stato scelto come riferimento di tutte le battaglie e che ieri abbiamo voluto fare nostro: donna, vita, libertà. Per questo lottiamo, per questo ci battiamo e per questo continueremo a camminare. Insieme.
© Riproduzione riservata