- La giovinezza deve essere l’età dell’avventura. Ha dei costi mentali, può avere dei costi economici, e non è nemmeno un desiderio che hanno tutti.
- Ci piacciono i numeri, i risultati, le certezze, con l’età ci trasformiamo in piccoli istituti di credito molto diligenti che devono misurare accuratamente una serie di parametri per decidere se concedere un prestito.
- Ma se dovessi descrivere la giovinezza ideale, quella che vorrei che tutti potessero provare a vivere in una società giusta, avendo le stesse opportunità, non parlerei di perfezione e di eliminazione del fallimento, ma punterei più sull’immagine delle navi che salpano alla scoperta di qualcosa di sconosciuto.
Il problema del perfezionismo nella giovinezza mi sta a cuore, e non solo perché ho due figli piccoli. L’esempio tipico del perfezionismo (abbiamo visto anche casi recenti) è quello dello studente che viene considerato esemplare perché completa il proprio percorso di studi senza neppure una macchia, sacrificando ogni cosa, il sonno, le relazioni amorose che sceglie di non avere. Come se fosse un ballerino ossessionato dall’ultimo grammo di grasso da perdere. Questa immagine è chiaramente diversa da quella di chi raggiunge risultati anche eccellenti per passione, e soprattutto perché vuole costruire mondi nuovi, senza abbandonare il senso della realtà e dei propri limiti, e imparando anche dagli errori. Senza abbandonare, soprattutto, lo spirito dell’avventura, che richiede di accettare il caos nella propria vita.
Da sempre sono convinta che la giovinezza debba essere l’età dell’avventura. So che spesso non lo è, perché anche vivere l’avventura è un privilegio. Ha dei costi mentali, può avere dei costi economici, e non è nemmeno un desiderio che hanno tutti. Ma senza arrivare a chissà quali sogni estremi di libertà in mare aperto, se dovessi descrivere la giovinezza ideale, quella che vorrei che tutti potessero provare a vivere in una società giusta, avendo le stesse opportunità, non parlerei di perfezione e di eliminazione del fallimento, ma punterei più sull’immagine delle navi che salpano alla scoperta di qualcosa di sconosciuto.
L’avventura può essere fisica, pensiamo appunto all’avventuriero che si muove verso territori estranei, ma può essere anche intellettuale: immaginiamo una ragazza che ami, per esempio, la scienza, e che sogni di poter rivelare qualcosa di nuovo al mondo, un giorno.
Perdi tempo
Per farlo segue naturalmente il percorso di studi necessario, si impegna ad apprendere quanto richiesto, ad acquisire solide basi concettuali, ma la sua passione la porta a un certo punto a superare i percorsi disegnati dagli altri: magari metterà a rischio il trenta e lode a un esame per studiare invece un aspetto della materia che la incuriosisce, e che non è incluso nel programma.
“Stai perdendo tempo, quello agli esami non lo chiedono mai” è una frase che alla ragazza interesserà fino a un certo punto. Sa bene che il tempo è una risorsa scarsa, e che per minimizzare i rischi le converrebbe seguire le regole pedissequamente, ma essendo un’amante dell’avventura sente che deve uscire anche solo un poco dai sentieri tracciati.
Non per forza i suoi genitori e gli adulti intorno le consiglierebbero di fare quello che fa. Ma lei lo fa, forse perché non le interessa molto il giudizio degli altri.
I genitori, e gli adulti in generale, sono molto avversi al rischio. È una conseguenza del tempo che passa, tanti di noi sono più moderati oggi di quanto fossero in passato. Ci piacciono i numeri, i risultati, le certezze, con l’età ci trasformiamo in piccoli istituti di credito molto diligenti che devono misurare accuratamente una serie di parametri per decidere se concedere un prestito.
E ci allontaniamo invece – per restare nella metafora del mondo degli affari – dall’imprenditore visionario che investe tutto in un progetto, e lo fa non solo non sapendo se il progetto raggiungerà certi risultati molto precisi, ma anche senza sapere se il progetto produrrà mai i numeri intorno ai quali costruirli, questi risultati da misurare. Chi è nel giusto? Chi fa del bene alla società?
Nel mondo degli affari diremo che abbiamo bisogno di entrambe le cose, sia di chi ha il desiderio di assumersi dei rischi, sia di chi mette dei paletti. L’economia è tutto un gioco di propensioni e avversioni che si sfiorano.
Naturalmente le due figure si incontreranno: prima o poi l’imprenditore dovrà chiedere un prestito, e incontrerà la banca. Dovrà mettersi una camicia pulita, una cravatta, dovrà mostrare delle previsioni numeriche sensate. E prima o poi la ragazza che ama la scienza dovrà scrivere un curriculum, fare dei colloqui di lavoro, andare da un parrucchiere per non sembrare una pazza, e lo sa benissimo.
Ma questo non significa che mentre immaginiamo la società ideale noi promuoviamo solo l’idea di individui perfetti e in fondo prevedibili, che hanno rispettato tutti i paletti e che oggi ci mostrano la propria realizzazione esteticamente impeccabile. Il caos è una cosa seria, oggi più che mai. Sicuramente ci interessa anche chi negli anni della giovinezza ha fatto un po’ di errori e ha vissuto un po’ di avventure: queste persone possono aiutarci a navigare nella confusione con idee nuove e divergenti.
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