- Il partito di Giorgia Meloni è passato da circa il 4 per cento al 26 per cento. Da dove arrivano tutti questi voti? Buona parte degli elettori che nel 2022 hanno votato per Fdi nel 2018 avevano scelto Forza Italia e Lega, ma c’è anche una quota dei loro elettori 2022 (almeno uno su sei) che nel 2018 aveva votato per un partito di centrosinistra o per i Cinque stelle.
- Come si vede dai flussi stimati con riguardo al 2019, si tratta con tutta probabilità di elettori già transitati verso la Lega alle europee. I flussi in entrata dal 2019 che gonfiano FdI nel 2022 vengono quasi tutti dal centrodestra.
- Gli ulteriori voti in arrivo da elettori ex-M5s e ex-Pd sono in genere limitati, almeno al centro-nord.
Le elezioni politiche di domenica 25 settembre hanno restituito un risultato inedito sotto molti aspetti. Un partito che quattro anni fa aveva circa il 4 per cento diventa la prima forza politica con il 26 per cento. Il Movimento cinque stelle, che nel 2018 aveva ottenuto quasi un terzo dei voti validi, oggi supera di poco il 15 per cento. Il soggetto politico guidato da Carlo Calenda, allora inesistente, ha ottenuto alla sua prima prova il 7,8 per cento. In soli quattro anni, quindi, moltissimi elettori hanno modificato le loro scelte di voto. Ma questo cambiamento era in parte già avvenuto, in parte era stato preceduto da ulteriori smottamenti.
La Lega aveva ottenuto 17,3 per cento del 2018, alle europee dell’anno dopo era arrivata fino al picco del 34,3 per cento; il M5S che aveva registrato il suo miglior risultato nel 2018 con il 32,7 per cento, l’anno dopo era crollato al 17,7 per cento, quando buona parte dei suoi ex-elettori avevano favorito il successo leghista e contribuito a ricostituire una maggioranza elettorale di centrodestra.
Da qui anche il dubbio su quale sia il termine di confronto più corretto, il 2018 o il 2019, sia per giudicare il risultato che per stimare i cambiamenti.
Le elezioni del 2019 sono quelle più vicine temporalmente, quindi la base di allora è più simile a quella che ha votato nel 2022, oltre che per composizione dell’elettorato per numero di votanti: nel 2019 e nel 2022 hanno votato 27,7 e 29,5 milioni di italiani, contro i 33,9 milioni del 2018. Inoltre, il dibattito pubblico ha di fatto preso più spesso a riferimento le misure del 2019 per giudicare successi e arretramenti delle forze politiche.
Nella analisi dell’Istituto Cattaneo (reperibile su www.cattaneo.org) ci sono dati anche relativi ai flussi 2018-2022. Qui ci focalizziamo soprattutto su quelli dal 2019. Non senza avere prima ricordato che la tecnica da noi adottata per stimare i flussi può essere applicata solo ai risultati di grandi città (sugli aspetti tecnici rinviamo alla versione completa del rapporto), nelle quali, come è stato mostrato in altre analisi dell’Istituto Cattaneo, i comportamenti di voto non sono del tutto allineati con i comportamenti registrati in aree meno densamente urbanizzate, in piccoli comuni o in zone montane e rurali.
I dati più interessanti che emergono dalla nostra analisi riguardano i tre partiti il cui elettorato è cambiato di più nel 2022. Nel caso di Fratelli d’Italia per la notevole crescita, nel caso di Azione-Iv perché prima non esisteva, nel caso del M5S perché è il partito che ha registrato la più ampia sostituzione di elettori rispetto alle tornate elettorali precedenti, nonostante abbia mantenuto livelli di consenso simili al 2019.
Come è facile intuire, Fi e Lega hanno soprattutto perso voti verso FdI. Il partito di Matteo Salvini perde voti anche verso Forza Italia (soprattutto al Sud), verso l’astensione e in misura minore verso Azione e il Pd.
Il Pd, a sua volta, ha perso qualche punto rispetto alle europee, come il M5s, ma al contrario del partito di Giuseppe Conte, ha anche mantenuto più o meno lo stesso elettorato.
