Per contenere le emissioni bisogna cambiare i comportamenti di miliardi di persone, modificando modi di produzione, catene commerciali, stili di vita. Per farlo bisogna imporsi tramite leggi. Dopo pochi blocchi gli agricoltori hanno invece avuto un loro comunicato sul palco di Sanremo e marciano su Roma. La loro vittoria dimostra quanto sia difficile correggere gli errori.
Nelle Questions sur les miracles (1765), Voltaire diceva che chi può farvi credere cose assurde può farvi commettere atrocità. Più recentemente Hugo Mercier ha sostenuto che chi vuol commettere atrocità vi farà credere cose assurde. Questo sta avvenendo in alcuni commenti di fronte alla protesta degli agricoltori. I trattori hanno vinto, si dice, perché rappresentano istanze vere e il Green Deal è solo ideologia dirigista. L’ambientalismo ideologico è un boomerang per gli stessi ambientalisti, perché inimica alle tematiche ambientali la maggioranza degli elettori – lo ha detto su queste pagine Lorenzo Castellani. Dopo pochi blocchi gli agricoltori hanno avuto un loro comunicato sul palco di Sanremo e marciano su Roma, mentre i giovani di Ultima generazione cominciano a passare inosservati. E, comunque, la crisi climatica è troppo complessa, e forse irreversibile, o comunque non alla nostra portata. Meglio ritornare a questioni politiche più trattabili, più concrete, per così dire (come l’impatto della tecnologia, le diseguaglianze, il crollo demografico europeo) – come suggerisce Walter Siti, sempre su questo giornale.
Questa visione si basa su alcune assunzioni false e non sempre in accordo fra loro. La prima è che la protesta degli agricoltori esprima un sentire maggioritario: la maggior parte degli elettori la pensano come gli agricoltori, e vogliono che l’agricoltura tradizionale sia sussidiata, la grande distribuzione riduca i suoi margini di profitto, si continuino a usare pesticidi, si coltivino tutti i terreni possibili, senza rotazione, e così via. La seconda assunzione è che ci siano alternative a imporre per legge tagli alle emissioni, che ci sia, in altre parole, un ambientalismo moderato, non ideologico, capace di tenere conto delle rivendicazioni di tutti o di distribuire meglio i costi della transizione. Così Castellani. La terza assunzione è che, comunque, non si può fare molto per riparare certi danni, ma solo acconciarsi a conviverci, cercando il meno peggio: l’ambientalismo è troppo ambizioso. Così Siti, riecheggiando forse una provocazione di Jonathan Franzen (E se smettessimo di fingere? Ammettiamo che non possiamo più fermare la catastrofe climatica, Einaudi, 2020).
La forza delle leggi
Queste assunzioni sono false. Per contenere le emissioni bisogna cambiare i comportamenti di miliardi di persone, ed è possibile farlo. Bisogna modificare modi di produzione, catene commerciali, stili di vita. Per farlo bisogna imporsi ai recalcitranti, tramite leggi. La vittoria degli agricoltori dimostra quanto difficile sia, senza cedere a tentazioni autoritarie autentiche, correggere gli errori di razionalità e moralità che ci hanno portato alla crisi climatica. Ma molti errori del passato sono stati corretti, proprio tramite leggi: siamo meno razzisti, sciovinisti, violenti, grazie a leggi.
Gli agricoltori che protestano ritengono che i costi che loro pagano siano eccessivi, e valgano di più dei costi pagati da tutti gli altri cittadini e dalle generazioni future. Questo è un errore che ha conseguenze pericolose: persone si ammaleranno per via dei pesticidi e degli effetti del cambiamento climatico. Che alternative ci sono, se non una legge, quando qualcuno vuole danneggiare qualcun altro e farla franca? È ideologia difendere la società dall’opportunismo delle minoranze?
Inoltre, che tutti gli elettori la pensino come gli agricoltori non è chiaro, almeno non senza fare sondaggi, senza indire un referendum su questi temi. L’unico fatto chiaro è che partiti che hanno ottenuto un consenso elettorale cospicuo hanno deciso di sposare la causa degli agricoltori. Che farlo porti loro altro consenso è probabile: i voti degli agricoltori si sommeranno a quelli di chi già vota a destra, pur senza simpatia per gli agricoltori. Ma non è che la destra vinca perché gli agricoltori la sostengono o la sosterranno. Vince e si attesta questa battaglia, cosa che la sinistra non sta riuscendo a fare (forse anche perché è una battaglia sbagliata). E il cambiamento climatico pericoloso l’abbiamo creato noi, non era inevitabile. Come non sono inevitabili violenza, razzismo, sessismo.
Questa narrazione è pericolosa perché induce a pensare che ci siano alternative facili alle politiche ambientali del Green Deal, oppure che siamo ormai condannati, e tanto vale porsi obiettivi meno ambiziosi. A questa narrazione bisognerebbe reagire, raccontando l’egoismo di lobby minoritarie (gli agricoltori, chi investe in combustibili fossili, chi non vivrà abbastanza per vedere la catastrofe, ma non vuole rinunciare ai privilegi nei pochi anni che gli restano) e prendendo sul serio i suggerimenti della migliore scienza.
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