- Cinecittà Spa, la società dei celebri studi cinematografici romani di proprietà del ministero dell’Economia e finanza (Mef), ha annunciato un accordo con Cassa depositi e prestiti (Cdp) per l’acquisto di 31 ettari di terreni, e annessi fabbricati, adiacenti agli studios.
- Non è stato reso noto il valore pattuito, né la natura dell’operazione.
- L’acquisto è parte di un grande piano di sviluppo di Cinecittà che prevede investimenti per 195 milioni (i dati sono del Piano 2022-2026 di Cinecittà), più altri 75 di possibili interventi relativi al terreno Cdp.
Con un enfatico comunicato stampa a fine anno, Cinecittà Spa, la società dei celebri studi cinematografici romani di proprietà del ministero dell’Economia e finanza (Mef), ha annunciato un accordo con Cassa depositi e prestiti (Cdp) per l’acquisto di 31 ettari di terreni, e annessi fabbricati, adiacenti agli studios.
Non è stato reso noto il valore pattuito, né la natura dell’operazione. Ma da una dichiarazione del ministro della Cultura, Dario Franceschini, sembrerebbe un conferimento di Cdp per entrare nel capitale; se tale fosse il caso, rimarrebbe da capire come si concili con la volontà del nuovo vertice Cdp di razionalizzare le partecipazioni.
L’acquisto è parte di un grande piano di sviluppo di Cinecittà che prevede investimenti per 195 milioni (i dati sono del Piano 2022-2026 di Cinecittà), più altri 75 di possibili interventi relativi al terreno Cdp. Se Cinecittà fosse una normale società privata avrei difficoltà a immaginare finanziamenti così munifici, visto che nel triennio 2019-2021 ha perso complessivamente quasi 8 milioni su 43 di fatturato.
Va bene, c’è stato il crollo del fatturato nel 2020 per il Covid, ma già nel 2019 il risultato operativo era di appena mezzo milione e quest’anno ne ha persi quasi 6 nonostante la crescita del consumo di contenuti audiovisivi. Il mistero è presto risolto: tutti gli investimenti sono interamente coperti da 300 milioni del Pnrr.
A quali condizioni, in quanta parte a fondo perduto, se e in quanta parte a rifinanziare debito esistente, non è dato a sapere: il Piano contiene infatti solo le proiezioni del conto economico (ovvero ricavi e costi), ma non dello stato patrimoniale (ovvero attività e passività). Con le risorse del Pnrr il Piano si ripromette di rilanciare Cinecittà beneficiando del boom della produzione di contenuti audiovisivi: ma non mi sembra che si faccia un utilizzo ottimale delle risorse visto che dai dati disponibili si può stimare un rendimento sul capitale investito inferiore al 2 per cento nel 2026. Una stima che peraltro non tiene conto che l’utile previsto dal Piano «non include la quota di ammortamento coperta da contributi».
Né sapremo a posteriori se gli obiettivi saranno raggiunti perché «Cinecittà Spa non si assume alcun impegno di aggiornare pubblicamente e di rivedere previsioni e stime, qualora fossero disponibili nuove informazioni, di eventi futuri o di altro».
Cinepanettone
È vero che il ritorno degli investimenti in cultura non si misura in punti percentuali, ma Cinecittà Spa ha dichiaratamente l’obiettivo di generare ricavi e utili operando nel mercato delle produzioni audiovisive che è di grandi dimensioni (circa 1,3 miliardi quest’anno), in forte crescita, redditizio, concorrenziale e per lo più composto da società private.
Assimilare dunque Cinecittà Spa a un museo o a un Ente Lirico mi sembrerebbe una forzatura a essere generosi. Che poi lo stato si indebiti con la Commissione europea (perché il Pnrr per la maggior parte è debito) per dare capitali a una società di cui è l’unico azionista (tramite Mef), che in parte li girerà alla Cdp, di cui è pure azionista di controllo, affinché entri a sua volta nel capitale di Cinecittà lascia perplessi.
A completare il quadro di questo giro dell’oca, lo stato è l’unico azionista di Cinecittà (direttamente con il Mef e domani anche tramite Cdp), ma ne delega la gestione al ministero della Cultura, che la considera il proprio “braccio operativo”. L’unica spiegazione possibile è che si sia voluto dare un contentino a un ministero che faceva la figura del parente povero nella spartizione dei fondi del Pnrr.
È indubbio che la cultura abbia bisogno di risorse, e che il cinema sia cultura, ma questo utilizzo del Prnn assomiglia a un sussidio a un’impresa pubblica che altrimenti non riuscirebbe a sopravvivere in un mercato concorrenziale. Non il modo migliore di usare risorse che andranno ad aumentare la montagna del nostro debito pubblico.
Il comunicato ci rammenta che il Pnrr è stato presentato da Mario Draghi e Ursula von del Leyen, presidente della Commissione, proprio negli studi di Cinecittà. Speriamo non sia di cattivo augurio e il Pnrr non si trasformi in una farsa da cinepanettone. Alla fine, non si divertirebbe nessuno.
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