- La pandemia ha fatto crescere il numero delle persone che si trovano in una situazione di disagio mentale e necessitano di sostegno. Perciò è stato deciso uno stanziamento di fondi per il cosiddetto bonus psicologo, nonché per il rafforzamento dei servizi di salute mentale.
- Il finanziamento del bonus psicologo indica attenzione da parte delle istituzioni al tema del disagio mentale, ma è comunque irrisorio.
- Continuano a essere affrontati in via emergenziale anche i problemi che richiederebbero interventi strutturali.
La pandemia ha fatto crescere il numero delle persone che necessitano di sostegno psicologico, specialmente giovani. Si tratta di situazioni di disagio che richiedono l’intervento di specialisti.
Perciò, con un emendamento al decreto legge Milleproroghe, approvato qualche giorno fa dalle commissioni Affari costituzionali e Bilancio della Camera, si è previsto uno stanziamento complessivo di 20 milioni per il 2022, sia per rafforzare i servizi di salute mentale, nelle loro varie articolazioni, sia per sostenere le spese per sedute presso psicoterapeuti privati iscritti all'albo.
Dunque, si interviene su due piani: da un lato, mediante il potenziamento dell’offerta di terapie psicologiche da parte del Servizio sanitario nazionale; dall’altro lato, con l’erogazione di fondi per consentire l’accesso a cure in ambito privato.
I servizi di salute mentale
È un dato di fatto che i servizi di salute mentale necessitino di essere rafforzati. I dati del Rapporto Salute Mentale, pubblicati dal Ministero della Salute nel giugno scorso, attestano che a quest’ambito è destinato poco più del 3 per cento del Fondo sanitario nazionale, con forti diseguaglianze regionali nelle prestazioni rese.
La grave carenza di fondi, cui corrisponde una altrettanto grave insufficienza di organico - con lunghe liste di attesa, mancanza di servizi nelle zone rurali e molto altro - rende impossibile per una larga parte di popolazione la fruibilità dei servizi, nonostante in Italia esista un diritto all’assistenza psicologica e psichiatrica.
Il Dpcm del 12 gennaio 2017 ha incluso la salute mentale tra i Livelli Essenziali di Assistenza (Lea), prevedendo percorsi assistenziali integrati in una serie di casi (persone non autosufficienti, minori, donne, coppie, famiglie, persone con dipendenza patologica ecc.).
L'intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005 ha affidato il controllo degli adempimenti cui sono tenute le Regioni al Comitato permanente per la verifica dell'erogazione dei Lea, al fine di promuoverne e garantirne l’erogazione stessa, nonché l’uniformità sul territorio.
Le Regioni che, a seguito dell’accertamento del Comitato, risultano aver rispettato i Lea, accedono a una quota premiale di finanziamento. La verifica circa i Lea avviene attraverso l'utilizzo di un set di indicatori (Griglia Lea), ma per la salute mentale ne è stato individuato solo uno. Si tratta del “numero di assistiti presso i Dipartimenti di salute mentale per 1000 residenti”, come emerge dall'ultimo rapporto pubblicato nel maggio 2021, relativo all’attività dell'anno 2019, in conformità a quanto già previsto negli anni precedenti.
Questo unico indicatore risulta poco idoneo a consentire la verifica non solo dell’efficacia delle prestazioni inerenti alla salute mentale, ma anche della loro effettiva erogazione, nonché una concreta analisi delle differenze circa le prestazioni rese nelle diverse regioni.
Dunque, il sistema dell’assistenza mentale è inficiato, oltre che dalla mancanza di fondi, dall’assenza di un’infrastruttura di monitoraggio e di valutazione dei servizi. Pertanto, se da un lato lo stanziamento di 10 milioni di euro per rafforzare i servizi territoriali di salute mentale è comunque una buona notizia, dall’altro lato ciò non garantisce un’effettiva valorizzazione delle cure psicologiche e psicoterapiche, né che le prestazioni saranno connotate dall’efficienza necessaria, in mancanza di indicatori di risultato. Quei 10 milioni, tesi a fronteggiare l’urgenza del momento, sono la solita toppa a falle che non si provvede a sanare in maniera strutturale.
Il bonus psicologo
Altri 10 milioni di euro sono stati destinati al bonus psicologo per il 2022, al fine di sostenere le spese relative a sedute di psicoterapia fruibili presso specialisti privati. Il testo rimanda a un successivo decreto attuativo per la definizione delle «modalità di presentazione della domanda per accedere al contributo, l’entità dello stesso e i requisiti, anche reddituali, per la sua assegnazione».
Si dovrebbe trattare di un voucher per chi soffre di disagi psicologici, erogato a seguito di intervento del medico di base. «Nel presupposto che una tariffa minima relativa a una seduta di psicoterapia presso uno specialista privato si attesti intorno ai 50 euro» - si spiega nella relazione tecnica allegata al testo normativo - «ogni contributo corrisponderà a un rimborso indicativo di 600 euro (50 euro per 12 sedute) e, pertanto, complessivamente il finanziamento previsto consentirebbe di soddisfare una platea approssimativa di 16mila soggetti».
Si tratta di una somma modesta, se si considerano i tempi necessari per un efficace percorso psicologico, con un’effettiva presa in carico del paziente, e i costi che ciò comporta; nonché i numeri di coloro i quali necessiterebbero di assistenza dopo i due anni di pandemia.
Basti pensare che, secondo i dati resi noti dall’Ordine degli psicologi, il 31 per cento della popolazione al di sopra dei 18 anni ha una situazione di stress psicologico significativo, mentre di sotto dei 18 anni questa percentuale sale al 50 per cento. Si tratta di milioni di persone, mentre «complessivamente il finanziamento previsto consentirebbe di soddisfare una platea approssimativa di 16.000 soggetti».
L’approvazione della misura resta comunque importante, in quanto indica l’attenzione da parte delle istituzioni al tema del disagio mentale. Ma la scarsità dello stanziamento rende palese che questo bonus non rappresenta una soluzione definitiva, e soprattutto non garantisce un’effettiva assistenza psicologica a tutti coloro i quali ne abbiano bisogno, come previsto dai Lea.
L’emergenza pandemica sembra in via di conclusione, ma in Italia continuano a essere affrontati in un’ottica emergenziale anche i problemi che richiederebbero interventi strutturali. La politica dei “bonus” ne è un esempio.
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