- Inso è una malandata società fiorentina specializzata nella progettazione di ospedali. L'azienda fiorentina è in amministrazione straordinaria, travolta dal crac della sua controllante, la gloriosa Condotte. Il 31 luglio 2019 i tre commissari l'hanno messa in vendita, ma non si è trovato nessuno interessato.
- Il più grande gruppo italiano delle costruzioni, la Webuild (ex Salini-Impregilo) è andata a vedere un po’ di carte e ha deciso di lasciar perdere.
- Cassa depositi e prestiti è azionista di Webuild, ma dopo il rifiuto di acquisire Inso ha messo in campo un’altra azienda pubblica ancor meno coerente, Fincantieri.
Le aziende italiane sempre più si raccontano con la fantasia cabarettistica di cui furono eroici precursori Vanna Marchi e il mobilificio Aiazzone, per tacere del leggendario Roberto Da Crema. Provate a leggere le due frasi che seguono e a trovare le differenze: «Lavoriamo nella meccanica di precisione, tecnologie avanzate al servizio di progettazioni specifiche». «Multidisciplinarietà e approccio 'chiavi in mano': capacità di provvedere a tutte le fasi del progetto con competenze integrate». Non vedete differenze?
Male, anzi malissimo. Il primo proclama è tratto dal film di Aldo, Giovanni e Giacomo Tre uomini e una gamba (1997), ed è un tentativo di nobilitare il mestiere dei tre protagonisti, commessi in una ferramenta. Il secondo sta invece sul sito Internet della Inso, malandata società fiorentina specializzata nella progettazione di ospedali, e rientra nei tentativi dei tre commissari straordinari Giovanni Bruno, Matteo Uggetti e Gianluca Piredda di rendere appetibile l'azienda.
La storia della Inso illumina l'improvvisazione con cui il governo italiano fa politica industriale. L'azienda fiorentina è in amministrazione straordinaria, travolta dal crac della sua controllante, la gloriosa Condotte. Il 31 luglio 2019 i tre commissari l'hanno messa in vendita, ma non si è trovato nessuno interessato.
A quel punto però, dovendo salvare un'azienda che ha 450 dipendenti, il governo ha tirato fuori dal cilindro la disponibilità della Fincantieri, società quotata in Borsa e controllata dallo Stato attraverso la Cassa depositi e prestiti Cdp), che ha subito definito «prestigiosa» la Inso, anche se non arriva ai 200 milioni di fatturato. E non sembra trattarsi di un gioiello.
Il più grande gruppo italiano delle costruzioni, la Webuild (ex Salini-Impregilo) è andata a vedere un po’ di carte e ha deciso di lasciar perdere. Qui l'affare diventa davvero singolare.
Un anno fa Cdp ha investito 250 milioni su Webuild diventandone azionista al 18 per cento, nell'ambito di una grande operazione detta "Progetto Italia" finalizzata a consolidare (con la partecipazione di Intesa Sanpaolo e Unicredit) il cosiddetto "campione nazionale" delle costruzioni.
Webuild dovrebbe puntare ad assorbire le nobili decadute del mattone, a cominciare dall'Astaldi, per raggiungere dimensioni sufficienti a battersi con dignità sui mercati internazionali.
Soprattutto in un momento come questo, un'azienda specializzata nella progettazione degli ospedali dovrebbe fare gola a un gruppo che fattura 5 miliardi ma dovrebbe crescere almeno un po’ per battersi con un concorrente come la francese Vinci, che di miliardi ne fattura 48.
Invece niente, Webuild rifiuta l'ostacolo e Cdp, che ci ha messo i soldi (così dicono i suoi cantori) per condizionarne le strategie, non fiata. Però mette in campo Fincantieri. Ma perché Webuild no e Fincantieri sì?
E, soprattutto, perché un'azienda che costruisce navi da crociera e navi da guerra investe nella progettazione degli ospedali? La versione ufficiale è che il colosso cantieristico di Trieste ha deciso di diversificarsi nell'impiantistica e nelle infrastrutture.
Attraverso la controllata Fincantieri Infrastructure ha comprato una società che lavora nella strutture d'acciaio, la Cordioli, e si è lanciata nel settore, facendo molto parlare di sè per la partecipazione alla ricostruzione del ponte Morandi, che però è stato ricostruito da Webuild.
L'anno scorso Fincantieri Infrastructure ha fatturato 110 milioni, quest'anno balzerà a 120 milioni. Insomma, compra una società molto più grande di lei.
Il presidente della regione Toscana Eugenio Giani, che partecipa all'operazione acquisendo il 10 per cento di Inso attraverso la finanziaria regionale Sici, ha festeggiato il "salvataggio" e, forse sentendosi un po' come Giorgio La Pira con il Pignone, ha parlato di «operazione non speculativa» che, tradotto dal politichese, vuol dire «le perdite le paga Pantalone».
L'amministratore delegato di Fincantieri Giuseppe Bono ha dichiarato che «la rete di relazioni che Fincantieri ha stabilito in tutto il mondo agevolerà e consoliderà la presenza di Inso nel mercato».
In effetti l'idea di vendere il pacchetto integrato navi da guerra + ospedali è innovativa. Nemmeno Aldo, Giovanni e Giacomo ci avrebbero pensato. Questa è la politica industriale italiana.
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