Se il gap tra l’Iva dovuta e quella effettivamente versata si è dimezzato in cinque anni, il gap dell’Irpef dei lavoratori autonomi e degli imprenditori individuali è rimasto pressoché inalterato. Ecco tutti i motivi per cui è urgente una riforma dell’amministrazione finanziaria
È ormai noto il calo tendenziale del tax gap in Italia negli ultimi cinque anni, cioè della differenza tra le imposte dovute e quelle effettivamente versate. In particolare è stato in varie sedi evidenziato il dimezzamento dell’evasione dell’Iva.
Sono meno noti, però, due elementi ulteriori. Primo, il calo del gap dell’Iva si è verificato in pressoché tutti i paesi europei, e quello italiano continua a essere pari al triplo di quello francese e a due e volte e mezzo quello tedesco. I maggiori Stati del continente hanno innovato le proprie amministrazioni fiscali, rendendo disponibili nuovi strumenti sia procedurali che normativi ed effettuando massicci investimenti tecnologici.
Inoltre, si sono verificati alcuni cambiamenti strutturali del sistema economico, quali la diffusione di pagamenti elettronici spinta dalla pandemia, l’aumento delle dimensioni medie degli operatori commerciali, e il cambiamento delle modalità di gestione della funzione fiscale all’interno delle imprese.
Quel che non cambia
Ma vi è un secondo elemento nei dati che è più inquietante: il gap dell’Irpef dei lavoratori autonomi e degli imprenditori individuali è rimasto pressoché inalterato, pari ai due terzi dell’imposta potenziale, e non ha seguito quello dell’Iva. Questa stranezza potrebbe essere legata – qualche indicazione in questo senso era presente nella Relazione evasione del 2023 – a una sorta di asimmetria degli effetti della fatturazione elettronica, che avrebbe comportato una riduzione dell’evasione da parte dei soggetti Ires (quindi le società di capitali) e non dei soggetti Irpef (quindi imprenditori individuali e lavoratori autonomi).
Va ricordato che, per le modalità con cui viene attualmente realizzata, la fatturazione elettronica non comporta alcun incrocio in tempo reale tra i dati comunicati dal singolo fornitore e quelli trasmessi dal singolo cliente di ogni transazione. Comporta, invece, la comunicazione, da parte dell’amministrazione finanziaria, a ciascun operatore Iva dell’insieme delle fatture emesse in un determinato periodo a suo carico.
L’effetto della fatturazione elettronica, quindi, può dipendere da due elementi, uno squisitamente psicologico – la percezione che il contribuente ha di una maggiore astratta possibilità di essere controllato – e uno più strutturale. Quest’ultimo è legato proprio all’integrazione delle funzioni fiscali e di gestione economico-contabile a cui abbiamo fatto cenno in precedenza.
Nelle società di capitali, l’adozione della fatturazione elettronica potrebbe essere stata causa di una ristrutturazione dei processi di gestione fiscale che sono diventati, anche per le imprese per le quali non lo erano già da prima, parte integrante della gestione dell’attività, con la produzione della documentazione fiscale contemporanea a quella contabile.
La fatturazione elettronica avrebbe quindi un effetto di fluidificazione del processo e l’evasione, in quanto attività che richiede una qualche interruzione o manipolazione del normale processo di gestione, si sarebbe di conseguenza ridotta. Nelle attività economiche meno strutturate, invece, ciò potrebbe non essere avvenuto nella stessa misura, e la fatturazione elettronica non avrebbe quindi inciso né sulla riduzione dell’evasione dell’Iva né sull’evasione dell’Irpef.
Quale che sia la spiegazione dell’asimmetria tra gap dell’Iva e gap dell’Irpef, è un dato di fatto che oggi le politiche di contrasto dell’evasione devono concentrarsi sul contrasto di quella realizzata dai lavoratori autonomi e degli imprenditori individuali, che continua a collocarsi su livelli abnormi nei confronti dei quali gli strumenti adottati negli ultimi anni non hanno funzionato.
Più poteri all’amministrazione
È sulle riforme dell’amministrazione finanziaria che dobbiamo concentrare l’attenzione. Quelle proposte o fatte dal centrodestra nell’ambito della delega fiscale riguardano quasi esclusivamente aspetti formali e procedurali (termini e scadenze). Bisogna invece entrare nel merito dei poteri e delle responsabilità delle amministrazioni finanziarie, perché evidentemente quelli fino a oggi definiti non sono stati sufficienti per ridurre l’evasione dell’Irpef di lavoratori autonomi e imprenditori individuali.
