Ottant’anni fa, il 14 novembre del 1944, moriva Genoeffa, la madre dei fratelli Cervi e delle sorelle Rina e Diomira. Era passato poco meno di un anno da quando i suoi sette figli furono fucilati per rappresaglia dai fascisti, all’alba del 28 dicembre 1943. Come le tante donne partigiane, contribuì a lottare, concorrendo a costruire le basi della Resistenza
Ottant’anni fa, il 14 novembre del 1944, moriva Genoeffa, la madre dei fratelli Cervi e delle sorelle Rina e Diomira. Era passato poco meno di un anno da quando i suoi sette figli furono fucilati per rappresaglia dai fascisti, all’alba del 28 dicembre 1943, con l’intenzione di soffocare definitivamente i primi semi della Resistenza.
Una Resistenza alla quale la famiglia Cervi aveva fornito un impulso decisivo: diede vita a una delle prime bande partigiane all’indomani dell’8 settembre 1943, giorno dell’Armistizio, ospitò ex prigionieri e nemici del regime, scelse di avere e di diffondere idee di libertà e di democrazia in un periodo in cui pensare con la propria testa era proibito.
Genoeffa morì consumata da un dolore troppo grande da sopportare, scrisse anni più tardi papà Alcide Cervi nel libro I miei sette figli. Di lei rimangono pochi documenti: tra questi le memorie di Alcide e, fra le foto, quella “iconica” che la ritrae insieme alla sua famiglia, appena dopo il trasferimento nella casa ai Campirossi, a Gattatico, a metà strada fra Parma e Reggio Emilia, dove poi i fratelli verranno catturati un mese prima della fucilazione.
Nella grande vicenda dei fratelli Cervi, la figura di Genoeffa è passata a lungo, e ingiustamente, in secondo piano, così come quello delle donne, relegate da una certa narrazione maschile a rammendare silenziosamente i panni della storia.
L’educazione dei figli
Negli ultimi anni studi e approfondimenti hanno permesso di riscattarne la lettura di madre sofferente e testimone passiva delle scelte dei suoi figli. Genoeffa fu molto più di questo: ebbe un ruolo fondamentale nell’educazione dei propri figli.
Contadina, li aveva avvicinati sin da piccoli all’importanza del sapere e della cultura. La sera, prima di andare a dormire, seduta nella stalla, leggeva a tutta la famiglia libri e romanzi, dalla Bibbia ai Promessi Sposi. Donna coraggiosa e battagliera, ma anche dolce e intelligente, fu un punto di riferimento per i figli fino alla fine, incoraggiandoli nelle loro ambizioni e aspirazioni.
Trasmise loro i valori, gli ideali, l'intraprendenza, la curiosità per il mondo, rappresentate dal grande mappamondo, che insieme al grande trattore è oggi simbolo del museo Cervi.
La «scelta della libertà»
Genoeffa nacque nel 1877. Era religiosa, come tante contadine del suo tempo, e profondamente operosa: lavorava nei campi, rammendava, curava l’orto e gli animali. Il marito Alcide disse di lei che era a un tempo «Marta e Maria».
Ma, al contrario di tante massaie dell’epoca, sapeva leggere ed era cosciente dell’importanza del sapere come strumento di libertà. Un principio dal quale sarebbe fiorito l’antifascismo clandestino, che si alimentava delle letture proibite dal regime: libri, giornali, fogli stampati con le pedaline, che diffondevano messaggi nuovi, diversi, quindi ritenuti pericolosi dall’ordine costituito. Proprio qui si fonda la cultura della «scelta della libertà» – non a caso il titolo della guida del museo Cervi – che i fratelli, contadini innovatori, abbracciarono fino in fondo, pagando con la vita.
Genoeffa fu consapevole di tutto questo. Come le tante donne partigiane, contribuì a lottare e farsi carico di questa scelta coraggiosa, concorrendo a costruire le basi della Resistenza. Una reazione profonda, la sua, alle ingiustizie, alle violenze – un dissenso prima di tutto morale più che politico. La sua storia riflette la Resistenza di molte altre donne, forse più silenziosa, ma non per questo meno vera e sentita, che per molti anni non è stata inclusa nelle pagine ufficiali della storia.
Tra passato e presente
«Finalmente le donne di casa Cervi sono state riconosciute come protagoniste, accanto agli uomini, della vicenda straordinaria della famiglia Cervi. La celebrazione degli 80 anni vuole rendere attuali le vite delle donne che, come gli uomini, hanno fatto la storia dell’Italia», dice Albertina Soliani, presidente dell’istituto Alcide Cervi.
E proprio qui si inserisce il convegno “Gli strappi della storia e le riparazioni delle donne. La vicenda esemplare di Genoeffa Cocconi 80 anni dopo, fra storia e sguardi contemporanei”, in programma sabato 16 novembre dalle 15.30 all’istituto Alcide Cervi a Gattatico (Reggio Emilia). Un’occasione non solo per parlare di Genoeffa, grazie alla presenza delle storiche Dianella Gagliani e Laura Artioli, ma anche del ruolo della donna nella Resistenza italiana fino alle tante “resistenze” di oggi nel mondo.
Un filo rosso fra passato e presente, grazie all’intervento della storica Elisabetta Salvini e alle preziose testimonianze di Diana Bota, mediatrice linguistica e culturale di lingua ucraina e russa, Gulala Salih, attivista curda, e Mahi Tavabeghavami, attivista per i diritti delle donne iraniane.
Ancora oggi, seppure in modalità, luoghi e contesti differenti, si continua a resistere. E se ci sono uomini che resistono, ci sono sempre donne che resistono: un’affermazione apparentemente banale, ma che nel 2024 ancora non suona così scontata.
Se è vero che molti passi avanti sono stati compiuti, ancora lunga è la strada da percorrere, nel riconoscimento del valore della donna, ieri come oggi. Forse, allora, è bene anche per questo voltarsi indietro alle resistenti del passato, che scelsero di non rimanere al loro posto, ma di ribellarsi alle ingiustizie del loro tempo, di fare rumore. Donne che, come Genoeffa, decisero di resistere.
* Paola Varesi, responsabile museo Cervi, e Michele Alinovi, ufficio stampa Istituto Alcide Cervi
© Riproduzione riservata