Prima Le Pen, poi Salvini al traino, si sono smarcati dagli scomodi alleati tedeschi. Persino per Orbán quel partito era indigeribile. La rottura con i postnazisti apre spazi di manovra
Ci sono relazioni politiche che finiscono perché si cresce in modo diverso, e ci sono ex partner che non si rassegnano. È il caso di Alternative für Deutschland: questo mercoledì la formazione postnazista tedesca si è affrettata a sacrificare i numeri uno e due delle sue liste alle europee, come se offrire lo scalpo di Maximilian Krah o relegare nell’ombra Petr Bystron potesse rammendare la rottura con gli alleati di Identità e democrazia.
Ma agitarsi è inutile. Per Marine Le Pen, così come per la Lega, non è Krah con le sue dichiarazioni il vero problema. È liberarsi di Afd la reale opportunità. Il divorzio è stato innescato dal Rassemblement National prima del voto di giugno perché è funzionale al processo di normalizzazione – la dédiabolisation – dell’estrema destra francese, ma non è fatto per lasciare un vuoto.
Quello che adesso appare come un possibile vuoto diventerà un margine di manovra dopo le europee. Per capire perché, basti sapere che neppure Viktor Orbán – spesso additato come il negletto di Bruxelles – sarebbe stato disposto a convivere con l’Afd nello stesso gruppo; oppure basti osservare che proprio questo mercoledì un’ampia fetta del comparto industriale tedesco si è unita ai sindacati in un appello contro l’avanzata di Afd alle europee.
I postnazisti rappresentano al momento un ostacolo al dialogo coi cristianodemocratici tedeschi e dunque coi Popolari europei. Perciò scalzare Alternative für Deutschland dal proprio gruppo non significa farlo dimagrire ma al contrario aprire altri spazi e dinamiche. E poi la mossa diventa anche funzionale alla narrazione di Ursula von der Leyen e di chi come il Ppe – la sua famiglia politica – da almeno tre anni ha smantellato il cordone sanitario verso l’estrema destra.
La presidente di Commissione europea in cerca di bis ha già dimostrato – e poi pure annunciato – di voler cooperare con i Conservatori europei, ma per poter tenere in vita la retorica della barriera serve qualcuno che appaia ancor più estremo dell’estrema destra già digerita; dunque l’emarginazione di Afd è in realtà funzionale all’assorbimento graduale dell’estrema destra in Ue.
Cronaca di una separazione
Comincia quindi l’iter di divorzio politico, nonostante i tentativi in corso da parte dell’Afd per impedirlo.
A innescare la dinamica è stata una dichiarazione dell’eurodeputato Maximilian Krah che, intervistato da Repubblica in qualità di capolista di Afd alle europee, aveva affermato: «Le SS non sono automaticamente criminali». Questo martedì Le Pen e il suo delfino Jordan Bardella hanno innescato la rottura; Salvini è andato al traino.
Va detto che entrambi i leader erano pronti a sganciarsi da Alternative für Deutschland almeno dal 2021, quando la delegazione tedesca era stata tagliata fuori dalla lista dei partiti papabili per il progetto di unione tra Id e Ecr. La leader del Rassemblement National aveva preso le distanze anche più di recente, e in particolare a inizio 2024, quando Correctiv aveva rivelato che a novembre esponenti di alto livello di Afd avevano partecipato a un raduno a Potsdam per tramare sulla deportazione di cittadini tedeschi di origini straniere.
L’improvvida dichiarazione di Krah è stata pubblicata la scorsa settimana, e nel weekend Le Pen (che a dicembre ha snobbato il raduno fiorentino di Salvini) era a Madrid tra i conservatori: non solo è intervenuta sul palco – lo stesso dal quale Meloni ha fatto il suo collegamento video – ma si è intrattenuta con Santiago Abascal e coi suoi di Ecr. Insomma pure le tempistiche fanno pensare che l’iniziativa di martedì – cioè l’annuncio da parte del Rassemblement National che non vorrà più stare nello stesso gruppo europarlamentare con Afd – sia stata quantomeno discussa anche con Ecr. Una conversazione con Salvini viene invece fatta risalire a mercoledì mattina.
In rincorsa di Le Pen, il leader leghista questo mercoledì ha fatto sapere che non è neppure il caso di aspettare giugno, e ha contemplato tra le ipotesi in circolazione a Bruxelles pure «l’allontanamento della delegazione di Afd dal gruppo Id».
Fonti europee della Lega – che citano altri precedenti, come la cesura tra Robert Fico e i socialisti – spiegano a Domani che c’è un iter specifico per portare avanti questo tipo di procedure e che fino a ieri pomeriggio non era stato attivato nulla: solo scambi fra le delegazioni.
Da Krah a Orbán
Questo mercoledì Krah ha annunciato: «Rinuncio a qualsiasi ulteriore partecipazione alla campagna elettorale e mi dimetto dall’incarico di membro della direzione federale».
In realtà è il partito ad aver mostrato un repulisti per provare a salvare i rapporti con gli alleati. Su Krah non pesano solo le dichiarazioni ma anche scandali e indagini per vicende di spionaggio cinese e corruzione russa. Questo mercoledì pure il numero due in lista, Bystron, ha fatto sapere che non farà uscite per la campagna; anche lui si trova in mezzo a vicende di corruzione e riciclaggio.
Per Le Pen, che prova a fatica a far dimenticare i finanziamenti russi e a mostrarsi “dediabolizzata”, la relazione con Afd stava diventando troppo pericolosa per il processo di graduale assimilazione delle destre estreme in Ue. Dopo giugno, l’eventuale vuoto di Afd verrebbe comunque compensato con altre dinamiche.
Salvini questo mercoledì ha detto che «Orbán è più vicino a Ecr», ma in caso il piano Ecr non vada in porto, l’assenza di Afd aiuterà. Nel 2022 Orbán – che ha sempre fatto leva sui rapporti economici con la Germania come ponte anche politico – lo aveva proprio detto: in un gruppo con Afd non sarebbe mai andato. «Siamo costretti a sacrificare i rapporti con l’Afd sull’altare delle migliori relazioni intergovernative possibili».
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