Per quanto ci sforziamo di spronare i nostri figli alla curiosità e alla scoperta, in fondo non vogliamo che abbiano troppo a che fare col pericolo e col mistero.
La caverna in cui hai paura di entrare contiene il tesoro che cerchi. Ho immaginato di scrivere questa frase sul muro della stanza di mia figlia grande, anche se non lo farò. Ma se fossi una persona spiritualmente valida, forse lo farei.
La frase è solitamente attribuita a Joseph Campbell, uno dei più grandi studiosi di mitologia comparata. Di certo la potete usare in vari modi nella vita per uscire dalla prigione dell’ordine apparente.
Quello che mi interessa, però, è che potrebbe essere un insegnamento interessante che trasmettiamo ai figli. Ma so anche che è difficile riuscire a trasmetterlo, perché si tratta di un insegnamento che contiene l’accettazione del pericolo e del mistero. Un insegnamento paradossale, per un genitore.
Per quanto ci sforziamo di spronare i nostri figli alla curiosità e alla scoperta, in fondo non vogliamo che abbiano troppo a che fare col pericolo e col mistero: sappiamo benissimo che esistono gli enigmi, e quando ne abbiamo fatto esperienza, da giovani o più avanti, ne abbiamo compreso il valore. Ma per qualche ragione siamo convinti che i nostri figli avranno una vita ricca e interessante pur in assenza di veri enigmi. Di enigmi realmente tali.
La caverna in cui hai paura di entrare contiene il tesoro che cerchi. Se dovessi parlarne con mia figlia le direi che la frase è intrigante per due ragioni. Forse tre. La prima è che dice una verità possibile: esiste un tesoro che cerchiamo, e questo tesoro è uno solo. Non ci sono tanti tesori. Ce n’è uno.
Sono sicura che alcuni penseranno: «No, i tesori che cerco io sono moltissimi». Altri invece: «Io non cerco nessun tesoro, ho solo voglia di dormire, grazie, non ho intenzione di cercare proprio niente».
Mentono? Può darsi. Io penso che tutti, più o meno consapevolmente, cerchino un tesoro, e che questo tesoro sia unico. Se ci concentriamo, sappiamo che è così.
Poi, certo, possiamo dimenticarci di cercarlo, presi da altre cose. Possiamo rimuovere la necessità di cercarlo. Siamo capaci di rimuovere molti pensieri, dunque perché non anche questo.
Riconoscere la caverna
La seconda cosa che la frase suggerisce è che questo tesoro non sia un sogno e basta, ma sia rintracciabile. Si trova nella caverna in cui tu, figlia, hai paura di entrare. Ora si tratta solo di trovare questa caverna e di entrarci.
Dovrebbe essere semplice: se sai qual è la caverna in cui hai paura di entrare, sei già arrivata. La riconosci da fuori, quantomeno. Sì? Dipende.
In realtà potrebbe essere difficilissimo, per te, capire di cosa hai paura. Ci potrebbero volere anni di autoanalisi o di psicoterapia per capire qual è la caverna. È terribile immaginare di trovarsi un giorno di fronte a molte caverne senza saper dire quale ti fa più paura.
Il terzo insegnamento è che se anche non sai qual è la caverna che ti fa paura, sai però che la caverna esiste.
Una volta entrati nel mondo della frase, non possiamo negare l’esistenza del tesoro, e se il tesoro esiste, esiste la caverna. Invento ora per voi questa storiella. Una persona cammina senza pensieri in un luogo in cui va spesso, e che le è famigliare. Una passeggiata qualsiasi.
A un certo punto resta di sasso, perché trova di fronte a sé il tesoro che ha sempre cercato. Lo riconosce all’istante, non ci sono dubbi.
È un momento di gioia. Subito però si rende conto di qualcosa di terribile. Se quello è il tesoro, allora, senza essersene resa conto, è finita nella caverna che le fa paura. Si trova nel luogo più spaventoso, perché solo quel luogo contiene il tesoro. Quel luogo famigliare è in realtà la caverna. Il turbamento è grandissimo.
Capite perché questa frase non può essere un insegnamento che facilmente trasmettiamo ai figli? Basterebbe una caverna qualsiasi per farci preoccupare per i nostri bambini, figuriamoci se è proprio quella che loro stessi temono di frequentare. E il tesoro? Ma dai, è proprio necessario questo tesoro? Magari no.
I genitori, in fondo, non sono mai convinti della necessità che i figli cerchino un tesoro. Parliamo dei nostri figli e delle loro imprese, piccole o grandi, e lo facciamo con autocompiacimento. Ma a noi genitori piacciono le imprese ben impacchettate, sicure, a buon fine.
Le imprese moderate. Figurati se lasciamo che i nostri figli inseguano un tesoro di natura spericolata, non scherziamo.
E infatti loro, che non sono stupidi, non ci diranno mai cosa cercano veramente. Nostra figlia dovrà incontrare qualcun altro che sia in grado di parlarle delle caverne e dei tesori.
Meglio anche non sapere mai chi sarà, questo qualcun altro, e perché lo fa. E cosa vuole, poi. Appunto: ma cosa vuole?
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