Il grosso degli elettori che hanno votato per i democratici nel 2022 lo avevano fatto anche nel 2018 e nel 2019. Tra i flussi in uscita il più rilevante è quello, ricorrente in ogni città, verso Azione: tranne un paio di casi in cui questo flusso si ferma al 7-8 per cento, riguarda fra il 10 e il 20 per cento degli elettori democratici. Tra i flussi in entrata, si segnalano recuperi dal M5s.
Da dove arrivano i voti di FdI
Il partito di Giorgia Meloni è passato da circa il 4 per cento al 26 per cento. Da dove arrivano tutti questi voti? Buona parte degli elettori che nel 2022 hanno votato per Fdi nel 2018 avevano scelto Forza Italia e Lega, ma c’è anche una quota dei loro elettori 2022 (almeno uno su sei) che nel 2018 aveva votato per un partito di centrosinistra o per i Cinque stelle.
Come si vede dai flussi stimati con riguardo al 2019, si tratta con tutta probabilità di elettori già transitati verso la Lega alle europee. I flussi in entrata dal 2019 che gonfiano FdI nel 2022 vengono quasi tutti dal centrodestra. Gli ulteriori voti in arrivo da elettori ex-M5s e ex-Pd sono in genere limitati, almeno al centro-nord.
Le città del Sud (si veda in particolare Napoli), si caratterizzano per una mobilità elettorale elevata e una fedeltà partitica abbastanza debole: in questo caso i voti in arrivo dal centrosinistra sono in numero maggiore. Ancora pù eclatante il caso di Catania, dove va considerato anche un effetto della candidatura al parlamento del governatore uscente dela regione, Nello Musumeci.
Da dove vengono i voti del M5s
Osservando i flussi rispetto ai risultati del 2018 emerge anzitutto che il M5s perde ovunque una larga quota di voti a favore dell’astensione. Una quota considerevole di voti si dirige verso il centrodestra: si tratta di voti che oggi, dopo aver, verosimilmente, premiato la Lega alle europee, premiano in prevalenza Fdi.
Anche il Pd in genere rosicchia quote di voti da questo elettorato ma in misura generalmente più modesta rispetto al centrodestra. Rispetto all’astensionismo, i flussi sono bidirezionali: in tutte le città il partito di Conte ha ingenti perdite, ma in alcuni casi ha anche elevati recuperi da questo bacino: entrambi i flussi sono indice di una forte contiguità di questo elettorato con l’area della protesta e della disillusione.
Se ci concentriamo, come abbiamo fatto per FdI, sui flussi in entrata vediamo che sia rispetto al 2018 che rispetto al 2019, il M5s attinge sostanzialmente a due soli bacini: quello dei suoi elettori più fedeli e quello degli astensionisti. Non gode insomma di ingressi significativi da sinistra.
Da dove vengono i voti per Calenda?
Azione è un partito nuovo, che non si era mai presentato alle elezioni prima d’ora. Quali sono i canali che hanno alimentato il suo elettorato?
Collocato in posizione centrista, il partito di Carlo Calenda e Matteo Renzi aspirava a conquistare voti sia a destra sia a sinistra. Le stime dei flussi indicano che la quota principale del suo elettorato è arrivata dal Pd (la quota di voti di Calenda che arriva da questa fonte oscilla tra circa un terzo a circa la metà, a seconda della città considerata).
Tuttavia, sommando le sue tre componenti (Fdi, Lega, FI), anche elettori che nel 2019 avevano votato per il centrodestra, contribuiscono al risultato del partito di Calenda con una quota significativa di voti, pari in media a circa il 40 per cento dell’elettorato della nuova formazione politica.
In pratica, sono riusciti nell’intento di diventare un partito di frontiera, anche se la misura non è stata del tutto all’altezza delle ambizioni.
Chi ha alimentato l’astensione
Infine, chi ha consegnato più elettori all’astensione? Lega, Forza Italia e Movimento 5 stelle sono i partiti che hanno subito le perdite maggiori (per il partito di Conte in parte compensate da flussi in entrata di segno opposto).
Fratelli d’Italia e Pd sono riusciti a portare al voto buona parte del proprio elettorato del 2018. Ma si sa, nel primo caso con una ricca aggiunta, nel secondo mantenendo più o meno quello cha avevano ottenuto.
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