Non parlerei genericamente di potenziamento dell’uso delle banche dati (che è ormai diventato uno slogan consunto, un po’ come la stessa “lotta senza quartiere all’evasione fiscale”), ma invece di una riforma complessiva incentrata su quattro principi.
In primo luogo occorre aumentare i poteri, ma anche le responsabilità, dell’amministrazione finanziaria nell’analisi e nell’utilizzo dei dati e nei poteri di accertamento. A oggi non esiste una procedura normativamente definita che consenta all’amministrazione finanziaria di utilizzare in modo massivo e generalizzato (cioè non per l’estrazione di singoli sottoinsiemi o gruppi di casi predefiniti) tutte le banche dati in suo possesso. L’unica procedura che, con estrema fatica, è stata messa in campo in tutti questi anni riguarda esclusivamente l’Anagrafe dei rapporti, per l’utilizzo massivo della quale è stata prevista una norma ad hoc nella legge di Bilancio per il 2020, attuata con un decreto ministeriale venuto alla luce, a causa delle resistenze del Garante della privacy, solo nel 2022 (e solo grazie al Pnrr).
Questa procedura potrebbe servire da modello per la riforma, prevedendo che l’analisi massiva dei dati pseudonimizzati provenienti da qualsiasi banca dati nella disponibilità dell’amministrazione finanziaria avvenga sfruttando appieno le possibilità offerte dall’articolo 23 del regolamento sulla Protezione dei dati, ed estendendola a tutte le fasi dell’interlocuzione con il contribuente, dalla presentazione della dichiarazione alla riscossione.
D’altronde, oggi è sempre più importante rinforzare l’azione di adempimento spontaneo attraverso le comunicazioni mirate ai contribuenti, ma si dovrebbe anche poter prevedere l’accertamento nei confronti dei contribuenti che rimangano inerti dopo il ricevimento delle comunicazioni che si fondano su incroci dei dati ad alta affidabilità, a loro volta normativamente definite.
Infine, andrebbero previsti per legge i criteri di priorità per la riscossione delle imposte erariali e la conseguente attribuzione all’agenzia della riscossione di tutti i poteri necessari ad applicare questi criteri, con particolare riferimento a quelli che nelle best practice internazionali sono risultati funzionali alla classificazione dei contribuenti rispetto al rischio futuro di non pagamento attraverso l’uso dell’intelligenza artificiale.
Verifica dei risultati
A quest’espansione dei poteri deve corrispondere, in forza di un naturale principio di bilanciamento, un aumento delle responsabilità dell’amministrazione finanziaria rispetto al conseguimento di determinati risultati attraverso l’utilizzo massivo dei dati. Le best practice internazionali devono essere integrate negli obiettivi, anche quantitativi, posti all’amministrazione finanziaria nelle apposite convenzioni con il ministero, e i risultati ottenuti devono essere documentati o nella Relazione evasione oppure attraverso un’apposita relazione al parlamento.
Inoltre, l’amministrazione finanziaria deve essere riorganizzata in modo funzionale al migliore sfruttamento possibile dei nuovi poteri, e dotata delle risorse umane e materiali necessarie a questo scopo, prevedendo, in particolare, un rafforzamento delle competenze di tipo statistico e informatico e una loro maggiore integrazione con le filiere operative, da perseguire sia a livello centrale sia a livello territoriale.
Infine, vanno rivisti i diversi regimi premiali, in particolare di quelli previsti dagli Isa e dal Concordato preventivo, che a mio avviso va abolito solo per i soggetti forfettari (lo stesso regime forfettario andrebbe gradualmente riassorbito), mentre, per i soggetti Isa, va riformato e reso sinergico rispetto a questi ultimi, e quindi abolendo gli sconti di aliquota e introducendo, invece, una premialità di tipo procedurale che cresce al crescere dello sforzo fiscale dei contribuenti rispetto al loro pregresso storico.
Infine, è opportuno menzionare alcune direzioni in cui muoversi a livello internazionale. Per quanto riguarda le procedure amministrative, occorre chiedere che lo scambio automatico di informazioni (Crs) sia esteso alle proprietà immobiliari e siano eliminati i loopholes che ancora vi sono (proposte del Global Tax Evasion Report).
Per quanto riguarda le persone fisiche, credo sia quantomeno da considerare l’iniziativa sull’introduzione di una minimum tax sui super ricchi (da coordinare con le proposte sulla tassazione patrimoniale della campagna Tax the Rich). Per quanto riguarda le multinazionali, bisogna prendere atto del fallimento del cosiddetto Primo pilastro e tornare a chiedere l’introduzione di una digital tax europea.
© Riproduzione riservata