Jamie Dimon, presidente di JP Morgan, è il più influente banchiere del mondo e ha sorpreso molti osservatori quando, durante l’ultimo World Economic Forum di Davos, ha dichiarato che l’ex presidente Usa Donald Trump ha ragione su molte questioni cruciali della politica americana e internazionale.

Dopo anni in cui i mercati hanno tremato all’idea dei nazional-populisti al governo, oggi l’attitudine verso questi partiti sembra essere molto diversa, meno isterica e più positiva.

Per esempio, se si leggono i report pubblicati in questi ultimi mesi dalle principali banche d’affari internazionali sulle imminenti elezioni europee, è facile ricavare le stesse posizioni che Dimon ha fatto emergere qualche mese fa negli Stati Uniti: nessun panico, molto realismo e forse anche qualche opportunità in più per il business con la destra istituzionalizzata.

Cambio di rotta

Che cosa è successo in pochi anni? Ci sono due elementi che spiegano il cambio di rotta.

Il primo è che i democratici americani e i partiti centristi europei hanno assorbito le politiche dei populisti per reggere l’urto di guerre e pandemia: deficit di bilancio, protezionismo, sussidi, stretta sull’immigrazione. In altre parole, i partiti che fino al 2019 difendevano l’ordine della globalizzazione e dell’austerità sono stati costretti a mettere quel sistema in discussione.

Il secondo elemento è che gran parte dei partiti nazional-populisti hanno dismesso i loro propositi più radicali, come l’uscita dall’euro e i progetti più distruttivi verso le istituzioni europee.

Persino il secondo Trump, pur sempre incendiario nei toni, sembra meno aggressivo sulle principali questioni istituzionali rispetto al passato e più aperto alle richieste del grande capitalismo.

Ciò ha determinato un opportunistico, ma efficace, processo di istituzionalizzazione della destra, di cui Fratelli d’Italia oggi è forse il massimo esempio a livello occidentale.

Destra presentabile

È così che gli interessi dell’establishment economico-finanziario, fondati su stabilità macroeconomica e investimenti produttivi, hanno iniziato a sovrapporsi maggiormente a quelli della nuova destra, tanto da renderla accettabile al governo e addirittura in alcuni settori, si pensi al rallentamento delle politiche green e al maggior investimento in difesa, più desiderabile rispetto ad altre parti politiche.

Inoltre, gran parte di questi nuovi partiti di destra, a eccezione di AfD e dell’ungherese Viktor Orbán, sono diventati potabili per i vecchi partiti mainstream in quanto sono schierati in modo non equivoco a favore dell’Ucraina contro la Russia di Putin e approvano una politica estera filoatlantica. Mentre la politica internazionale, con le guerre di Gaza e Ucraina, tende a spaccare la sinistra centrista e radicale, la destra è stata capace di cementarsi quasi tutta su posizioni comuni.

Nuovo mainstream

Ecco allora che, per la combinazione del cambiamento del contesto internazionale e per gli errori dei leader centristi e di sinistra, una agenda politica un tempo da outsider e anti sistema come quella della destra nazional-populista è diventata il nuovo mainstream, tanto da poter essere inclusa nei piani di governo europei e accettata dai mercati finanziari.

Questo stato di cose apre nuovi scenari non soltanto sulla prossima legislatura europea, dove è probabile che qualche forma di collaborazione tra conservatori e popolari ci sarà, ma più in generale si scorgono le nuove linee rosse segnate dalla politica internazionale della legittimità politica: adesione alla Nato, disponibilità all’investimento in difesa, stabilità monetaria, coordinamento della politica commerciale con il resto dell’occidente.

Tutto il resto conta molto meno nella nuova realtà internazionale, e dunque i partiti di destra che rientrano in questo schema possono governare nei paesi europei senza essere colpiti da una conventio ad excludendum, come invece accadeva solo fino a qualche anno fa.

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